Steven Spielberg, tra i più grandi registi di tutti i tempi, si racconta a Il Fatto Quotidiano in una sorta di testamento senza barriere né pregiudizi. Si parte, inevitabilmente, dal cinema: “Il regista che mi ha influenzato più di ogni altro è John Frankenheimer. Non dal punto di vista visivo, ma come montatore. Il suo montaggio spesso ha più energia del contenuto della storia. Quando ho visto The Manchurian Candidate, ho capito per la prima volta cosa fosse il montaggio cinematografico. Tutte le cose negative, quelle che cerco di non fare nei film, le ho imparate dalla televisione…”. Parlando della sua arte, del suo modo di fare cinema, spiega: “A volte rinuncio completamente allo stile per il contenuto. Ecco perché ritengo che Lo squalo non abbia uno stile. Lo squalo è tutto contenuto, esperimento”.
La televisione, invece, Spielberg spiega non avere “avuto alcuna influenza su di me, per quanto riguarda il cibo spazzatura cinematografico. I miei genitori non mi hanno permesso di guardare la televisione fino a tarda età. Il televisore è sempre stato un grande oggetto proibito in salotto, che guardavo di nascosto quando c’era la babysitter e i miei genitori erano andati a una festa”. L’interesse per il cinema, nato molto presto nel regista, “si è sviluppato perché mio padre faceva molti filmini durante i nostri viaggi in campeggio. La mia era una famiglia amante della vita all’aria aperta e passavamo dei weekend lunghi, con i sacchi a pelo, in mezzo alla natura selvaggia sulle White Mountains dell’Arizona” ricorda. E ancora: “Mio padre portava con sé la videocamera e filmava le gite, e noi ci sedevamo a guardare il filmato una settimana dopo. Mi faceva addormentare… Io sono diventato un appassionato di cinema dopo essere stato coinvolto nel mondo cinematografico“.
Steven Spielberg: “Ho sempre preso i film sul serio ma…”
Per tanti un vero e proprio genio, Steven Spielberg sulle pagine de Il Fatto Quotidiano parla del cinema come una cosa seria, ma non troppo. “Ho sempre preso i film sul serio, ma allo stesso tempo ho sempre avuto una certa ironia. Quando ti allontani e hai quegli improvvisi e preziosi momenti di totale obiettività e vedi un centinaio di persone correre, fare il loro lavoro, cercare di impressionare il loro partner, far cadere cose, commettere errori, piangere per questi errori, perdere le staffe, chiudersi nei camerini, rovesciare il caffè, perdere i loro soldi – ti siedi e ridi e ti dici che il mondo del cinema è un meraviglioso, inebriante carnevale, ma che se lo prendi troppo sul serio, ti ucciderà. Ma se riesci sempre a riderci sopra quando la pressione è davvero alta, se riesci a stare in disparte e a trovare qualcosa di divertente di cui ridere, è un modo per preservare la tua lucidità mentale, e questo è ciò che faccio quando le cose si mettono davvero male”.
Il suo unico peccato? Non ha dubbi il regista: “I film. Il mio peccato principale è fare film. Trovo che le persone che bevono eccessivamente o assumono molte droghe non siano davvero felici della loro vita e di quello che fanno. Ho anche bisogno di una buona vita sociale e familiare. Tenendo conto di questo, di solito riesco a rimanere abbastanza normale”, spiega. Grazie ad un intelligente e curioso escamotage, Spielberg racconta di essere entrato ogni giorno, per tre mesi, agli studios in California. Un allenamento certamente utile eppure “non ho mai ottenuto nulla”, spiega. “Ho imparato molto sul montaggio e sul doppiaggio guardando tutti i professionisti, ma non ho mai ottenuto un lavoro grazie alla mia imposizione”.