Il 1° gennaio 1945 le forze armate tedesche lungo il Reno sono costrette ad una strategia puramente difensiva dalla pressione di inglesi e americani da ovest e dell’Armata Rossa in Polonia e Cecoslovacchia. I cieli sono dominati dai caccia-bombardieri alleati che attaccano le posizioni tedesche, mentre i tedeschi sono impegnati primariamente ad intercettare i bombardieri che colpiscono le fabbriche tedesche.
Per cercare di porre fine alla superiorità aerea del nemico il generale Hugo Speerle della Luftwaffe ha ideato un’operazione senza precedenti. Il 31 dicembre, al crepuscolo, i piloti tedeschi appartenenti a diversi stormi caccia ricevono l’ordine di spostarsi dalle loro basi operative e di raggiungere gli aeroporti di Twente, Appledoorn, Aldhorn, Hagelo, Münster, Lippstaadt, Rheine, Neuenkirchen, Metelen, Harskanf, Teuge.
I piloti non conoscono il motivo del rischieramento. In serata vengono informati che la mattina successiva sarà assegnata un’importante missione. Ricevono dunque ordini tassativi: divieto di prendere parte a qualunque riunione, nessuna celebrazione per la fine dell’anno, divieto di bere alcolici, una cena leggera ma sostanziosa e spegnimento delle luci alle 21 per tutti gli equipaggi che la mattina successiva dovranno prendere il volo.
La sveglia è alle ore 5 del 1° gennaio. I campi sono coperti di neve e la temperatura è rigida. I piloti sono convocati nelle sale operative dei rispettivi aeroporti e informati degli obiettivi della missione. È l’inizio dell’Operazione Bodenplatte. Quella stessa mattina circa 650 Focke Wulf 190D-9 e 450 Messerschmitt Me109K attaccheranno 27 basi alleate in Olanda e Belgio con lo scopo di distruggere il maggior numero possibile di velivoli che si trovano sugli aeroporti alleati, sempre sovraffollati. L’attacco era stato previsto per un’altra data, a supporto dell’offensiva tedesca nelle Ardenne, ma questa aveva già avuto luogo e le truppe tedesche si erano ormai ritirate dal Belgio. I piloti della Luftwaffe accolgono la notizia con grande entusiasmo. Nei giorni precedenti alcune missioni di ricognizione effettuate dai veloci caccia a reazione Me262 hanno individuato la posizione degli aeroporti alleati. Ad ogni pilota viene consegnata una carta sulla quale sono indicati gli aeroporti e le basi aeree americane e inglesi, le rotte di attacco e quelle di ritorno, i punti di ritrovo delle formazioni.
Alle 7:45 i caccia tedeschi decollano contemporaneamente da una ventina di aeroporti. I velivoli raggiungono le aree assegnate, si raggruppano in tre formazioni costituite da 300 a 400 apparecchi ciascuna e, a volo radente, si dirigono verso gli obiettivi assegnati. Molti dei piloti tedeschi sono ancora inesperti, e pertanto le formazioni sono guidate da alcuni bombardieri Junker 188 che li aiutano nella navigazione fino all’altezza del Reno. La prima formazione sorvola a sud la zona dello Zuiderzee e si dirige verso Bruxelles, la seconda arriva da nord e si dirige su Eindhoven passando per Arnhem, la terza che arriva da est fa rotta su Venlo e sulle linee americane.
Gli aerei volano nel più assoluto silenzio radio e il servizio intercettazioni alleato non riceve dunque alcuna conversazione tra i velivoli tedeschi che avrebbe consentito di dare l’allarme. I caccia tedeschi volano tenendosi il più basso possibile sul terreno innevato, sfruttando le vallate per sfuggire all’avvistamento dei radar. Göring vuole la più completa sorpresa, e di fatto la ottiene.
È il primo giorno dell’anno. Nelle basi alleate la sera prima si è fatto baldoria, e per quella mattina non sono previste che poche missioni operative. La maggior parte degli equipaggi sta ancora riposando. Per le sentinelle e per i serventi della contraerea in quel momento in servizio si tratta della normale routine. Alle 8:05, un ricognitore Auster in servizio di supporto per regolare il tiro delle artiglierie lancia un disperato appello radio.
