Il caso relativo all’omicidio di Stefano Leo, avvenuto il 23 febbraio 2019 a Torino sul lungo Po, mentre il giovane si stava recando sul posto di lavoro, si è concluso con la condanna definitiva a trent’anni di reclusione per Said Mechaquat, il quale si è visto respingere il ricorso presentato contro la sentenza d’appello da parte della Cassazione. Ricordiamo che soltanto dopo una caccia all’uomo durata un mese Said si costituì alle forze dell’ordine, alle quali spiegò di aver tolto la vita a una persona che neppure conosceva.



Questa la spiegazione che fornì agli inquirenti: “L’ho ucciso perché era giovane e felice. Volevo fare qualcosa di eclatante”. La sua era una rivalsa nei confronti della città di Torino, dove viveva la sua ex, che, a suo dire, lo stava allontanando sempre di più da suo figlio, alimentando la rabbia e la frustrazione dell’uomo, che si sono sfogate sul malcapitato Stefano Leo.



STEFANO LEO, IL VERBALE DI SAID: “NEGLI ULTIMI MESI NON RIUSCIVO A TIRARMI SU”

La trasmissione “Chi l’ha Visto” ha trasmesso e reso disponibile online un frammento del verbale del killer, che spiega le ragioni alla base dell’atroce gesto, che ha reciso la giovane vita di Stefano Leo: “Negli ultimi mesi non riuscivo a tirarmi su, mi ha sconvolto la naturalezza con cui la mia ex si comportava nei miei confronti. Mi avesse chiesto quando volevo andare a prendere il bimbo… Invece il nulla. Sono anche andato ad abitare vicino a lei per gestire al meglio mio figlio, ma lei, col nuovo ragazzo, si è staccata completamente da me e ha detto al bambino che doveva chiamare ‘papà’ il nuovo compagno”.



Una cosa, questa, che “mi ha mandato fuori di testa. Una volta ricordo che dovevo prendere mio figlio al pomeriggio, ma la mia ex con il compagno è arrivata sotto casa mia e suonava il clacson. Mi ha innervosito, sono sceso con l’intento di picchiare lui, ma di fronte alla macchina mi sono fermato, mentre il compagno della mia ex mi ha pure dato un calcio. Non volevo vedere violenza davanti a mio figlio”.