Prima storia: Chicago, 1931
Negli anni 20 negli Stati Uniti viveva Alphonse Gabriel Capone, comunemente noto come Al Capone, un mafioso italo-americano di origini napoletane. Era soprannominato “Scarface” per una cicatrice sulla guancia sinistra, uno sfregio fattogli anni prima da Frank Galluccio, quando Capone aveva molestato sua sorella, facendo in pubblico pesanti commenti su di lei.
Dal 1925 al 1931 Al Capone era diventato famoso per le sue attività criminali: vendita di alcolici, gioco d’azzardo, sfruttamento della prostituzione e un numero incredibile di omicidi. Nonostante tutto questo, era ancora in libertà, in quanto le accuse a suo carico non potevano essere provate. In precedenza era stato arrestato già due volte, ma le accuse che potevano essere provate nei suoi riguardi non si riferivano alla impressionante catena di omicidi, ma soltanto a reati minori, quali oltraggio alla corte, per i quali aveva potuto essere rilasciato su cauzione.
Aveva un bravo avvocato, il cui soprannome era “Easy Eddy”, che con le sue conoscenze ed abilità legali riusciva a tenere Al Capone fuori di prigione. Scarface lo pagava molto bene, e questo gli consentiva una vita molto agiata. Lui e la sua famiglia vivevano a Chicago in una grande villa con personale di servizio, circondata da una cancellata che si estendeva per un intero isolato. Eddy partecipava alla vita dei capi della mafia di Chicago, pur consapevole delle atrocità che accadevano attorno a lui. Aveva comunque un punto debole: un figlio che amava moltissimo. Eddy faceva in modo che suo figlio avesse il meglio di tutto: vestiti, macchine e una buona educazione. Il costo per tutto ciò non era un problema. Grazie alla collusione ed al supporto fornito alla mafia di Chicago Eddy aveva denaro, potere e salute, e poteva dare alla sua famiglia una vita molto agiata. Nonostante tutto ciò, Eddie si era preoccupato di insegnare al figlio a distinguere il bene dal male. In fondo al cuore Eddie aveva un desiderio: che suo figlio divenisse un uomo migliore di quello che lui era stato.
C’erano però due cose che non era stato in grado di dargli: il buon esempio ed un nome che potesse essere ricordato per qualcosa di nobile. Un uomo che ha la coscienza di ciò che è bene e ciò che è male prima o poi deve far quadrare i conti della sua vita. Così un giorno Eddy capisce che è venuto il momento di riparare alle cose sbagliate che aveva fatto, e decide di raccontare alla polizia la verità sul lavoro che svolgeva per la mafia. Sperava infatti di riparare alla cattiva fama del suo nome, e di dare al figlio un futuro pulito ed una apparenza di integrità. Sarà questo che lo porterà alla decisione di testimoniare in un processo contro Capone, fornendo le evidenze delle sue attività criminali. Il 17 ottobre 1931 Capone viene incriminato per una serie di imputazioni, ma viene ritenuto colpevole solo per evasione fiscale e condannato a undici anni di carcere e a una pesante multa di 50mila dollari. La sua condanna verrà poi ridotta a sei anni e cinque mesi per buona condotta, e prima di aver terminato di scontarla Capone viene scarcerato e rimesso in libertà per motivi di salute.
La condanna di Capone per reati fiscali era stata possibile grazie alla testimonianza di Eddy, pur conscio che una decisione del genere lo avrebbe esposto al pericolo di doverne pagare il prezzo, probabilmente con la vita. Dopo poco meno di un anno il corpo senza vita di Easy Eddy viene ritrovato in un vicolo di Chicago, ucciso da un colpo di pistola.
Seconda storia: 1943, teatro del Pacifico
La Seconda guerra mondiale, come le guerre che l’hanno preceduta e quelle che l’hanno seguita, è stata teatro di numerosi atti di eroismo compiuti da uomini apparentemente comuni. Uno di loro era il sottotenente pilota Butch O’Hare. Nel 1940 O’Hare presta servizio nel VF-3, un reparto caccia imbarcato sulla portaerei Saratoga, dove viene notato dai superiori per le sue eccellenti abilità di giovane promettente pilota. A seguito dell’attacco giapponese a Pearl Harbour (7 dicembre 1941) e della conseguente entrata in guerra degli Stati Uniti, O’Hare passerà alla storia come il primo pilota americano ad acquisire cinque vittorie aeree e quindi la qualifica di asso della caccia.
L’attacco a Pearl Harbour era stato un successo: i giapponesi avevano affondato due importanti navi da battaglia americane, le corazzate Arizona e Oklahoma, e danneggiato in modo più o meno grave altre 13 unità, ma avevano mancato le portaerei, che non si trovavano in rada.
Nei mesi successivi i giapponesi mantengono l’iniziativa nel Sud Pacifico, e l’11 gennaio 1942 la Saratoga, in navigazione a sud delle Hawaii, viene colpita e danneggiata da un siluro giapponese. Il suo reparto di volo viene quindi trasferito sulla portaerei Uss Lexington.
