Nell’autunno del 1940 il maggiore Ettore Muti è convocato al ministero dell’Aeronautica. Muti, che in quel momento ricopre anche la carica di segretario del Partito nazionale fascista, è anche un esperto pilota, comandante del XLI Gruppo da bombardamento. Tra luglio e agosto 1940, partendo dall’Aeroporto di Gadurrà, sull’isola di Rodi, Muti aveva già compiuto alcune imprese memorabili in territorio nemico. Il 15 luglio con 10 SM-79 del XLI Gruppo bombarda i depositi di petrolio di Haifa, provocando incendi e l’interruzione della corrente in città. Il 21 luglio compie una ricognizione offensiva su Alessandria d’Egitto con il primo Cant Z.1007-bis assegnato al XLI Gruppo. Il 6 agosto con 10 SM-79 bombarda nuovamente il porto di Haifa incendiando i depositi di petrolio e l’oleodotto.
Forse a causa di questi precedenti un colonnello del Gabinetto del ministro dell’Aeronautica propone a Muti di andare a bombardare il centro petrolifero di Manama a Bahrein. La raffineria si trova a circa 2.500 chilometri dalla base di partenza di Rodi. I Savoia Marchetti 79 in quel momento in dotazione al XLI Gruppo non dispongono di una autonomia sufficiente, ma forse utilizzando degli S-82 con un sovraccarico al decollo di tre tonnellate di carburante il volo sarebbe stato possibile. L’autonomia non è sufficiente per rientrare a Rodi, ma dopo il bombardamento si poteva fare rotta su Massaua, in Africa Orientale.
A Muti l’idea piace immediatamente, e ne parla con il generale Francesco Pricolo, sottosegretario del ministero dell’Aeronautica, il quale gli promette di mettergli a disposizione quattro S-82. Nel frattempo, il centro sperimentale di volo di Guidonia prende in carico quattro S-82 e installa i serbatoi supplementari. Ma quando la missione è stata pianificata e ormai tutto è pronto, il capo di Gabinetto generale Urbani comunica l’annullamento. La missione non si deve fare, in quanto presenta troppi rischi e il capo di stato maggiore non vuole assumersene la responsabilità, a causa della presenza a bordo di Muti, che è anche segretario del Partito. In caso d’insuccesso le conseguenze per l’Aeronautica sarebbero state pesanti.
Per una decina di giorni non si parla più del progetto, finché Pricolo, che ha condiviso con Mussolini le sue preoccupazioni, da nuovamente il via libera all’operazione. Il Duce stesso ha rassicurato Pricolo, dicendo che se Muti ed i suoi uomini pensano di poter portare a termine la missione, deve lasciarli fare.
Nel frattempo, a Rodi il gruppo ha ricevuto i Cant 1007-bis in sostituzione degli S-79 ed ha ripreso le missioni di bombardamento sulla costa del Mediterraneo orientale.
A settembre i quattro equipaggi prescelti per la missione nel Golfo Persico rientrano a Ciampino, per l’addestramento sugli S-82. Sono Moci e Raina sul velivolo di Muti. Sugli altri tre velivoli ci sono Federigi, Meyer e Zanetti con i relativi equipaggi. Il 14 ottobre decollano da Ciampino con destinazione Rodi, sperando di poter partire nei giorni immediatamente successivi con la luna piena. C’è però un’ulteriore complicazione: in caso di vento contrario di soli 30 Km/h il maggiore consumo di carburante non avrebbe consentito il rientro, e i velivoli sarebbero stati costretti ad un atterraggio in pieno deserto arabico. L’effettuazione della missione dipende quindi fortemente dalle previsioni atmosferiche favorevoli.
Alle 17:10 del 18 ottobre 1940 i quattro bombardieri decollano da Gadurrà, raggiungono la quota operativa di 3mila metri e fanno rotta verso il Libano. Mentre sopraggiunge il buio i velivoli passano a sud di Cipro. Alle ore 20 sono sopra Beirut e venti minuti dopo sopra Damasco, ultimo punto di riferimento prima della traversata del deserto che li separa dall’obiettivo. Con l’aumentata foschia sia Federigi che Zanetti hanno qualche difficoltà e perdono la formazione, ma riescono in seguito a ricongiungersi con gli altri.
