Stefano Buttafuoco, la malattia di suo figlio Brando raccontata con il libro “Il bambino 23”

Stefano Buttafuoco ha di recente concluso la sua esperienza al timone de “Il cacciatore dei sogni”, un programma dedicato a storie di disabilità ma soprattutto di rivalsa contro chi crede che non si possa andare oltre determinati limiti per raggiungere i sogni di una vita. L’ultima puntata – in totale 5 – è andata in onda lo scorso 6 gennaio e ancora una volta è stato magistrale il racconto tra forza di volontà e passione contro le angherie di una vita condizionata dalla malattia.



Il contributo di Stefano Buttafuoco alla conduzione de “Il cacciatore dei sogni” è stato pregevole, empatico; valori necessari per racconti così delicati e toccanti. La sua arma in più è stata il fatto di vivere in prima persona tale esperienza attraverso le difficoltà vissute da suo figlio Brando, affetto da una malattia talmente rara da colpire unicamente 23 bambini in tutto il mondo. Si tratta della Sindrome di West; sfumature di quotidianità tra sfide e difficoltà sono tutte raccolte in un toccante libro da lui scritto nel 2021: “Il bambino 23”.



Stefano Buttafuoco pronto a tutto per suo figlio Brando: “Noi crediamo nei miracoli…”

“Sono stato scaraventato in questo mondo 5 anni fa in maniera forte e improvvisa, con la nascita del nostro secondogenito Brando… Lui è il 23esimo bambino al mondo con una malattia genetica rarissima”. Queste le parole di Stefano Buttafuoco – riportate da Il Messaggero – a proposito della malattia di suo figlio Brando. “Questo può far capire le paure, le angosce di avere un figlio con una patologia anche difficile da diagnosticare e nessun centro di cura ad hoc, proprio per l’assenza di pazienti”. Il giornalista ha dunque spiegato: “Eppure, io e mia moglie non ci siamo mai arresi, anzi: è nata un’associazione, ‘Unici’, dedicata alla ricerca sulle malattie genetiche rare”.



Le parole di Stefano Buttafuoco toccano il cuore nel raccontare la storia di suo figlio Brando affetto da una rarissima malattia genetica. Si può empatizzare con il dolore, ma è impossibile immedesimarsi in una storia del genere che riguarda solamente 23 persone in tutto il mondo. Nonostante tutto, il giornalista e sua moglie – stando alle sue parole riportate da Il Messaggero – non ha alcuna voglia di arrendersi: “Abbiamo finanziato un progetto di ricerca che sta portando avanti il Bambin Gesù; i medici sono già in contatto con gli Stati Uniti e ci sono anche speranze di trovare una cura, in pochi anni abbiamo fatto tantissimo. Perché noi crediamo nei miracoli; ed è quello che desideravo trasmettere con questo programma”.