La pandemia degli stipendi in Italia

Quello che sta succedendo al mondo del lavoro ed in particolare agli stipendi in Italia è una vera e propria “pandemia”, secondo il segretario nazionale della CGIL Maurizio Landini 6,8 milioni di CCNL (i Contratti Collettivi Nazionali del Lavoro).

Insomma, detta in altri termini, circa la metà dei dipendenti privati con un CCNL percepisce stipendi basati su contrattazioni vecchie di alcuni anni, mai correttamente adeguate ai cambiamenti nell’economia. Tutti i fattori sommati rappresenterebbero, secondo il quotidiano, un’equazione sufficiente per comprendere perché gli stipendi in Italia non crescano come nel resto d’Europa. Secondo Landini occorre attuare un taglio “di almeno cinque punti del cuneo fiscale“, tesi sostenuta anche da Pierpaolo Bombardieri (segretario di UIL), che chiede, come Landini, anche un intervento per i 6 milioni di contratti scaduti.

Stipendi: secondo Ichino è un problema produttivo

La questione degli stipendi in Italia, insomma, richiederebbe interventi diretti e mirati da parte del governo, che secondo Luigi Sberra (CISL) dovrebbero puntare a ridurre l’inflazione. Secondo il politico e giurista Pietro Ichino, invece, oltre al peso dei tre fattori sui salari italiani, graverebbe anche una questione relativa alla produttività generale del mondo del lavoro.

I dati sulla stagnazione degli stipendi, secondo Ichino, “rispecchiano la stagnazione della produttività media del lavoro in Italia”, e senza che questa aumenti, non possono migliorare neanche i salari. A confluire in questo problema ci sarebbero diversi fattori, “le amministrazioni pubbliche, le aziende che vivacchiano, quelle che ricorrono spesso alla cassa integrazione, quelle dove addirittura la produttività è azzerata e i dipendenti sono da mesi o anni a zero ore”. L’unica soluzione, secondo lui, è un ampia campagna di investimenti da parte dello stato, soprattutto per sostenere “il trasferimento dei lavoratori” attraverso “l’informazione e la formazione” degli stessi. Singolare sarebbe, secondo lui in merito alla questione stipendi, è che il governa spenda 30 miliardi all’anno “per il sostegno del reddito” ai disoccupati, mentre per la formazione “non riusciamo a investire più di 1 miliardo l’anno“.