Non ci sarebbero stati 10 anni di processo senza la figura di Ilaria Cucchi, eppure resta un simbolo, un “personaggio” ancora molto divisivo: non si è fatto attendere la replica della sorella di Stefano Cucchi all’uscita – davvero poco felice – dell’ex Ministro Salvini la sera stessa della sentenza quando ha attaccato sì i carabinieri che hanno picchiato il geometra in carcere ma ha pure ribadito la «guerra alla droga su ogni fronte». A domanda diretta posta oggi a “In mezz’ora in più”, poche ore prima del caso ripresentato a “Un Giorno in Pretura”, Ilaria Cucchi ha risposto che sì, intende querelare il leader della Lega per quelle dichiarazioni: «Salvini delle volte mi fa sorridere, è davvero imbarazzante: nel giorno in cui, dopo dieci anni, c’erano state le condanne per omicidio preterintenzionale per la morte di mio fratello, lui vivendo forse in un’altra dimensione, ha minacciato una controquerela, continuando a parlare di droga. Anche a me fa paura la droga, ma mio fratello Stefano non è morto a causa della droga: questo lo abbiamo appurato nel processo anche se era chiaro fin dal principio; ora è ancora più chiaro». (agg. di Niccolò Magnani)
IL PROCESSO CUCCHI A “UN GIORNO IN PRETURA”
Sono trascorsi 10 anni dalla morte di Stefano Cucchi, giovane geometra romano fermato il 15 ottobre 2009 da quattro carabinieri e morto una settimana dopo, il 22 ottobre, all’ospedale Sandro Pertini di Roma senza essere mai riuscito a incontrare i familiari che cercarono in più occasioni di incontrarlo. Il caso legato al suo lungo processo – e che ha portato ad un dibattimento bis per i presunti depistaggi ipotizzati dalla procura – sarà al centro della nuova puntata di Un giorno in pretura, in onda domenica 17 novembre su Rai3. Stefano Cucchi fu fermato in possesso di 20 grammi di hashish, tre dosi di cocaina ed un farmaco per l’epilessia di cui soffriva. Prima del suo arresto non aveva traumi fisici, eppure all’udienza per la conferma del fermo in carcere Cucchi iniziò a manifestare difficoltà a camminare e a parlare oltre che evidenti ematomi agli occhi. Il giudice, in quella circostanza, fissò l’udienza per il processo un mese dopo lasciandolo in custodia cautelare a Regina Coeli. Da quel momento le condizioni del giovane geometra romano peggiorarono e in seguito ad una visita al Fatebenefratelli gli furono riscontrate lesioni a gambe e viso e una frattura alla mascella, due alla colonna vertebrale e un’emorragia a vescica e torace. Cucchi rifiutò il ricovero tornando in carcere dove però peggiorò sempre di più fino alla morte presso il Pertini di Roma.
STEFANO CUCCHI, L’INIZIO DEI PROCESSI
Le prime indagini sul decesso di Stefano Cucchi parlarono di morte in conseguenza di un presunto abuso di droga o per via delle sue condizioni fisiche già compromesse. Eppure le percosse evidenti sul corpo della vittima furono confermate anche da altri detenuti testimoni che parlarono senza mezzi termini di pestaggio. I primi a finire sotto processo furono gli agenti di polizia penitenziaria Nicola Minichini, Corrado Santantonio e Antonio Dominici accusati di aver gettato il giovane per terra procurandogli le lesioni al torace. Gli stessi avrebbero poi infierito con calci e pugni nelle celle di sicurezza del tribunale di Roma. A finire sotto inchiesta anche tre medici del reparto di Medicina Protetta dell’ospedale Sandro Pertini dove Cucchi morì una settimana dopo il suo arresto. Il 27 novembre 2009 intervenne sul caso anche una commissione parlamentare che concluse che Stefano Cucchi morì per “abbandono terapeutico”. Nel 2012 iniziò il processo di primo grado durante il quale, rammenta Vanity Fair, i periti della Corte stabilirono che Cucchi morì a causa delle mancate cure mediche e per la mancanza di cibo e liquidi (al momento del decesso pesava appena 37 chili). Gli stessi asserirono che le lesioni sarebbero dipese da un pestaggio o da una caduta accidentale.
LA RIAPERTURA DEL CASO E PROCESSO DEPISTAGGI
Nel 2013 i medici coinvolti nella morte di Stefano Cucchi furono condannati in primo grado, salvo poi essere assolti in Appello. Il 15 dicembre del 2015, la Cassazione decise per il parziale annullamento della sentenza di secondo grado e l’anno successivo nell’ambito dell’Appello bis, la Corte d’Appello di Roma assolse i 5 medici dall’accusa di omicidio colposo. Nel corso del lungo processo che vide coinvolti medici e poliziotti della penitenziaria non vi fu traccia di coloro che poi divennero i veri imputati, ovvero i Carabinieri. Nel settembre del 2015, su richiesta della famiglia di Stefano Cucchi, la procura capitolina riaprì l’inchiesta sulla morte del giovane geometra partendo da un esposto: il carabiniere Riccardo Casamassima fu vittima di minacce per la sua testimonianza. Questo portò ufficialmente alla riapertura del caso e alle indagini sui militari dell’Arma che si occuparono dell’identificazione e della custodia in camera di sicurezza tra il 15 ed il 16 ottobre di 10 anni fa. E’ il 17 gennaio 2017 quando le nuove indagini vengono chiuse con il rinvio a giudizio dei Carabinieri Alessio Di Bernardo, Raffaele D’Alessandro e Francesco Tedesco accusati di omicidio preterintenzionale e abuso di autorità. Nel corso del processo emersero in modo drammatico le violenze ma anche tutte le omissioni nel caso. Saranno in tutto otto i Carabinieri a finire sotto processo. La prima udienza del nuovo processo per depistaggio si è svolta il 12 novembre scorso, ad oltre un decennio dalla morte di Stefano.
LE ULTIME SENTENZE
Il 14 novembre scorso, per la famiglia di Stefano Cucchi è stato il giorno della verità. Due le sentenze giunte a distanza l’una dall’altra: la prima al termine del processo bis che vedeva imputati i cinque carabinieri con le accuse, a vario titolo, di omicidio preterintenzionale, falso e calunnia. La seconda sentenza in merito al procedimento in Appello a carico dei cinque medici dell’ospedale Sandro Pertini di Roma dove Cucchi è morto dopo sette giorni di agonia. Quest’ultima è stata la prima, in ordine temporale, a giungere nella giornata di giovedì scorso. Il processo ter si è concluso, come previsto, con una sentenza di non doversi procedere per intervenuta prescrizione nei confronti di quattro medici (Aldo Fierro, Flaminia Bruno, Luigi De Marchis Preite e Silvia Di Carlo) e l’assoluzione per un quindi dottore, Stefania Corbi. In riferimento invece alla sentenza relativa ai carabinieri, i giudici della I Corte d’Assise del Tribunale di Roma hanno condannato a 12 anni i carabinieri Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro per la morte di Stefano Cucchi, entrambi riconosciuti colpevoli di omicidio preterintenzionale. Condannati anche a 3 anni e 8 mesi il maresciallo Roberto Mandolini, accusato di falso e a due 2 anni e mezzo il carabiniere Francesco Tedesco per la medesima accusa.