Nel giro di poche ore, ieri, l’Europa è stata scossa da quattro notizie: la sconfitta della Cdu nelle elezioni locali in Germania; la polemica autocritica di Frans Timmermans, primo vicepresidente di Ursula von der Leyen a Bruxelles, sugli errori della Ue nella campagna vaccinale; l’avvio di un’azione legale da parte della Ue verso la Gran Bretagna per presunte violazioni degli accordi Brexit; infine: la sospensione improvvisa della campagna AstraZeneca decisa dalla Germania e forzatamente seguita da Francia e Italia. Fra i quattro eventi possono essere individuate correlazioni di livello diverso: nessuno sembra comunque completamente estraneo a tutti gli altri. Colpisce la rapida sequenza temporale ed è possibile scorgere un denominatore comune: paiono tutti riportare alla crisi politico-istituzionale in cui si sono ritrovate il cancelliere Angela Merkel e il presidente della commissione Ue. Due tedesche, entrambe esponenti della Cdu.
Il crollo del principale partito tedesco in Baden-Wurttemberg e in Renania-Palatinato – a sei mesi dalle elezioni politiche che segneranno la fine dell’era-Merkel – è stato addebitato dai commentatori al recente scandalo che ha coinvolto alcuni esponenti Cdu riguardo le forniture di presidi sanitari anti-Covid. Ma ha pesato anche la scarsa performance del governo nella gestione della seconda e ora della terza ondata pandemica. E l’escalation polemica contro i ritardi e le incertezze Ue sul fronte vaccini è partita proprio in Germania: prima che il pungolo verso Bruxelles venisse impugnato dal nuovo premier italiano Mario Draghi, tacitamente spalleggiato dal presidente francese Emmanuel Macron. Ieri mattina si è accodato – un po’ a sorpresa – anche il socialista olandese Timmermans (in Olanda – dove la situazione vaccinale non è meno difficile, con crescenti problemi di ordine pubblico legati al lockdown – sono aperti da ieri fino a mercoledì i seggi per le elezioni politiche anticipate).
Su questo sfondo è difficile non cogliere almeno un po’ di nervosismo politico tedesco in tempo reale sia nella “dichiarazione di guerra” (legale) di Bruxelles a Londra, sia nel “decreto” con cui Berlino ha di fatto bloccato la somministrazione del vaccino inglese in tutta la Ue, da un’ora all’altra. Nel primo caso il pensiero corre subito a un’altra decisione “a orologeria” – e formalmente “tecnica” – assunta dalla Commissione Ue: l’apertura di una procedura d’infrazione contro l’Italia per debito eccessivo tre giorni dopo la netta affermazione elettorale della Lega all’eurovoto del 2019. Oggi l’Uomo Nero di Bruxelles è inequivocabilmente il premier “brexiter” Boris Johnson: denunciato ufficialmente per una questione aperta da sempre al tavolo Brexit (la regolazione della frontiera fra Eire e Irlanda del Nord); ma verosimilmente attaccato come “padrone di AstraZeneca”, cioè come responsabile “geopolitico” del fallimento degli approvvigionamenti di vaccino nella Ue.
È questo, del resto, il capo d’imputazione agitato contro von der Leyen negli ultimi giorni soprattutto da Roma: che sta premendo sia su Bruxelles che su AstraZeneca per accelerare le forniture. Ieri, tuttavia la leader tedesca di Bruxelles è sembrata marciare in direzione contraria, congelando i canali diplomatici con la Gran Bretagna; mentre nelle stesse ore la cancelliera di Berlino ha alzato a sorpresa il livello di allerta su AstraZeneca. Merkel dispone di statistiche su “casi avversi” più preoccupanti di quelle diffuse da Oxford e dall’Oms? Il vaccino inglese è stato messo sul mercato in modo avventato o strumentale?
Se così non risultasse in misura evidente, sarebbero autorizzati i sospetti che le mosse siano in parte finalizzate alla “neutralizzazione” del dossier AstraZeneca, ormai troppo pericoloso per tutto il sistema Merkel. Fermare la somministrazione e sollevare dubbi sulla sicurezza del vaccino significa in sé rendere meno visibile e meno imbarazzante il fallimento della campagna. In Europa e in Germania il vaccino non c’è non perché la Ue sia debole e la sua tecnocrazia incapace, ma perché il vaccino non è a punto: certamente non quello britannico. E se gli Usa di Joe Biden e di Pfizer e la Gran Bretagna di Johnson e AstraZeneca “tradiscono” la Ue, perché l’Europa non avrebbe il diritto di rivolgersi alla Russia – per il vaccino Sputnik – se non addirittura alla Cina?
È qui che gli avvenimenti delle ultime ore possono segnalare tensioni più profonde. Il merkelismo che governa da un quindicennio la Germania e l’Europa corre un rischio di rottamazione totale, imprevedibile fino a pochi mesi fa. Da ieri Armin Laschet, fresco successore designato al vertice Cdu dalla cancelliera, è dato in forte dubbio come candidato cancelliere al voto di settembre (potrebbe essere sostituito da Markus Soder, leader della Csu bavarese). Ma la disruption portata dal Covid anche agli assetti politici tedeschi potrebbe portare addirittura vanificare la attese di una coalizione di relativa continuità fra Cdu-Csu e Verdi. Nessuno si sente più di escludere una coalizione imperniata sui Grünen e con Cdu-Csu all’opposizione.
Nel frattempo, proprio il ritorno di un democrat obamiano come Biden alla Casa Bianca sta premendo in modo inatteso sul “crepuscolo della Merkel”: imponendole dall’esterno un ritorno entro una tradizionale cornice “atlantica”. Non vi sarebbe di che stupirsi se le mosse frenetiche degli ultimi giorni nascondessero (anche) un “ultimo hurrà” politico interno e geopolitico: un estremo tentativo della Merkel di affermare la sua leadership in Germania (anche nell’orientare la sua successione) e quella tedesca, in Europa e oltre.
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