John Elkann ha dichiarato due giorni fa che non occorre che lo Stato italiano entri nel capitale di Stellantis perché “gli Stati entrano nelle imprese quando vanno male e Stellantis va molto bene”. Stellantis effettivamente viene da diversi trimestri di risultati particolarmente positivi perché il settore auto nel corso del 2022 e ancora nei primi mesi del 2023 ha vissuto una stagione di margini esaltanti: gli ordini che non sono arrivati nel 2020 e nei primi mesi del 2021 si sono accumulati e hanno creato uno scenario unico nell’industria auto in cui l’offerta era sensibilmente inferiore alla domanda. Il risultato è stato un aumento dei prezzi e soprattutto dei margini che l’industria auto non aveva mai visto.
L’ipotesi di un ingresso dello Stato italiano nell’azionariato del gruppo francese non arriva però da una preoccupazione sulla tenuta dei conti del gruppo guidato da Tavares; nessuno che abbia una minima conoscenza del settore si sognerebbe di proporla per queste ragioni. L’ipotesi si è fatta strada, invece, perché più parti dell’industria auto italiana hanno palesato, anche con toni drammatici, il rischio di un declino del settore lamentando che il gruppo francese non riservi la giusta considerazione per i fornitori italiani.
L'”automotive” è il settore industriale, ancora oggi, che occupa più persone in assoluto. Questa è la ragione per cui sostanzialmente tutti i Governi, occidentali o meno, negli ultimi decenni hanno messo mano al portafoglio per salvare le imprese quando le crisi economiche e finanziarie ne minacciavano la sopravvivenza. Questi interventi pubblici hanno avuto forme diverse, ma sono quasi sempre stati incentrati sul “campione nazionale” o comunque sul produttore di auto che poi a monte salvava tutta la catena produttiva. Questa è la storia di Fiat che ha acquisito Chrysler, proprio all’interno di uno di questi salvataggi, con condizioni di favore messe in campo dal Governo americano, e che poi si è sposata con PSA prendendo il nome di Stellantis.
I margini stellari delle società auto degli ultimi trimestri sono arrivati anche grazie a un attento controllo dei costi che spesso ha messo all’angolo i fornitori. Non è chiaro quanto a lungo la congiuntura astrale possa continuare, soprattutto se la domanda dovesse flettere com’è fisiologico. In questa fase è normale che emergano le preoccupazioni della filiera.
Stellantis non ha bisogno dello Stato italiano, ma è inevitabile notare che l’equivalente francese della Cdp faccia capolino nell’azionariato del gruppo con una quota del 6% a un soffio dal secondo azionista e dietro a Exor con una quota del 14,3%. La vecchia Fiat Chrysler, poi diventata FCA, era un gruppo con il baricentro negli Stati Uniti, ma in cui il vecchio mondo Fiat e l’Italia si potevano ritagliare un ruolo decisivo in alcuni segmenti auto e nel mercato europeo che è molto diverso da quello americano. Tutto questo è finito con la fusione/acquisizione di PSA in cui il baricentro in Europa si è spostato a Parigi. Le decisioni industriali, tanto più in un settore chiave come quello dell’automotive, sono politiche; negli ultimi mesi questo è diventato evidente con le guerre commerciali e la ristrutturazione delle catene di fornitura globale. I timori che le decisioni industriali in Europa siano politiche sono più che giustificati.
Le scelte di Exor degli ultimi anni, tutte assolutamente legittime, difficilmente si conciliano con una difesa dell'”italianità”. L’idea che l’investimento pubblico sia opportuno solo quando si tratti di socializzare le perdite perché poi bisogna distribuire gli utili agli azionisti è difficile da digerire. Il settore auto farà di tutto per prolungare il più possibile le condizioni che hanno permesso negli ultimi mesi di raggiungere margini mai visti. È inevitabile che la filiera si preoccupi se la crescita dei ricavi viene meno. L’Italia in quanto sistema si dovrebbe interrogare perché i rischi sono molto rilevanti e dopo quello che è successo a Fiat nell’ultimo decennio le opzioni sul tavolo per tutelare il sistema italiano sono limitate e ci vuole molta fantasia.
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