«Per fare i conti sulla pandemia ci vuole un processo, il processo di Norimberga»: queste le parole durissime utilizzate da Stefano Zecchi nel corso di Quarta Repubblica lo scorso lunedì. Dichiarazioni particolarmente forti che hanno acceso il dibattito sul web, ma il filosofo non fa passi indietro: «Non sono pentito […] Chi ha commesso gravi errori di natura amministrativa, se non ha la dignità di assumersene la responsabilità deve trovare qualcuno che gliele assegna», il suo commento ai microfoni de La Verità.



Nel corso dell’intervista, Stefano Zecchi ha affermato che la diffusione del Covid in Italia è stata gestita in modo criminale, soffermandosi soprattutto sul governo guidato da Giuseppe Conte: «C’erano ministri che, dall’alto delle loro competenze, dicevano che la mascherina non serviva. Poi asserivano che il Covid è poco più che un’influenza, che non c’erano timori di contagi. Qualche settimana dopo ci siamo messi le mani nei capelli vedendo i camion dell’esercito pieni di bare a Bergamo».



STEFANO ZECCHI, ACCUSA DURISSIMA

Per Stefano Zecchi è necessario un esame vero delle responsabilità dell’accaduto ed ha elencato una serie di responsabilità da non sottovalutare riguardo il Conte II: dalla secretazione dei verbali delle riunioni del Cts alla mancata proclamazione della zona rossa della Val Seriana, fino alla gestione opaca del piano pandemico. Il filosofo ha messo nel mirino il ministro Roberto Speranza e, tornando al “processo di Norimbega del Covid”, ha aggiunto: «La mia espressione forte consegue a quella altrettanto forte di coloro che hanno paragonato la pandemia a una guerra. Nelle guerre ci sono soldati e generali capaci e incapaci, ci sono pusillanimi ed eroi. Conoscere le responsabilità di ciò che è stato fatto è un diritto dei cittadini. Un processo può anche assolvere gli imputati, a Norimberga ci sono state condanne graduali. Credo che chi ha visto morire in modo ignominioso i propri cari a causa di decisioni amministrative sbagliate debba poter sapere la verità».

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