L’attacco è una sorpresa totale. Per circa mezz’ora i caccia tedeschi mitragliano gli aerei alleati allineati sulle piste ghiacciate. La reazione alleata è del tutto inefficace. Qualche Spitfire riesce a decollare nell’inferno di fuoco. In volo ci sono alcuni Tempest in missione sulla Germania che, quando sono richiamati, sono a corto di munizioni. La missione è un successo completo per i tedeschi, e per gli Alleati una catastrofe.
A Bruxelles-Evère sul lato orientale dell’aeroporto sono allineati quattro gruppi caccia canadesi di quattordici Spitfire ciascuno. Il terreno, quando non è gelato, è morbido e cedevole, e gli Spitfire sono quindi allineati su un lato del campo. Sull’altro lato ci sono alcune fortezze volanti e altri velivoli da collegamento. Le reti di mascheramento utilizzate in Normandia sono state abbandonate da tempo: è inutile nascondere i caccia quando altri aerei più grandi sono sparpagliati su tutta la superficie. L’aeroporto di Evère è considerato una zona relativamente sicura, e la contraerea pesante è stata rimossa, affidando la difesa alle sole armi leggere. Durante la notte la temperatura si era molto abbassata, e la pioggia caduta ha reso la pista molto pericolosa per le partenze e gli atterraggi, a causa di un leggero strato di ghiaccio che vi si è formato.
La missione della pattuglia che avrebbe dovuto alzarsi in volo all’alba è stata dunque posticipata, in attesa che la pista sia riportata in condizioni di sicurezza. Mentre dodici Spitfire stanno rullando lungo il margine del campo per portarsi sulla testata della pista, senza alcun preallarme una sessantina di Messerschmitt e di Focke Wulf compaiono sopra l’aeroporto. Un solo Spitfire riesce ad alzarsi in volo, abbatte un caccia nemico, ma viene a sua volta abbattuto. Attorno alle piste sono dispersi oltre un centinaio di velivoli. A cinque chilometri di distanza, nel campo di Melsbröek, dozzine di bombardieri sono allineati inermi, ala contro ala: un bersaglio ghiotto per i caccia che li mitragliano.
Quando i caccia tedeschi lasciano la zona, 123 tra velivoli da trasporto, B-17, Typhoon e Spitfire sono inservibili. A Eindhoven uno stormo canadese di Typhoon e uno stormo di Spitfire sono completamente distrutti. In tutto circa 800 velivoli alleati sono stati messi fuori combattimento in pochi minuti. Dopo circa dieci minuti l’attacco è già finito. I caccia della Luftwaffe spariscono improvvisamente, come improvvisamente erano arrivati, lasciando l’aeroporto in fiamme. Alle 8:30, quando i caccia tedeschi si allontanano dai loro obiettivi, su tutte le basi alleate si alzano colonne di fumo, punteggiate dalle nuvolette che segnano gli scoppi della contraerea. Le perdite tedesche ammontano a 93 velivoli. I pochi Tempest e Spitfire che sono riusciti ad intervenire hanno abbattuto 36 caccia tedeschi.
L’operazione è stata accuratamente pianificata ed eseguita magistralmente. Se fosse stata conosciuta dall’opinione pubblica sarebbe stata un colpo basso per il morale degli Alleati. La censura americana e i servizi stampa cercano di descrivere l’attacco del 1° gennaio 1945 come una vittoria alleata, pubblicando cifre immaginarie. In realtà l’attacco è riuscito a paralizzare le operazioni delle forze aeree alleate per più di una settimana. La RAF rimette in linea tutti gli aerei ancora operativi e richiama le riserve dai depositi. In poco più di 24 ore si organizzano alcuni gruppi caccia. Nella settimana successiva il 122° Squadron della RAF è praticamente il solo ad assicurare la difesa aerea, operando ogni giorno dall’alba al crepuscolo. In sei giorni perde 18 piloti e 23 apparecchi.
L’Operazione Bodenplatte avrebbe potuto essere per gli alleati un disastro ancora maggiore se la Luftwaffe avesse potuto utilizzare piloti più esperti, ma le pesanti perdite dei mesi precedenti avevano costretto i tedeschi a mandare in volo anche molti novellini. È stata l’ultima grande vittoria della Luftwaffe. Cinque mesi dopo la Germania firmava la resa. La guerra in Europa era terminata.
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