Nel 2018, a nove anni di distanza dalla morte di Stefano Cucchi, i riflettori si riaccendono con prepotenza sulla sua storia, non solo in vista del nuovo processo ma anche per l’uscita del film “Sulla mia pelle”. Si tratta della pellicola sugli ultimi giorni del giovane geometra romano, in onda nella prima serata di oggi su Rai3. Stefano Cucchi aveva 31 anni ed era un giovane di Roma. L’inizio della sua fine prese il via la sera del 15 ottobre 2009, quando fu arrestato perchè in possesso di droga. I carabinieri rintracciarono la presenza di 20 grammi di hashish, cocaina e alcune pastiglie per l’epilessia di cui soffriva. Fu trasferito in caserma e disposto il carcere ma sette giorni dopo quel fermo Stefano muore all’ospedale Pertini. Cosa è successo davvero? Da qual momento inizia una complessa e durissima vicenda giudiziaria che si trascina per dieci lunghi anni grazie soprattutto alla forza ed alla perseveranza della sorella Ilaria. Occorre attendere il 14 novembre del 2019 per poter assistere alla condanna da parte della Corte d’Appello di Roma di due carabinieri a 12 anni per omicidio preterintenzionale. Un processo parallelo vide quattro medici prescritti ed uno assolto.



STEFANO CUCCHI, LA MORTE E I PROCESSI

Il giorno successivo al suo arresto, Stefano Cucchi fu processato per direttissima e trasferito nel carcere di Regina Coeli. Le sue condizioni tuttavia apparvero son da subito sospette e dopo una visita nell’infermeria del penitenziario viene disposto il trasferimento al pronto soccorso del Fatebenefratelli per degli accertamenti dove il 31enne rifiutò il ricovero tornando così in cella. Il giorno successivo il suo stato rese necessari ulteriori accertamenti ed il ricovero al Pertini dove morì il 22 ottobre. Nel periodo trascorso in carcere la famiglia non riuscì mai a vederlo. Al momento del decesso Cucchi pesava appena 37 chili. Come emerge da alcune foto choc poi divenute tristemente note, Stefano aveva il corpo ricoperto di ematomi. Per la sua morte furono inizialmente rinviati a giudizio sei medici, tre infermieri e tre agenti di polizia penitenziaria con le accuse, a vario titolo, di abbandono d’incapace, abuso d’ufficio, favoreggiamento, falsità ideologica, lesioni e abuso d’autorità. L’ipotesi dell’accusa è che il giovane sia stato pestato in cella e poi lasciato morire di fame e sete in ospedale. Per i giudici del primo grado però, Cucchi sarebbe morto per “malnutrizione”. In quella sentenza giunta nel giugno 2013, furono condannati per omicidio colposo solo i medici del Pertini ed assolti tutti gli altri. Tutto si ribalta però durante l’Appello, l’anno seguente, quando vennero assolti tutti gli imputati per mancanza di prove. Ilaria Cucchi non si arrende e annuncia il ricorso in Cassazione la cui sentenza ordina un processo d’Appello bis per omicidio colposo per i medici confermando le altre assoluzioni. I medici saranno nuovamente assolti e quando nel 2017 la Cassazione annulla l’ultima sentenza, il reato finisce in prescrizione.

LE CONDANNE

La vicenda giudiziaria di Stefano Cucchi fu tutt’altro che conclusa: alla fine del 2015, come ricorda Sky Tg24, una nuova inchiesta-bis portò la procura a compiere ulteriori indagini concluse solo nel gennaio 2017 con la richiesta di rinvio a giudizio nei confronti dei tre carabinieri che arrestarono il 31enne romano per omicidio preterintenzionale, e di altri due militari, per calunnia e falso. secondo l’accusa, i tre colpirono Stefano “con schiaffi, pugni e calci, provocando una rovinosa caduta, che unitamente alla condotta omissiva dei sanitari che avevano in cura Cucchi presso la struttura protetta dell’ospedale Sandro Pertini, ne determinavano la morte”. I militari andarono a processo dove si riaprì l’ipotesi pestaggio come causa scatenante della morte del giovane. Il processo fu caratterizzato da vari colpi di scena tra cui le accuse a carico dei colleghi da parte dell’appuntato scelto dei carabinieri Riccardo Casamassima. E’ l’11 ottobre 2018 quando però arriva la vera svolta con l’ammissione – per la prima volta – del pestaggio: Francesco Tedesco, uno dei carabinieri a processo, tira in ballo due colleghi accusandoli di aver picchiato Cucchi, abbattendo definitivamente il muro. Questo portò alla apertura di un nuovo filone di indagine per la falsificazione degli atti sul pestaggio di Cucchi per il quale furono indagati altre tre carabinieri. Il 17 aprile dello scorso anno la procura chiede il rinvio a giudizio per 8 carabinieri nell’inchiesta sui depistaggi dopo la morte di Stefano che dà il via ad un nuovo processo. Si arriva alla fine del 2019 con la richiesta da parte del pm della condanna a 18 anni per i due carabinieri accusati di omicidio preterintenzionale, Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro. Con sentenza del 14 novembre saranno condannati a 12 anni e 2 anni e 6 mesi per falso all’imputato-teste Tedesco. “Stefano è stato ucciso, lo sapevamo, forse adesso potrà riposare in pace e i miei genitori vivere più sereni. Ci sono voluti 10 anni di dolore ma abbiamo mantenuto la promessa fatta a Stefano l’ultima volta che ci siamo visti che saremmo andati fino in fondo”, è stato il primo commento a caldo di Ilaria Cucchi.

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