Per come il processo Cucchi si sta profilando, la tesi lanciata oggi in aula dal consulente della difesa parrebbe “scontata” e quasi “inutile”: ma se pensiamo a cosa non era questo caso anche solo pochi mesi fa, allora ogni testimonianza che rivela un punto di verità (e realtà) sul caso dell’architetto romano morto a Roma il 22 ottobre 2009 mentre il giovane era sottoposto a custodia cautelare, è necessaria e vitale. «E’ insostenibile l’ipotesi di una morte per Sudep (‘Sudden Unexpected Death in Epilepsy’, ovvero morte improvvisa e inattesa di soggetti che soffrono di epilessia) di Stefano Cucchi», ha spiegato in aula il neurologo Alessandro Rossi, consulente della famiglia di Stefano Cucchi, nel corso dell’udienza al processo in corte d’assise (con ampi stralci riportati da Adnkronos, ndr). Non è possibile la morte per epilessia e neanche quella per inanizione (malnutrizione): «escludo che l’inanizione possa uccidere in cinque giorni», sottolinea ancora il responsabile contattato dalla difesa di Stefano e Ilaria Cucchi.



IL CONSULENTE DELLA DIFESA ESCLUDE LE MORTI PER MALATTIA

Entrando nelle pieghe delle specifiche malattie, il consulente Rossi ha spiegato che i fattori di rischio nei pazienti che possono sviluppare la tendenza alla Sudep non rientrano in quanto rinvenuto su Stefano Cucchi, «l’ipotesi della Sudep per Stefano si basa quindi solo su opinioni». Come ha poi spiegato sempre alla corte il neurologo della Difesa, la vittima di una morte “mistero” sempre più vicino alla sua soluzione (con alcuni carabinieri accusati di averlo picchiato fino a ridurlo prossimo alla morte) «per 8 anni non ha avuto crisi epilettiche pur essendo affetto da epilessia, se non in un periodo in cui si sospetta la scarsa aderenza alla terapia. La Sudep può avvenire a distanza di un giorno circa da una crisi tonico clonica che però non è stata descritta durante il periodo di detenzione di Stefano». Secondo il consulente di parte civile intervenuto nell’udienza, Vittorio Fineschi, la catena causale che avrebbe portato alla morte Cucchi vede «la progressione della bradicardia legata al trauma sacrale che aveva». Ancora come riporta Adnkronos dell’intervento in aula, la progressione vede prima un trauma lombo-sacrale, poi una disfunzione vescicale e infine la bradicardia: «il trauma è stato produttivo di due fratture, una a livello sacrale e una scomposta discosomatica lombare. La disfunzione vescicale che aveva era paragonabile a un utero gravidico. Per quanto riguarda la bradicardia, poi, Cucchi aveva un elettrocardiogramma del 2003 che dimostra una funzionalità cardiaca normale. Dopo il trauma al suo ingresso all’ospedale Pertini, l’Ecg mostra una anomalia interpretabile come un blocco del sistema dei nervi che ha esaltato la funzione del nervo vago che ha funzione bradicardizzante sul cuore». Anche Fineschi, come per Rossi, Cucchi non solo non è morto per epilessia ma anche per inanizione: e il cerchio – passo dopo passo, udienza dopo udienza – si stringe..

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