Ieri sera il Governo tedesco è entrato a gamba tesa su una possibile operazione tra Unicredit e Commerzbank dichiarando, in un comunicato emesso a borse chiuse, che non verranno più vendute azioni della banca, di cui il socio pubblico possiede ancora il 12%, e che la banca è un “istituto stabile e redditizio” la cui strategia è centrata sull’indipendenza. Con queste premesse è difficile ipotizzare che l’operazione vada avanti. Il Governo tedesco ieri mattina aveva già avviato un’indagine sulle modalità con cui è stata venduta la quota in Commerzbank a Unicredit. La banca italiana, anche grazie alle vendite del Governo tedesco, è diventata infatti il primo azionista privato di Commerzbank candidandosi a un’operazione che avrebbe potuto prendere la forma di un’offerta pubblica. Questa settimana, in aggiunta, era stata ventilata persino la possibilità di un coinvolgimento di Deutsche Bank per contrastare l’operazione di Unicredit.
Ieri mattina, invece, il Vicepresidente della Bce, Luis de Guindos, dichiarava che per la Bce il consolidamento transfrontaliero fosse importante e aggiungeva che la Bce sperava in progressi nel breve termine. La dichiarazione è sembrata a tutti un endorsement dell’operazione di Unicredit contro le resistenze tedesche.
Un mercato unico dei capitali, ricordiamo, è uno degli elementi chiave del Rapporto Draghi. Per finanziare il rilancio industriale dell’Europa unita serve un sistema bancario “unito”. Date queste premesse l’operazione di Unicredit sarebbe stata una novità rispetto a qualsiasi altra operazione sia stata discussa negli ultimi decenni. Tutte le operazioni transfrontaliere in Europa, non solo nel settore bancario, hanno avuto un riflesso politico “bilaterale”. I singoli Paesi membri trovavano un accordo bilaterale e poi, al limite, passavano sul tavolo europeo. Oggi la cornice è diversa. Il consolidamento bancario europeo non è mai avvenuto veramente perché cedere il sistema bancario significa cedere sovranità vera molto più che per qualsiasi stabilimento industriale. Sono le banche tedesche a finanziare le imprese tedesche e a comprare titoli di stato tedeschi e lo stesso vale per le italiane, le spagnole o le francesi. Oggi, dopo il Rapporto Draghi, la cornice però è cambiata.
È certo che la Germania non veda di buon occhio quegli obiettivi e quindi non vede di buon occhio nemmeno evoluzioni che ne costituiscono un pilastro come, per esempio, il consolidamento bancario transfrontaliero. Quello a cui stiamo assistendo potrebbe essere un assaggio o una puntata di un conflitto tra chi vuole “unificare” l’Europa e chi si oppone; in questo secondo campo c’è sicuramente la Germania. Oggi il tentativo di Unicredit, dal punto di vista tedesco, appare molto più minaccioso rispetto al passato. Non è più “solamente” una questione di posti di lavoro oppure di attenzione per il sistema industriale tedesco; è molto di più di tutto questo perché il tentativo in atto è quello di dare una sostanza nuova al progetto europeo a discapito dei Governi nazionali. Il sistema bancario è al cuore della sovranità reale degli Stati.
Nella partita si potrebbero inserire altri attori perché se consolidamento deve essere non è un dettaglio che a farlo sia una banca francese piuttosto che spagnola. Meglio che la sede sia a Parigi per i francesi piuttosto che a Madrid e questo ragionamento vale in tutte le combinazioni possibili. Questo però non è il tema. Non c’è uno scontro in atto tra Italia e Germania, ma tra una certa idea di Europa e chi si oppone.
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