Mancano pochi giorni al via dei Mondiali di atletica, sono ore di attesa per il mondo azzurro dopo le Olimpiadi da sogno. Il presidente federale Stefano Mei, ex mezzofondista, ha rilasciato una lunga intervista ai microfoni de La Stampa e ha esordito sottolineando di non essere preoccupato dai “dossier” Jacobs-Tamberi: “Chi conosce questo sport non avrebbe avuto dubbi. La stagione indoor ha confermato il valore della squadra, credevamo di averla scampata, ma per quanto uno possa essere serio, la fase post olimpica è stressante, a rischio infortuni e cali”.
Stefano Mei ha parlato della cosiddetta “maledizione dei finalisti”, con tutti coloro che sono finiti tra i primi otto in Giappone hanno avuto dei problemi: “Ci sono delle tasse da pagare. Per chi ha avuto più successo pure un giro in centrifuga tra appuntamenti mondani e commerciali. Fanno parte del pacchetto, non si possono evitare, non sarebbe giusto, magari si può imparare a gestire”. Anche a lui è capitato dopo la vittoria agli Europei, del resto di Mennea ce ne era uno: “E comunque tornare a quell’atteggiamento non si può”.
STEFANO MEI TRA JACOBS E TAMBERI
Stefano Mei ha spiegato che le pressioni di oggi sono totalmente diverse rispetto a quelle della sua epoca. Jacobs dimostra di essere su un altro pianeta, ha spiegato il presidente della federazione: “Dopo il titolo olimpico e quello di campione del mondo indoor, con un Mondiale l’anno prossimo, questo avrebbe potuto saltarlo. Evitarsi le chiacchiere, invece ci prova fino all’ultimo e sembra che tutto gli scivoli addosso”. Stefano Mei ha poi parlato di Gianmarco Tamberi, anche lui si è dedicato totalmente alla missione mondiale. L’ex mezzofondista, inoltre, ha spinto perché Gimbo tornasse a lavorare con il padre: “Ho cercato di capire se c’erano le condizioni perché sono convinto che la priorità sia l’equilibrio. Ho trovato due persone disponibili. Marco è stato responsabile: il tecnico non è certo contento, ma il padre davanti al figlio in difficoltà non ci ha pensato un attimo”. Stefano Mei ha poi rivelato, pensando ai Giochi del 2024, che si sentirebbe ancora fortunato “con qualche medaglia in meno e cinque finalisti in più. Con questi fuoriclasse che continuano a fare quel che fanno”.