La nascita di Stellantis dalla fusione tra Fiat Fca e il marchio francese Peugeot fu accolta, emerge da documenti citati oggi dal quotidiano La Verità, con grande preoccupazione dal Copasir (il Comitato parlamentare per la sicurezza). Quegli anni furono, d’altronde, piuttosto movimentati, prima con l’accordo di fusione con Renault, poi saltato per via dell’opposizione da parte del presidente francese Emmanuel Macron.
Dopo l’affare saltato con Renault, poi, si fece avanti Peugeot, che formalizzò la fusione con Fiat Fca, dando ufficialmente vita a Stellantis il 16 gennaio 2021. Allo stato attuale, il gruppo detiene 14 differenti marchi in tutto il mondo e fattura in media 45 miliardi a trimestre. Una fusione, dunque, positiva, si potrebbe obiettare, perché di conseguenza sono cresciuti anche i potenziali ricavi per l’Italiana Fca. Nella realtà, però, la nascita di Stellantis ha causato, soprattutto in Italia, un contraccolpo piuttosto negativo dal febbraio del 2021 alla fine del 2023 sono stati licenziati complessivamente 7mila operai, tutti italiani, e attualmente nel Bel Paese rimangono ‘solo’ 45mila dipendenti (26mila nella produzione auto).
L’allarme (ignorato) del Copasir su Stellantis
Qual è stato il problema dietro alla nascita di Stellantis? Secondo la Verità fu sintetizzato bene, proprio prima della fusione, dal Copasir. In una nota trasmessa al Governo, in quel momento presieduto da Giuseppe Conte al suo ‘secondo’ mandato, l’ente di controllo parlò chiaramente di un possibile “rischio di deindustrializzazione” in Italia che, guarda caso, sembra sia iniziato proprio a partire da quei primissimi licenziamenti italiani nel 2021.
Per comprendere come mai il gruppo Stellantis sia così pericoloso per l’industria italiana bisogna guardare ai suoi principali azionisti. Al primo posto, neanche a sottolinearlo, sono rimasti gli Elkann con la loro Exor che detengono il 14,29% delle quote, seguiti, però, dallo stato francese in accordo con Paugeot, al 7,13%. Dov’è l’Italia? In nona posizione, con Bankitalia che detiene appena l’1,18% delle quote. Insomma, l’allarme del Copasir su Stellantis venne ignorato, quando si sarebbe potuta attivare (come venne effettivamente chiesto) la Cassa depositi e prestiti affinché equiparasse le azioni francesi, proteggendo quello che fino a qualche decennio fa era un vero e proprio gioiello dell’industria italiana e che oggi rischia di finire in mano a qualche azienda o gruppo asiatico. Ipotesi, questa, che venne messa in campo per Iveco, poi salvata dagli Elkann. Per salvare l’industria italiana, invita il quotidiano La Verità, si usi per la prima volta il golden power, almeno per fissare dei livelli minimi di investimento.