Stefania Nobile, figlia della celebre Wanna Marchi, nonché sua collega nell’ampio reticolo di truffe televisive che architettarono, è stata l’ultima ospite della terza puntata di Belve, con Francesca Fagnani su Rai 2, che come sua abitudine l’ha torchiata con le domande taglienti e “difficili” che la caratterizzano. Ci tiene subito a sottolineare come ora “voglio riprendermi quello che è mio, perché la televisione è anche un po’ mia di diritto”, oltre a tenerci ancora una volta a smentire tutte le accuse che sono state mosse negli anni contro di loro.
Stefania Nobile e l’inizio della carriera con la madre Wanna Marchi
Passando a parlare strettamente di quello che hanno vissuto, tra processi e cause, Stefania Nobile ci tiene ancora una volta a sottolinea che “non abbiamo costretto nessuno perché non posso minacciare le persone per telefono, altrimenti riattaccherebbero semplicemente”. Tutto partì con lo “sciogli pancia”, che oggi racconta gli fece perdere la bussola, “non sapevo gestire tutto quel denaro, avevo sette macchine e non sapevo cosa farmene, ma avevo soldi e li spendevo. Con me hanno mangiato tutti, ma poi non si sono più fatti vedere nel periodo difficile”.
Le televendite, racconta Stefania Nobile, “non mi sono mai piaciute e non ho mai amato lavorare in televisione”. Ma quell’impianto, racconta, “funziona ancora oggi, anche se prima c’erano più libertà e io potevo dire ‘grasso’ in televisione, ma oggi con il politically correct dovrei dire ‘diversamente magro'”. Non crede, però, che mentissero o insultassero le persone dandogli delle grasse, “li mettevamo solo davanti ad uno specchio”. Dopo arrivò il profumo, che, sostiene Stefania Nobile, “andò benissimo, anche se mio padre diceva il contrario per screditare mia madre e rubare i suoi miliardi“.
Stefania Nobile: “I nostri clienti non erano fragili, solo cogl*oni”
Ma poi la storia di Stefania Nobile e Wanna Marchi venne “contaminata” con persone che, per certi versi, le traviarono e diedero il via alla loro seconda vita. “Noi per la gente siamo sempre rimaste in onda e nessuno sapeva quello che era successo a noi”, racconta del periodo in cui vendevano pomate e numeri vincenti del Lotto. “Non erano persone fragili”, sostiene, “erano solo dei cogl*oni, la fragilità è un’altra cosa. Il mitra noi non l’abbiamo puntato a nessuno, non andavamo a casa di nessuno per costringerli. Di cosa mi dovrei pentire? Di aver fatto nove anni di carcere”.
“A loro”, sostiene decisa Stefania Nobile, “non interessava arrestare due che facevano questo lavoro, volevano solo arrestare Wanna Marchi che era famosa e faceva notizia. Neanche per gli stupratori seriali si muovono così in fretta”. Ora, tuttavia, sostiene che “sapevo di fare qualcosa che non era proprio affine alla legge ma non abbiamo mai avuto in quel periodo il delirio di onnipotenza”. In carcere, ricorda, lei e sua madre furono chiuse assieme, “sembrava tutto irreale, un sogno. Poi quando ti chiudono il blindo dietro capici e l’istinto è girarti e andare via, ma realizzi. Ci siamo guardate, sappiamo che abbiamo pianto, ma assieme non l’abbiamo mai fatto perché dovevamo essere forti una per l’altra”.