A poche ora di distanza dall’intervento di Rita Dalla Chiesa è arrivata la dura risposta di Stefano Andreotti – figlio dello statista ed ex presidente del Consiglio Giulio, morto una decina di anni fa – che per l’ennesima volta ha sentito tirare in ballo suo padre per l’omicidio del generale Carlo Alberto che fece della lotta alla mafia la sua missione di vita, arrivando al punto – in quel tragico 3 settembre del 1982 – da morire sotto i colpi del kalashnikov sparati dai sottoposti dei vertici di Cosa Nostra: una ricostruzione più volta dibattuta nel corso degli anni e che ha visto più volte riconoscere (non ufficialmente) all’ex presidente un ruolo quantomeno passivo nell’omicidio.



Tesi (quest’ultima) riproposta dalla stessa Rita Dalla Chiesa nella trasmissione Tango da cui è originata la risposta di Stefano Andreotti che ci ha tenuto a dirsi “addolorato” dalle parole della figlia del generale che sono un vero e proprio “schiaffo alla sua memoria e alla sua storia“; ricordando poi immediatamente “le sentenze di assoluzione per mio padre (..) di Palermo e Perugia” per ipotizzare che a qualcuno sembra che non siamo “mai andate giù”; ma nonostante l’intento ipoteticamente diffamatorio delle parole della figlia del generale ha anche precisato che non ha intenzione di intraprendere “un’azione giudiziaria” perché “quello [non] era lo stile di mio padre”.



Stefano Andreotti: “Papà giurò davanti a Dio di non c’entrare con l’omicidio di Carlo Alberto Dalla Chiesa”

Andando avanti nel suo intervento Stefano Andreotti ha anche ricordato che tra suo padre e Carlo Alberto Dalla Chiesa i rapporti sono stati “sempre ottimi“, al punto che l’ex presidente – che, precisa, “aveva grande fiducia nel generale” – mise proprio lui “a capo del nucleo speciale anti-terrorismo” dandoglie poteri che gli permisero di ottenere “grandi risultati contro le Brigate Rosse”; precisando addirittura che “[gli] sconsigliò di andare come Prefetto a Palermo” senza prima “farsi dare poteri maggiori”.



L’omicidio – continua Stefano Andreotti – “colpì mio padre” che decise di non presenziare al funerale perché “in quel momento non aveva ruoli di governo“, limitandosi ad inviare “un sentito telegramma” di cui si trovano tracce precise “nel diario di quei giorni” in cui non si è mai risparmiato dallo spendere “parole di stima e cordoglio per Dalla Chiesa”; mentre nella speranza di porre una volta per tutte fine a queste dicerie, il figlio dell’ex presidente ricorda anche che nelle lettere lasciate ai figli “c’era scritto ‘io giuro davanti a Dio di non avere avuto niente a che vedere con la Mafia (..) né con le uccisioni di Dalla Chiesa e Pecorelli‘”, parole sicuramente importanti se pronunciate da un uomo che “aveva una fede vera”.