Bisogna salvare il capitalismo dalla dittatura del mercato. L’appello è di Joseph Stiglitz, economista premio Nobel nel 2001 che al Festival dell’Economia di Trento è pronto a parlare delle diseguaglianze del sistema occidentale e della necessità di una riforma che sia radicale. Da diversi anni ha focalizzato la sua ricerca agli eccessi del capitalismo, alle ingiustizie e alle minacce alla democrazia. «A lungo andare, le falle del sistema in termini di reddito e di opportunità, hanno aperto la strada al populismo degli estremisti, in America come in molti Paesi europei, una minaccia tremenda per le nostre democrazie», dichiara a Repubblica.
L’economista, tra i più prestigiosi a livello mondiale, ricorda come i recenti choc abbiano esacerbato le diseguaglianze: «In assenza delle reti di protezione, la pandemia ha colpito più duramente, in tutto il mondo, chi aveva un reddito più basso e insufficienti protezioni sia contrattuali che di welfare». Poi è arrivata l’inflazione («il più forte vettore di diseguaglianze»), anch’essa a penalizzare le fasce più deboli. «L’invasione dell’Ucraina ha dato il colpo finale, evidenziando una volta per tutte le debolezze di un’economia “short-sighted”», prosegue Stiglitz. Da un lato ha evidenziato l’insufficienza degli investimenti in resilienza, dall’altro ha dimostrato di non essere in grado di correggere i meccanismi di formazione dei prezzi dell’energia.
STIGLITZ E GLI ANELLI DEBOLI DEL CAPITALISMO
La guerra in Ucraina ha senza dubbio aggravato anche le tensioni geopolitiche latenti da tempo. In questo caso Joseph Stiglitz tira in ballo l’esempio della Cina: «L’atteggiamento a lungo ambivalente di Pechino, che a tratti sembra supportare la Russia, ha chiaramente esacerbato i contrasti e allontanato la loro soluzione». L’altro anello debole del capitalismo è rappresentato dalle banche. «La Federal Reserve, così come la Banca centrale europea, ha molti ruoli. Fissa i tassi d’interesse, ma è anche contemporaneamente responsabile per la regolazione del sistema bancario, nonché per la sua supervisione. Fra tutti questi ruoli si è creato un corto circuito». Secondo l’economista, docente alla Columbia University di New York, è stata sacrificata la componente regolatoria, come dimostrato dai fallimenti di molte banche regionali lasciate senza controllo.
Nel frattempo, i tassi «sono saliti troppo e troppo in fretta». Tornando all’inflazione, Stiglitz spiega a Repubblica che «a provocarla sono oggi soprattutto gli eccessivi profitti che le grandi corporation accumulano almeno in alcuni settori». Intanto gli alti tassi aggravano molti problemi e rende complicato trovare una soluzione, dando inoltre vita ad effetti collaterale, come «la fuga dei depositi dalle banche americane alla ricerca di migliori rendimenti», che ha provocato già diversi fallimenti, ma anche «l’aggravio sui prestiti di ogni sorta». Infine, l’aggravamento della crisi debitoria in molti Paesi in via di sviluppo.