Tre statue di Cristoforo Colombo presenti a Chicago saranno abbattute, sull’onda lunga della cancel culture che sta condannando all’oblio decine e decine di figure che, nel bene o nel male, hanno scritto pagine di storia. A deciderlo è stato un comitato esecutivo appositamente istituito nella città a stelle e strisce, che ha sentenziato che il navigatore che approdò in America nel 1492 altro non era che un “etnocida”. I membri di quest’organo hanno “esaminato oltre 500 monumenti della città”, raccomandando che “41 di essi vengano rimossi, spostati, sostituiti o modificati per fornire un contesto aggiuntivo”.



Come riportato dal quotidiano “La Verità”, fra i 41 monumenti, oltre a quelli di Cristoforo Colombo, ci sarebbero “statue di generali sudisti, dello scienziato e padre fondatore Benjamin Franklin, di Ulysses S. Grant e di altri (ex) grandi” e “anche una piccola stele dedicata a Italo Balbo e donata da Benito Mussolini per ricordare la traversata oceanica di 24 aerei dall’Italia agli States, in occasione dell’Esposizione universale svoltasi a Chicago nel 1933″.



STATUE CRISTOFORO COLOMBO RIMOSSE E ABBATTUTE A CHICAGO: “PROMUOVO NARRAZIONI DI SUPREMAZIA BIANCA”

Ma perché si è arrivati alla decisione di rimuovere e distruggere le statue di Cristoforo Colombo e di altri personaggi storici? Come spiegano da Chicago, essi “promuovono narrazioni di supremazia bianca; sminuiscono i nativi americani, commemorano persone collegate con atti razzisti, schiavitù e genocidio; presentano visioni unilaterali della storia”.

“La Verità”, nel mentre, ha puntato il dito contro Lori Elaine Lightfoot, definita sul web “la prima donna afroamericana e la prima donna apertamente omosessuale della storia degli Usa a ricoprire il ruolo di sindaco in una grande metropoli”. Il Partito dei democratici americani sta portando avanti la campagna collegata alla cancel culture e il quotidiano giunge a domandarsi se, visto che la storia è già avvenuta e non può essere manipolata dall’utopia wokista e dal nichilismo della neosinistra, “non dovrebbe essere l’Unesco, dedita alla protezione dei siti del patrimonio culturale del mondo, a condannare questa nuova iconoclastia”