L’Agenzia nazionale per la vigilanza sanitaria (Anvisa) del Brasile ha segnalato di aver identificato nel vaccino russo Sputnik V particelle virali ancora in grado di replicarsi. Fatto, questo, che potrebbe costituire “pericolo grave” per la salute pubblica.
L’Anvisa ha così deciso di respingere la richiesta di alcuni stati brasiliani che avevano proposto di importare e utilizzare Sputnik V, imponendo così una sorta di blocco del vaccino russo. “È giusto tenere in debito conto la segnalazione che arriva dal Brasile – osserva il professor Roberto Cauda, docente di Malattie infettive all’Università Cattolica del Sacro Cuore –. Ma è altrettanto giusto tenere conto della replica di Gamaleya, l’azienda produttrice russa. A mio parere, c’è ancora tutto da verificare dal punto di vista scientifico. Difficile, al momento, dire chi abbia ragione o torto, di certo, questa battuta d’arresto, guardando alle vaccinazioni a livello mondiale e in una fase di espansione della pandemia, soprattutto in Brasile e in India, non è una buona notizia. Speriamo che vengano al più presto fugati i dubbi, perché in una situazione in cui i vaccini scarseggiano non si può e non si devono prendere decisioni se non profondamente motivate su base scientifica”.
L’Agenzia di vigilanza sanitaria brasiliana ha bloccato Sputnik V, perché “l’adenovirus del vaccino russo si replica”. Che cosa significa?
I brasiliani hanno trovato dei lotti con un adenovirus replicante e questo pone dei problemi di rischiosità.
Si parla di “pericolo grave”. È così?
Il rischio non vale per tutti i vaccinati, ma per coloro che sono immunocompromessi, cioè che hanno un difetto del sistema immunitario, nei quali può svilupparsi la malattia. Quanto grave ancora non lo sappiamo con certezza.
Perché l’adenovirus non deve replicare?
Prima di rispondere è giusto ricordare come è fatto questo vaccino e come funziona.
Prego.
Gli studi condotti fino a oggi su Sputnik V hanno dimostrato efficacia e sicurezza. Per esempio, su Lancet gli scienziati russi hanno pubblicato uno studio sulla fase 3 del vaccino Sputnik V, considerato sicuro ed efficace al 90%. Come quelli di Johnson&Johnson e di AstraZeneca, Sputnik V monta sull’adenovirus lo Spike, la proteina contro cui viene prodotta una risposta anticorpale che protegge dall’infezione. E questo adenovirus non replica perché viene geneticamente modificato, è inerte, fa solo da supporto allo spike.
Allora come può essere avvenuto?
L’ipotesi finora avanzata è che l’adenovirus, per il cosiddetto fenomeno della “ricombinazione”, potrebbe aver ripreso il gene che codifica per la replicazione. Va però tenuto conto della replica di Gamaleya, l’azienda russa produttrice, che tra l’altro vanta una lunga tradizione di serietà nel campo dei vaccini.
Che cosa ha dichiarato Gamaleya?
Ebbene Gamaleya nega che ci possano essere delle forme replicanti dell’adenovirus. Lo stesso “padre” di questo vaccino, Denis Logunov, ha dichiarato che tutti i lotti controllati non presentano replicazioni e che il vaccino passa quattro fasi di pulizia e filtrazione per arrivare a un livello di purezza molto elevato.
Stiamo parlando di una tecnologia nuova?
La tecnologia dei vettori ad adenovirus è una tecnologia nuova, ma non nuovissima, visto che è alla base del vaccino contro ebola. Ma finora non è stata utilizzata su grandissima scala, come nel caso del siero-anti-Covid.
L’Ema non ha ancora dato il via libera a Sputnik V. I dubbi potrebbero essere legati a queste replicazioni?
Adesso Ema avrà senz’altro acquisito questi dubbi, che li avesse prima non è dato sapere. Probabilmente Ema, com’è giusto che sia, sta verificando la rolling review, compresa l’innocuità dei due adenovirus impiegati nello Sputnik V.
Anche Johnson&Johnson e AstraZeneca sono vaccini con vettori ad adenovirus. Ci sono differenze?
Rispetto a questi due vaccini Sputnik utilizza non uno, ma due adenovirus diversi: l’AD26 per la prima dose e l’AD5 per la seconda. L’adenovirus sviluppa una malattia benigna, non grave, delle alte vie respiratorie.
Nei vaccini Johnson&Johnson e AstraZeneca ci sono possibili rischi di replicazione?
Sono assolutamente innocui, fino a prova contraria, documentata e condivisa con la comunità scientifica. Ripeto: quella arrivata dal Brasile è una segnalazione che va presa con la massima attenzione, ma sappiamo che le autorità regolatorie si muovono con la più assoluta cautela. Bisogna innanzitutto capire se e come è avvenuto qualcosa. Ma, ammesso e non concesso che ci sia una replicazione attiva, non è detto che possa ripetersi in tutti gli altri vaccini ad adenovirus, perché parliamo di adenovirus diversi, di procedure di produzione diverse. Questa segnalazione offre un elemento in più di valutazione, ma non basta per escludere Sputnik a priori. Semmai dovranno essere eseguiti nuovi controlli e chieste ulteriori spiegazioni ai russi.
Il vaccino italiano ReiThera si basa su adenovirus di gorilla. Dobbiamo temere qualcosa?
Sono tra gli sperimentatori di questo vaccino e nutro una grandissima considerazione sui colleghi che stanno portando avanti con grande scrupolosità la fase 2.
L’Europa, che ha appena firmato un contratto con Pfizer per l’acquisto in due anni di 1,8 miliardi di dosi, ha fatto bene a puntare con forza sui vaccini a Rna messaggero più che su quelli ad adenovirus?
Rispondo con le parole di Deng Xiao Ping: non importa che un gatto sia bianco o nero, l’importante è che catturi il topo. In questo momento difficile, dove tutti i giorni si contano ancora solo in Italia centinaia di morti, è decisivo avere più vaccini. Questo però non vuol certo dire autorizzare i vaccini a occhi chiusi. Confido molto sugli organi regolatori. Vedremo cosa diranno Ema e Aifa su Sputnik V.
(Marco Biscella)
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