La fusione tra FCA e PSA ha indubbiamente aperto nuovi scenari nel mondo dei trasporti e in particolare nell’automotive. Al di fuori dei pesi dei diversi azionisti all’interno di Stellantis, è chiaro che ci sono diversi elementi da tenere in considerazione in questa fusione. La creazione di un grande gruppo da oltre 8 milioni di veicoli permette proprio la concentrazione e la scelta delle piattaforme più adeguate ai diversi mercati approcciati, sempre tenendo conto che i marchi americani di FCA hanno una forza rilevante nel nuovo gruppo.



Molto probabilmente ci sarà una maggiore condivisione tra i diversi marchi, anche sulle piattaforme, in modo da avere economie di scala importanti. Da un punto di vista di strategie regionali, Stellantis può sfruttare la filiale Chrysler per cercare di vendere auto di PSA negli Usa. Questo può diventare sicuramente un obiettivo, anche se il mercato americano, come mostrato da Fiat, non è certo facile per gli operatori europei. 



Indubbiamente Jeep, Chrysler e gli altri marchi potranno contare sulle gambe più forti di un player grande quasi il doppio rispetto a prima; quindi, mi aspetto che saranno questi marchi a continuare a crescere in America. Tuttavia, non si può escludere a priori che PSA possa riuscire a entrare in un mercato come quello nordamericano che è grande circa quanto quello europeo.

Se guardiamo il mercato cinese, che è di gran lunga il più importante al mondo, avendo dimensioni molto maggiori a quello europeo e a quello nordamericano, rimane uno dei più complessi. FCA ha sempre fatto fatica a entrarci, così come PSA non ha una forte presenza. Questo rischia di essere il vulnus maggiore per questo grande gruppo globale, in quanto la presenza cinese è sicuramente importante per avere un posizionamento forte a livello mondiale. Jeep potrebbe riuscire nell’impresa di prendere quote di mercato, ma non sarà per nulla facile, specialmente perché occorre trovare il partner adatto.



Da un punto di vista di innovazioni nel settore automotive, l’elettrificazione è una tendenza sicuramente in forte crescita, con tutti i grandi gruppi che stanno investendo decine di miliardi di euro. Questo vale anche per la nuova Stellantis, che dovrà adeguarsi a quella che è una tendenza di mercato, sicuramente rafforzata dalle scelte dei Governi, in primis europei e poi anche quello cinese. La regolamentazione sta ormai spingendo verso l’elettrificazione e sembra esserci una sempre maggiore spinta anche da parte del consumatore.

Fare parte di un gruppo molto più grande è un elemento positivo sia per FCA che per PSA. L’elettrificazione necessita di miliardi di euro d’investimenti, e tecnologie comuni possono essere sviluppate riuscendo a catturare economie di scala. Questo è forse uno dei maggiori motivi del vantaggio di unirsi in un gruppo da otto milioni di veicoli. In realtà, i processi d’integrazione potrebbero essere anche veloci, vista la conoscenza del mercato, specialmente europeo, da parte di FCA e PSA. 

Maggiore sarà l’integrazione, maggiori saranno le possibilità di riprendersi dalla crisi Covid-19 che sta colpendo duramente anche il mercato dell’automotive. La spinta verso l’elettrificazione obbliga inoltre ad accelerare questo processo di integrazione e quindi è possibile immaginare che nell’arco di pochissimi anni avremo i risultati di questa nuova Stellantis.

Ma quali sono le conseguenze sugli stabilimenti? È presto per dirlo adesso, ma indubbiamente potrebbe esserci una concentrazione da parte dei produttori in stabilimenti sempre più performanti. L’Italia purtroppo non è competitiva da anni, dato che ormai produce meno auto di Repubblica Ceca o Repubblica Slovacca.

La Spagna, ad esempio, è ormai da anni il secondo Paese produttore di automobili in Europa grazie alle competenze acquisite nel corso del tempo e agli investimenti stranieri. Riuscire ad attrarre investimenti stranieri, anche nell’automotive, dipende anche dalle scelte dei Governi. Pensare che politiche di chiusura verso gli investimenti possano fare del bene è illusorio. Per tale ragione è necessario cercare sempre di mantenere elevata la competitività di tutti gli stabilimenti e del Paese in generale. E l’Italia in questo non è certo virtuosa.