Dopo sette richieste andate a vuoto, la procura di Oristano ha autorizzato l’autopsia sul cadavere di Stefano Dal Corso, il detenuto romano morto in carcere il 12 ottobre 2022. Il prossimo 4 gennaio verrà affidato l’incarico di consulenza tecnica al professor Roberto Demontis, riporta l’atto con dei magistrati. «Ce l’abbiamo fatta, ci hanno detto sì all’autopsia. Speriamo adesso che si arrivi alla verità sulla morte di Stefano, quella che abbiamo sempre sostenuto, e cioè che è stato ucciso. In questo modo potremmo chiudere finalmente questa terribile vicenda», il commento della sorella Marisa Dal Corso. Sono troppi gli aspetti oscuri attorno alla morte del detenuto. Lo riconosce la procura, secondo cui bisogna «eliminare ogni dubbio sulla vicenda così come prospettato dalla sorella della persona offesa, Marisa Dal Corso».



Una prima vittoria per l’avvocato Armida Decina, ma la vicenda è finita al centro di due diverse interrogazioni parlamentari, inoltre è stata trattata da tre partiti, due garanti dei detenuti e persone che per mesi hanno manifestato in strada al Tufello, il quartiere di Roma dove vive la famiglia del detenuto e dove Stefano Dal Corso ha violato gli arresti domiciliari per portare a spasso i cani della sorella. Finito nel carcere di Rebibbia, nell’ottobre 2022 fu accompagnato in Sardegna per assistere al processo che lo riguardava, senza però fare ritorno, perché il 12 ottobre di quell’anno fu trovato impiccato in cella, nel carcere di Massama.



I PRIMI SOSPETTI E LA RICOSTRUZIONE DEL TESTIMONE

I primi sospetti nella famiglia di Stefano Dal Corso sorsero quando la sorella Marisa si rese conto che le scarpe indossate dal fratello non erano le sue. Inoltre, le prove trasmesse alla procura hanno alimentato i dubbi. «Quando con il mio avvocato, Armida Decina, abbiamo chiesto la documentazione ci siamo accorte che il fascicolo era ridicolo: le foto di mio fratello, da morto, erano fatte con una fotocopiatrice e in bianco e nero», racconta Marisa Dal Corso a Repubblica. Le foto a colori non hanno cambiato la situazione. Per i periti della difesa, comunque, i segni sul corpo del detenuto erano compatibili con un’impiccagione, ma non si può affermare con certezza ciò senza autopsia. La procura di Oristano ha respinto per 7 volte l’autopsia, ma nel frattempo la difesa ha raccolto diverse testimonianze, anche alcune anonime.



Si parla di un pestaggio nel quale Stefano Dal Corso è stato ucciso. L’ultimo testimone, in ordine di tempo, sostiene che il detenuto romano avesse aperto la porta dell’infermeria, assistendo ad un «rapporto orale (tra due operatori del carcere, ndr). Dopo di che altri agenti lo hanno massacrato per quello che aveva visto». Alla fine sarebbe stato inscenato un suicidio. Questo testimone sostiene che le relazioni siano state modificate, così come è stato cambiato il medico legale, mentre il fratello è stato vestito con indumenti messi a disposizione dalla Caritas «e hanno fatto sparire quelli sporchi di sangue con le prove e le impronte». L’autopsia potrebbe anche chiarire se è un millantatore. Alla fine, l’esame autoptico ci sarà e la famiglia avrà i suoi consulenti, nella speranza di arrivare alla verità sulla morte di Stefano Dal Corso.