Venti minuti dopo mezzanotte i velivoli sono sulla costa del Golfo Persico, vedono le luci di Ra’s at Zawr, e dirigono verso l’obiettivo. La foschia è in aumento, e sono costretti a scendere di quota per non perdere il contatto con il terreno. Alle 1:30 riconoscono le luci di Ei Katiff (Al Qati). Alle 2:00 dirigono verso le isole del Barhein grazie ad alcuni fari in funzione, e un quarto d’ora dopo sono su Manama (Al Manamah).
All’aeroporto di Manama, sentendo il rumore dei motori di aeroplani in volo, non pensano nemmeno per un attimo all’ipotesi che siano nemici, e accendono le luci della pista per agevolare il possibile atterraggio. Non temendo attacchi nemici a quelle latitudini anche la raffineria di Manama è illuminata a giorno, rendendo ancora più facile agli equipaggi l’identificazione dell’obiettivo, sul quale piombano 132 bombe da 15 kg, piccole ma numerose, adatte a provocare danni diffusi agli impianti da colpire, che riescono a provocare seri danni alle strutture di raffinazione.
Ora la formazione vira indisturbata verso l’aeroporto di Massaua in Africa Orientale. Alle 5 del mattino si trovano nei pressi di Laila (Layla) e Badia (Al Badi). Il deserto arabico davanti a loro presenta uno spettacolo lunare. Alle 6:20, con le prime luci dell’alba sorvolano una serie di catene montuose che li separano dalla costa. Alla loro destra, verso Nord, ci sono La Mecca e Medina. La zona che stanno sorvolando, vicina alla Mecca, è vietata ai non musulmani. Se dovessero fare un atterraggio di emergenza e venissero sorpresi a terra, in quanto cristiani rischierebbero di essere giustiziati dagli islamici. Fortunatamente i motori girano regolarmente.
Alle 7:30 sono sulla costa all’altezza di Wakla e dell’isola di Simer. Un messaggio radio da Massaua li informa che l’aeroporto è sotto attacco. I caccia inglesi Gladiator che stanno operando sopra l’aeroporto italiano in Eritrea costituiscono un pericolo per i quattro S-82, che scendono a volo radente e dirigono quindi sull’aeroporto di Zula, dove atterrano felicemente. Il vento favorevole nella prima tratta ha permesso un volo regolare, e gli aerei vi giungono con un residuo di carburante che consentirebbe ancora una autonomia di circa 30 minuti. La missione è durata 15 ore e 35 minuti, e sono stati percorsi 4.100 km.
In mattinata ricevono la visita del Duca Amedeo d’Aosta, viceré d’Etiopia, che si intrattiene con gli equipaggi: da aviatore è molto interessato ai problemi tecnici affrontati durante il volo. La sera del 23 ottobre i quattro bombardieri ripartono da Massaua diretti a Bengasi. Sul percorso non perdono l’occasione per un lancio di bombe su Porto Sudan. Alle 4:05 atterrano a Bengasi, da dove lo stesso giorno ripartono per Ciampino. All’arrivo trovano il generale Urbani, capo di Gabinetto dell’Aeronautica, che porta agli equipaggi le felicitazioni del capo di stato maggiore Pricolo.
Muti amava il mestiere di pilota più di quello della politica. Qualche giorno dopo, Mussolini gli pose l’alternativa: combattere ancora come pilota o continuare a fare il segretario del partito. Muti rinunciò immediatamente all’incarico di segretario e tornò con i suoi uomini a Rodi per riprendere le missioni di bombardamento. La missione su Bahrein è stato il volo di una formazione di velivoli da bombardamento nella Seconda guerra mondiale nel teatro europeo e africano portato alla maggior distanza dalla base di partenza, sia dalle forze aeree dell’Asse sia da quelle alleate.
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