Discutono, propongono compromessi, offrono scambi. A Bruxelles trattano a oltranza da una settimana perché Germania, Italia, Bulgaria, Polonia si sono messe di traverso rispetto al bando delle auto con motore termico nel 2035.
Pare che la Germania voglia in cambio il via libera ai carburanti sintetici, ma, in ogni caso, troveranno un’intesa per una questione di immagine e perché la gloriosa marcia verso la decarbonizzazione del Continente non può essere fermata, da nessuno. A dire il vero non stupisce che la questione si sia, almeno per il momento, impantanata quanto che sia andata avanti, tra gli squilli di tromba e di giubilo, per alcuni anni, senza che nessuno, e dico nessuno, abbia alzato il ditino dicendo che il re era nudo.
Governi di destra e di sinistra che si sono alternati nei vari Paesi, illustri consessi di ministri dello Sviluppo economico o delle Finanze, senza considerare i pesi massimi come Angela Merkel o Mario Draghi e persino qualche peso welter come Macron, si sono occupati di tutto, dal diametro minimo delle vongole ai decibel dei tosaerba, tranne che di uno delle primi comparti industriali del continente che dà lavoro a milioni di persone, grazie a una cultura industriale di un centinaio d’anni che gli permette di avere un vantaggio competitivo rispetto ai cinesi.
Per spiegare l’incrollabile volontà di andare a schiantarsi, a tutta velocità e cantando, contro un muro, non basta dare il merito o la colpa alla spinta dei gretini o delle centinaia di fondazioni finanziate da chissà chi: bisogna cominciare a pensare a un deficit di intelligenza o a un sovrappiù di malafede di chi ha sposato la causa del bando, come molte altre legate allo stesso argomento, come se fosse scritta in un vangelo. Basta guardare la cartina del mondo con evidenziate le aree in cui sarà vietata la vendita di auto con motore termico dal 2035 per capire che il sacrifico non porterà a nulla.
Basta avere chiaro in testa che per ogni auto elettrica venduta in Europa se ne venderanno cinque in Asia, Africa e Sudamerica dove le persone discutono di crescita economica e di uscita dalla povertà, non di decarbonizzazione, per capire che l’obiettivo di questi provvedimenti non può essere la lotta al climate change. In Europa risparmiamo con il cucchiaino CO2, mentre nel resto del mondo la emettono con la pala. Ma alzi la mano chi è disposto ad andare in India, Indonesia o Cina per convincere la popolazione a non consumare e rimanere povera per evitare i cambiamenti climatici.
Allora perché l’Ue ha questo atteggiamento dirigista che impone alle persone di comprare un tipo di automobile, di usare una certa caldaia per scaldarsi, di cambiare le finestre alla propria casa?
Non crediamo ai sensi di colpa per aver contribuito largamente alle emissioni di CO2 in passato, pensiamo che sia un tentativo di svuotare la bottiglia per riempirla di nuovo, di cambiare modello di sviluppo per continuare a consumare. In parole povere, rimettere in circolo capitali privati su nuovi business ad alta crescita imponendo nuove spese ai cittadini. Chi potrà permetterselo si adeguerà, gli altri scenderanno dal treno del benessere.
Terribile, ma è l’unica spiegazione “sostenibile” che riusciamo a trovare. Esclusa questa rimane solo la stupidità o l’interesse personale.
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