Il 20 febbraio 1942 la Lexington è in navigazione verso Papua Nuova Guinea per attaccare la base giapponese di Rabaul, quando viene avvistata da due idrovolanti giapponesi, che prima di essere abbattuti riescono a segnalare la posizione della portaerei americana. La reazione giapponese è immediata: due formazioni di otto bombardieri Mitsubishi G4M1 “Betty” decollano nel tentativo di affondare la portaerei americana. Gli americani individuano con il radar la prima formazione nemica e lanciano sei caccia Grumman F4F-3 Wildcat per intercettarli. Mentre quattro caccia attaccano la formazione giapponese, i due Wildcat dei tenenti Edward “Butch” O’Hare e Marion “Duff” Dufilho sono lasciati di riserva in caso di un secondo attacco. La prima formazione giapponese viene subito intercettata e dispersa dagli americani, che abbattono otto dei nove Betty. La seconda formazione giapponese, che ha preso una rotta diversa, è in volo e si avvicina quasi indisturbata alla portaerei americana. Sopra di loro, tuttavia, ad una altitudine di 15mila piedi, ci sono ancora in volo i due caccia di O’Hare e Dufilho.
Il Betty è un bombardiere molto veloce, armato con quattro mitragliatrici da 7,7 mm e un micidiale cannone da 20 mm nella postazione di coda. È tuttavia vulnerabile a causa dei serbatoi di carburante poco protetti: i piloti americani lo avevano soprannominato “one-shot lighter“.
Come la maggior parte degli aerei della Marina nel 1940, i caccia americani sono considerati obsoleti rispetto ai bombardieri giapponesi. Il Wildcat è armato con 4 mitragliatrici Browning calibro 0.50 (12,7 mm). Più che sugli aerei, la Marina deve affidarsi alla abilità dei piloti che li portano in volo.
Senza curarsi del pericolo i due Wildcat si buttano in picchiata sulla formazione giapponese. Quando Dufilho preme il pulsante delle mitragliatrici si accorge che ha le armi inceppate. L’altra formazione americana è troppo lontana, e non riesce ad intervenire in supporto. O’Hare è rimasto l’unico in grado di portare un attacco agli aerei nemici che minacciano la portaerei. Si tratta di un azzardo, solo contro tutti, ma sa che può contare su una grande abilità di pilota ed un’ottima mira. L’armamento del Wildcat gli permette di sparare per circa 34 secondi: deve quindi misurare accuratamente i colpi: raffiche brevi e ben assestate. Si avvicina alla formazione nemica di lato per il primo passaggio, apre il fuoco e colpisce uno dei Betty al motore destro ed ai serbatoi del carburante. Mentre l’aereo colpito si piega verso il basso O’Hare inquadra un secondo bombardiere, che colpito prende fuoco. I due bombardieri di testa hanno rotto la formazione e sono temporaneamente fuori gioco. O’Hare decide per un secondo passaggio, abbattendo un terzo Betty e provocando una forte esplosione nel quarto, costretto a sganciare in mare le bombe. O’Hare attacca per la terza volta, abbattendo un altro bombardiere e provocando ingenti danni ad un altro velivolo, costretto a rompere la formazione ed a rinunciare all’attacco. Non pago dei risultati O’Hare tenta un quarto passaggio, ma si accorge che ha finito le munizioni. Sono ormai vicini alla portaerei, e la contraerea della Lexington può aprire il fuoco sugli attaccanti. I quattro Betty rimanenti riescono a sganciare le loro bombe, che però mancano il bersaglio. La Lexington è salva.
Il filmato delle mitragliatrici di bordo e le testimonianze degli altri piloti americani raccontano il resto della storia: Butch ha abbattuto cinque aerei nemici. Ha sparato in media 60 colpi per ognuno degli aerei abbattuti, un risultato conseguito grazie ad un coraggio e ad una mira straordinari. Per questa azione Butch O’Hare diventa il primo asso della Marina nella Seconda guerra mondiale, ed il primo pilota della Marina americana decorato con la Medaglia d’Onore del Congresso.
Un anno dopo, Il 26 novembre 1943, all’età di 29 anni, Butch O’Hare perde la vita durante una missione notturna di attacco contro una formazione di aerosiluranti nemici, per la quale si era offerto volontario. La sua città natale ha voluto mantenere la memoria della abnegazione e del coraggio dei quest’uomo: l’aeroporto O’Hare di Chicago è stato intitolato al suo nome. La sua statua e la sua medaglia d’onore si trovano tra il terminal 1 e 2.
Epilogo
Le storie di questi due uomini hanno qualcosa in comune: il Tenente Edward “Butch” O’Hare era il figlio Edward Joseph “Easy Eddy” O’Hare, l’avvocato di Al Capone.
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