Durante lo sbarco in Normandia il comando alleato si produsse in un notevole sforzo logistico per sistemare i quaranta corrispondenti di guerra americani che seguirono lo sbarco. Tra questi c’erano Kenneth Crawford di Newsweek e Robert Capa di Life, che sbarcarono a Omaha Beach; Charles Werthenbaker di Time; Hollbrook Bradley del Baltimore Sun, Noel Monks del Daily Mail, aggregato alla Royal Air Force; Chester Wilmot della BBC, che seguì la VI Divisione aviotrasportata britannica; Joseph Willicombe, sbarcato a Gold Beach con gli inglesi. In Normandia c’è anche Ernie Pyle, una leggenda tra i corrispondenti di guerra. Vincitore di un premio Pulitzer, aveva seguito la battaglia d’Inghilterra, le campagne in Nord Africa e quella in Italia. Perse la vita nel gennaio 1945 durante lo sbarco a Okinawa. A bordo di una delle navi che seguiva la prima ondata c’è il regista americano John Ford, con una troupe di un centinaio di persone della Guardia costiera americana. C’è anche Ernest Hemingway, che sbarca in Normandia con la settima ondata. A sua insaputa, imbarcata su una delle navi che seguivano lo sbarco, c’era Martha Gellhorn, sua terza moglie, unica giornalista donna a documentare il D-Day.



Il più famoso di questi reporter è probabilmente Robert Capa, che scatta le uniche 11 fotografie che documentano le prime ore dello sbarco a Omaha Beach. Molto spesso si legge che Capa arriva a Omaha con la prima ondata. In realtà Capa arriva sulla spiaggia non con la prima ma con la terza ondata, come documentato sia dal giornalista A.D. Colemanm (Alternate Hystory del 12 febbraio 2019), sia dalle memorie di William M. Kays, del 16esimo Reggimento, 1a Divisione di fanteria (Historynet.com), che è ad Omaha sullo stesso mezzo da sbarco di Capa.



Questo nulla toglie al coraggio del fotografo, che come racconta nelle sue memorie, dopo circa un quarto d’ora sotto il fuoco nemico risale su un mezzo da sbarco che sta evacuando i feriti, e a bordo di una nave torna in Inghilterra per inviare a Londra le famose foto. Delle 106 foto scattate da Capa contenute su quei 4 rullini storici ce ne sono state tramandate solo 12, a causa di un errore nel processo di sviluppo della pellicola. Sono proprio queste 12 foto che rimangono nell’immaginario collettivo quando si parla del D-Day. A queste foto si è ispirato Steven Spielberg per i primi venti minuti del suo Salvate il soldato Ryan. Le immagini di Capa non sono perfettamente a fuoco e sono mosse: non deve essere stato facile scattarle sotto il fuoco infernale proveniente dalle postazioni tedesche. Capa legherà a questi scatti il titolo della sua autobiografia, Slightly out of focus (Leggermente fuori fuoco, Contrasto, Aosta 2002).



Capa ritorna in Normandia l’8 giugno, per seguire l’avanzata degli alleati insieme agli altri inviati di guerra, tra cui Hemingway. I due sono protagonisti di un episodio curioso che avrebbe potuto trasformarsi in tragedia. Capa è a Cherbourg insieme a Ernie Pyle e Charles Werthenbaker, aggregati al 47esimo Reggimento di fanteria. Riceve un messaggio da Hemingway, che si trova a Granville, aggregato alla IV Divisione di fanteria. I due, insieme all’autista di Hemingway, a un altro fotografo e al tenente Stevenson, ufficiale addetto alle pubbliche relazioni, partono a bordo di una Mercedes e di una moto con sidecar per raggiungere i reparti più avanzati. Dietro a una curva si trovano faccia a faccia con un carro armato tedesco, che apre il fuoco. L’autista e l’altro giornalista abbandonano la moto e si ritirano. Hemingway si butta in un fosso e, tenuto sotto il tiro del mezzo tedesco, non riesce a muoversi per le successive due ore, fino all’arrivo dell’VIII Reggimento di fanteria. Nella sua autobiografia Capa racconta che Hemingway era furioso: “Non tanto per i tedeschi quanto nei miei confronti, accusandomi di non aver mosso neppure un dito in quella difficile circostanza tanto che avrei potuto benissimo scattare la prima foto da morto dell’illustre scrittore”.

Capa è uno pseudonimo, il suo nome era Endre Ernő Friedmann. Il fotografo nasce in Ungheria nel 1913 da una famiglia ebrea, si trasferisce a Berlino e poi a Vienna e a Parigi. Gli scatti di Capa ripercorrono la storia delle guerre del Novecento: la guerra civile spagnola, la seconda guerra sino-giapponese, la seconda guerra mondiale in Nord Africa, in Sicilia (dove si fa paracadutare il giorno seguente allo sbarco), in Normandia, la liberazione di Parigi. Nel 1947 a New York Capa, Henri Cartier-Bresson, David Seymour, George Rodger e William Vandivert fondano l’agenzia Magnum, una delle più prestigiose del mondo. Capa segue la nascita di Israele e la guerra arabo-israeliana del 1948 e nel 1954 la prima guerra di Indocina, dove perde la vita urtando una mina il 25 maggio 1954.

Tutte le foto di Capa sono incredibilmente affascinanti, tanto che nell’ottantesimo anniversario dello sbarco oltre 300 dei suoi scatti resteranno esposti al Museo Diocesano di Milano fino al 13 ottobre 2024, nella mostra intitolata Robert Capa. L’opera 1932-1954, a cura di Gabriel Bauret.

(1 – continua)

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