La polemica tra Italia e Stellantis si è arricchita di una nuova puntata da quando è stato svelato il nome dell’ultimo modello Alfa Romeo. L’Alfa Romeo “Milano”, infatti, è un’auto prodotta in Polonia e con tecnologia francese. Secondo il ministro Urso, sarebbe contro la legge chiamare con un nome italiano un prodotto fabbricato fuori dall’Italia; una legge italiana del 2023, che ha definito l'”Italian Sounding”, prevede che non si possano dare indicazioni che inducano in errore il consumatore; si potrebbe in qualche modo eccepire una falsa indicazione di provenienza. Non sappiamo se l’obiezione sia fondata o meno dal punto di vista legale, ma è difficile non concordare, almeno in parte, con i dubbi espressi dal ministro delle Imprese e del Made in Italy, Urso.
Stellantis e il Governo italiano sono ai ferri corti da mesi perché la società francese che ha ereditato gli stabilimenti di Fiat non sembra avere grande attenzione per le fabbriche italiane. L’ad del gruppo francese Tavares qualche settimana fa ha consigliato al Governo italiano di aumentare gli incentivi per salvare gli impianti che altrimenti sarebbero a rischio. Il Governo francese compare nell’azionariato di Stellantis con una quota del 6%. Fuori dall’Italia alcuni marchi e alcune città godono di un apprezzamento diffuso; “Milano” è sicuramente uno di questi e l’Alfa Romeo potrebbe esserlo nonostante anni non esaltanti.
Qualche anno fa l’interesse di Volkswagen per l’acquisizione del marchio italiano sembrava molto concreto; l’idea era quella di mettere sotto un marchio con enormi potenzialità, anche se ammaccato, la forza di un gruppo leader sul mercato globale. Forse i tedeschi, ma nessuno lo può sapere, avrebbero chiuso il cerchio tenendo la produzione in Italia. Ciò che importa è che almeno un grande costruttore tedesco se non due, si era parlato anche di BMW, si era accorto delle potenzialità del marchio del biscione al di fuori dell’Italia in quel segmento premium in cui tutti hanno disperatamente bisogno di posizionarsi.
Nessuno sa come avrebbe reagito il Governo francese se un costruttore italiano, partecipato dal Governo italiano, avesse chiamato un’auto “Paris” e avesse poi delocalizzato la sua produzione in Polonia. L’idea che ci possa essere un danno di immagine per tutto il sistema Paese non è peregrina. Purtroppo Fiat e i suoi marchi, incluso Alfa Romeo, sono stati prima fusi con Chrysler per poi confluire in un gruppo che ha la sede a Parigi. L’altro rammarico è che il sistema industriale italiano in questa fase soffre per costi energetici poco competitivi. Anche per queste ragioni il Governo italiano non ha di fronte una sfida facile. Forse l’unico appiglio è che dopo lo sgarbo del nuovo modello Alfa non ci debba essere più alcuna preclusione nelle trattative per salvare le fabbriche italiane e il loro indotto.
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