Un inatteso riscontro di share e ascoltatori che in più di un’occasione hanno superato i due milioni. Sono questi i numeri di Via dei Matti numero 0, la striscia quotidiana che Stefano Bollani e Valentina Cenni hanno portato a Rai 3. A valle, sui raduni social si decuplicano le condivisioni di quelle pillole musicali con annesse le solite sfibranti partigianerie di pro e contro, ma con un consenso diffuso difficile da registrare di questi tempi.
La ricetta del programma è semplice e probabilmente in questo è il segreto del suo (meritato) successo: una scenografia domestica e calda, piccoli monologhi sensati e sentimentali e poi, regina, sua maestà la Musica. Ohibò, ancora lei, dunque, che si fa godere a sorpresa nonostante l’atmosfera tossica nella quale è imprigionata da decenni. Bollani, col sorriso, ogni sera prende a sassate larghe fette di supposte élite di colleghi e musicofili arroccati nei loro privilegi intellettuali e, sul versante più pop, dimostra un modo nuovo e sensato di ascoltare.
Sanremo, X Factor, The Voice e compagnia cantante sono state le repliche di modelli oltreoceano, formattati su scala planetaria, fondati sull’idea folle che la musica fosse un “contest”, una gara, una rincorsa di eccellenze per aggiudicarsi soldi, successo e discografici. Stefano Bollani e Valentina Cenni hanno riportato tutto su una dimensione autentica e umana, parlando di musica per quello che è: un linguaggio d’espressione radicale e innato nell’uomo per creare codici di comunicazione, un linguaggio d’arte e bellezza, significato e proiezione. E siccome la Rai è un’azienda che deve far profitto, il successo della Via dei Matti è aver intercettato, sul mercato, una evidente curva di domanda; di questo programma c’era bisogno e il riscontro di share ne è l’intercettazione.
Scardinata l’idea della musica come gara, Bollani-Cenni hanno operato uno strappo ulteriore, cioè demolire ogni muro o frontiera di genere. Jazz, rock, pop, blues, folk, world music sono etichette buone per i negozi di dischi (ad averne!) o per gli algoritmi degli store online, ma nulla dicono della qualità nei risultati. E indubbiamente non può che mettere in crisi i Mandarini del buon gusto il fatto che uno dei massimi musicisti jazz sulla piazza internazionale, che per una volta possiamo gloriarci di avere, inviti in trasmissione a suonare Francesco De Gregori, Daniele Silvestri, Fabio Concato ma anche Rocco Papaleo, Vincenzo Vasi e Valeria Sturba, per dirne qualcuno. Ma dai, Daniele Silvestri con un jazzista? Ma siccome l’alchimia funziona bene, anzi benissimo, gli ukase di dissenso si son dovuti stemperare in colpetti di tosse nervosa e sguardi chini, perché, quando la qualità presidia il fenomeno musicale, jazz e pop diventano facce di uno stesso meraviglioso poliedro.
Il portale della possibilità, il modo in cui ciò è avvenuto è altrettanto curioso e sta in larga parte nell’assoluto rispetto che Bollani mette non tanto nella figura dell’ospite, quanto nella musica, Regina indiscussa e nobile in qualunque forma decida d’appalesarsi. E così, pur potendo fare fuochi d’artificio e pirotecniche di virtuosismo, le note del piano diventano il medium migliore per rendere di volta in volta il tributo più adeguato alla musica che si sta suonando. Senza l’urgenza di tempeste ed esibizionismi, gli spettatori hanno riscoperto chicche della tradizione popolare italiana e mondiale, hanno goduto nel risentir suonato scarnificato un boogie, uno swing o un blues.
Da ultimo gli ospiti, che siamo oramai abituati da decenni ad aver in presenza televisiva solo quando si tratta di promuovere l’ultimo lavoro scodellato in studio. Ecco, in Via dei Matti pare bandito il markettanesimo più becero, riconducendo la presenza ad una testimonianza di gusto, breve e lontanissima da protagonismi e monomanie.
Bollani e Cenni stanno indicando una via possibile e credibile per rilanciare la musica e il fenomeno musicale intorno a nuove semenze. Sarebbe un peccato non accorgersene per mantenere slabbrate rendite di posizione.
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