Anche i sindacati scendono in campo sul caso Stellantis. Ma bisogna riavvolgere il nastro. Nell’incontro organizzato dal ministro delle Imprese Adolfo Urso con tutti i soggetti coinvolti, il governo Meloni non ha forzato la mano, anzi è disposto a mettere sul tavolo circa 950 milioni. Ma a patto non ci sia la delocalizzazione delle produzioni. Infatti, l’esecutivo potrebbe decidere di indirizzare i finanziamenti solo alle auto realizzate in Italia. Inoltre, Urso è disposto, nel caso Stellantis lo ritenesse opportuno, a valutare «una partecipazione attiva dello Stato» come avviene in Francia, recentemente salita a circa il 10% dei diritti di voto in assemblea. La reazione del gruppo è sembrata positiva. Davide Mele, responsabile Corporate Affairs di Stellantis, ha assicurato che l’obiettivo resta l’Italia e la volontà di voler raggiungere il milione di auto prodotte, oltre che di rilanciare la produzione di auto elettriche e ibride. D’altra parte, come riportato da Libero, il manager ha precisato che ritiene «il proseguimento a lungo termine di adeguati incentivi alla vendita» il tassello di un pacchetto di aiuti e interventi più consistente.



«Non ci tiriamo indietro, ma riteniamo fondamentali alcuni specifici fattori abilitanti in questo cammino verso l’elettrificazione». I fattori mancanti, al netto degli sconti del concessionario, sono lo sviluppo della rete di ricarica per sostenere clienti e competitività dei costi industriali, come il miglioramento del costo dell’energia, messo in discussione dall’offensiva cinese. Servono anche colonnine e agevolazioni sull’acquisto di energia. Non condizioni di favore, ma uno scambio equo, perché «l’Italia sta beneficiando delle dimensioni di Stellantis e del suo portafoglio di 14 marchi iconici» e il gruppo «contribuisce attivamente alla bilancia commerciale italiana, con oltre il 63% dei veicoli prodotti nel Paese esportati all’estero».



STELLANTIS, SCINTILLE TRA TAVARES E GOVERNO. GIORGETTI IRONIZZA…

A scoprire definitivamente le carte è stato Carlos Tavares. Mentre al Mimit era in corso la trattativa, il capoazienda a Bloomberg rendeva dichiarazioni di fuoco. Ad esempio, ha spiegato che l’Italia dovrebbe fare di più per proteggere i posti di lavoro nel settore automobilistico anziché attaccare Stellantis per la minore produzione. «Si tratta di un capro espiatorio nel tentativo di evitare di assumersi la responsabilità per il fatto che se non si danno sussidi per l’acquisto di veicoli elettrici, si mettono a rischio gli impianti in l’Italia». Per dare ulteriore peso alla minaccia, il manager ha individuato anche in Mirafiori e Pomigliano le fabbriche maggiormente a rischio di tagli. Per i sindacati si tratta di parole «gravissime», ma comunque si schierano con l’ad di Stellantis, chiedendo al governo di convocare a Palazzo Chigi una riunione per discutere di come indirizzare al gruppo le somme richieste.



Non si è fatta attendere la replica del ministro Urso: «Dobbiamo intenderci: se a dicembre la Volkswagen ha superato nelle vendita in Italia Stellantis, se i cittadini italiani hanno preferito acquistare un’auto prodotta all’estero, piuttosto che una fatta in Italia, a fronte di condizioni di mercato e incentivi simili, il problema non è del governo ma dell’azienda. Sarà un problema di marketing? Di modelli appetibili? Ma è un problema dell’azienda che evidentemente ha bisogno di rivedere le proprie politiche. Lo facessero». Urso ha sottolineato che negli anni scorsi «il 40% degli incentivi è andato a Stellantis, come è giusto che fosse, ma la metà di questi sono finiti a modelli prodotti all’estero e importati in Italia. Non può continuare così. L’ho detto con chiarezza». Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha escluso l’ingresso nell’azionariato con una battuta ironica: «Lo Stato in Stellantis? Io entrerei invece in Ferrari».