Svolta (con conferma) nell’omicidio di Stefano Leo, il giovane commesso di 33 anni ucciso a coltellate lo scorso 23 febbraio a Torino. Dagli esami eseguiti sai Ris di Parma, è stato possibile appurare la presenza del sangue della vittima sul coltello che il 27enne Said Mechaquat, l’uomo che confessò il delitto, aveva indicato come l’arma usata per accoltellare al collo Leo. I risultati dei rilievi eseguiti, spiega Repubblica.it, sono stati consegnati a carabinieri e procura. L’arma era stata rinvenuta in una cabina elettrica in piazza D’Armi, nei pressi del dormitorio dove aveva soggiornato diverse notti. Ad uccidere Stefano fu un coltello da cucina in ceramica del valore di 10 euro acquistato la stessa mattina del delitto in un supermercato. Proprio su di esso, i Ris hanno individuato “materiale biologico di Stefano Leo, evidenziato mediante analisi comparativa del Dna”. Dopo l’omicidio l’assassino aveva ripulito la lama dell’arma rendendo complesso il lavoro degli esperti che hanno impiegato quasi tre mesi di indagini ed analisi prima di far emergere le tracce del Dna dalla stessa.
STEFANO LEO, UN DELITTO DAL MOVENTE IGNOTO
Said Mechaquat, 27enne marocchino, si era consegnato spontaneamente alle forse dell’ordine lo scorso 30 marzo confessando l’omicidio del giovane Stefano Leo. I veri motivi dietro quell’atroce delitto che sconvolse l’intera città di Torino e non solo restano inspiegabili. Lui aveva motivato il gesto spiegando: “L’ho ucciso perché era felice”. Furono queste le parole usate nella sua prima confessione choc. In seguito al suo arresto emerse però che Said era già stato condannato a un anno e sei mesi per maltrattamenti in famiglia con sentenza divenuta definitiva ma che non fu mai eseguita. Inoltre gli inquirenti intravidero una certa somiglianza tra Stefano Leo e il nuovo compagno della sua ex, l’uomo che attualmente sta crescendo il figlio di Said dopo la sua separazione. Potrebbe essere più vicina a questa la spiegazione del delitto del 33enne?