La passione degli inglesi per il calcio è nota a tutti e molti dei reparti inglesi già prima della Prima guerra mondiale possedevano una squadra di reggimento. Dopo le gravi perdite subite dai militari professionisti nei primi mesi di guerra e l’avvio del reclutamento volontario nell’autunno del 1914, i soldati volontari, quelli che vedono ciò che sta accadendo in Francia e in Belgio come una bella e romantica avventura, cominciano ad arrivare al fronte. Ben presto si accorgeranno del contrario. In questi reparti abbondano i giocatori e gli appassionati di football che si portano anche in guerra la loro grande passione. Organizzare una partita dietro le linee diventa così un modo per dimenticare per qualche istante gli orrori della guerra.



Come abbiamo visto nella puntata precedente, non c’è molto da sorprendersi se i reparti del corpo di spedizione britannico sono dotati di palloni da football, sia perché se li sono portati da casa, sia perché qualcuno glieli aveva spediti. Un articolo apparso sul Daily Mirror invitava infatti i lettori a raccogliere denaro per poter inviare al fronte palloni da calcio.



E i tedeschi? La passione per il calcio non risparmia neanche loro. Anche molti dei reparti tedeschi, come quelli inglesi, hanno una squadra di calcio di reggimento. Franz Von Kotsch, comandante del 133esimo Reggimento di fanteria sassone (quelli che fraternizzarono con gli inglesi a Ploegsteert nella Tregua di Natale del 1914) considera il football come parte dei suoi doveri. Scrive nel suo diario: “Uno di nostri più importanti compiti dietro le linee è organizzare giochi per i ragazzi che rientrano dalle trincee”. All’ufficiale tedesco sembra che il fussball si presti perfettamente allo scopo di tenere alto il morale e allo stesso tempo mantenere un buon allenamento fisico.



Tra i britannici non sono soltanto i soldati a condividere quella passione. Per molti di questi uomini e per i loro ufficiali andare in combattimento era come giocare una partita di calcio, e talvolta non esitano, anche nelle battaglie più cruente, ad andare all’assalto con la palla da football al piede. Ci sono almeno due episodi che meritano di essere raccontati. Ci facciamo dunque guidare dal racconto di Giorgio Secchia nel suo volume Il calcio in guerra (Gaspari, 2011).

Il 25 settembre 1915, vicino al villaggio di Loos a sud-ovest di Lille, in Francia, fino ad allora pressoché sconosciuto, si svolge quella che è passata alla storia come la tragica battaglia dell’Artois. Dopo una preparazione di artiglieria durata quattro giorni, nei quali gli inglesi sparano oltre 250mila proiettili, le loro truppe sferrano un attacco supportato dal rilascio di oltre 5mila bombole di gas, come ritorsione all’uso dei gas fatto il mese precedente a Ypres dai tedeschi. Inizialmente il vento è favorevole e soffia verso i tedeschi, ma dopo il rilascio del gas cambia direzione, soffiando la nube asfissiante verso le trincee inglesi.

Il tenente S.F. Major racconta una scena incredibile di cui è stato testimone. Il fuciliere Frank Edwards, diciotto anni, calciatore, estrae dal suo zaino un pallone da football, e lo gonfia con la bocca. Poi sale sul bordo della trincea, e come in una rimessa in campo fatta dal portiere la calcia verso le trincee nemiche. I suoi amici, anch’essi appassionati calciatori, lo seguono. Il gesto fa passare l’impresa alla storia, trascinando gli inglesi entusiasticamente all’attacco. Per alcuni di loro sarà l’ultima partita della vita. Edwards viene ferito a una gamba, ma gli uomini del 18esimo London Irish Rifles conquistano le posizioni nemiche. Il pallone, ritrovato nella trincea tedesca, è oggi esposto nel museo del reggimento, che conserva anche la documentazione della storia. L’impresa di Edwards e dei suoi amici è rievocata anche da un acquarello dipinto da Elisabeth Butler nel 1916, e oggi conservato presso la London Irish Rifles Association.

Un secondo episodio avviene il 1° luglio 1916 in Picardia, sul fronte della Somme. Il capitano Wilfred Percil “Bill” Neville durante una licenza in patria acquista quattro palloni da calcio e li fa spedire al fronte insieme al proprio bagaglio. Il 1° luglio, poco prima dell’inizio dell’attacco, Neville distribuisce i palloni ai quattro comandanti di plotone della sua compagnia. Si dovrà andare all’attacco come se si giocasse una partita, passandosi il pallone e andando avanti. La porta avversaria saranno le rovine del villaggio di Montauban, posto di fronte. Quando gli inglesi escono dalla trincea si trovano sotto il tiro incrociato di due mitragliatrici tedesche. Il capitano Neville, alla testa dell’VIII Surrey, tira il calcio di inizio della partita che sembra sfidare la morte. È il primo a cadere, ma gli uomini seguono il suo esempio e vanno all’attacco calciando la palla fino alle trincee tedesche, e ingaggiando il nemico con baionette e bombe a mano. I palloni sono recuperati nella trincea tedesca, e rispediti a Kingston, al deposito del reggimento. Due di questi palloni sono ancora oggi visibili, uno al National Army Museum di Londra e l’altro al Queen’s Regiment Museum, Howe Barracks, a Canterbury. Gli eventi sono ripresi dai giornali inglesi, in particolare il Daily Mail e l’Evening News. Anche la stampa tedesca riprende i fatti in un articolo pubblicato in prima pagina sul periodico viennese Illustriertes Österreiche Sportblatt del 16 ottobre 1916, con il titolo “Gli inglesi intendono la guerra come sport” accompagnato da un disegno di Richard Caton Woodville. Il disegno originale è oggi conservato al National Football Museum di Preston.

Ma ci sono stati anche altri casi analoghi. Lo storico inglese John Keegan (Il volto della battaglia, Il Saggiatore, 2011) cita un avvenimento analogo avvenuto lo stesso giorno su un’altra parte del fronte della Somme, a circa otto chilometri dal reparto di Neville, di fronte a Thiepval, dove i soldati del 16esimo Northumberland Fusiliers e del 15esimo Lancashire Fusilers vanno all’assalto seguendo la palla calciata da un giocatore della squadra del Notts County.

Un altro evento analogo ha per teatro il Medio Oriente, in Palestina, dove il 31 ottobre 1917 due divisioni di fanteria del decimo Corpo inglese e due di cavalleria leggera neozelandese e australiana, comandate dal generale Edmund Allenby, sono protagoniste di un coraggioso attacco contro le truppe turche che occupano la città di Beersheba. In questa occasione ottocento cavalieri della IV Brigata della Cavalleria leggera australiana, al comando del tenente colonnello Burcher, vanno all’assalto delle posizioni turche armati di baionetta, conquistando i pozzi d’acqua della città (l’impresa è ricordata nel film Lighthorsemen: attacco nel deserto, diretto da Simon Wincer nel 1987). Durante l’attacco il colonnello Arthur “Bosky” Borton, comandante del II Battaglione del 22esimo London Regiment, è testimone di qualcosa di incredibile: mentre la fanteria avanza sotto il fuoco delle mitragliatrici turche, un soldato estrae un pallone da football dallo zaino e comincia a calciarlo verso il nemico. A quel punto gli altri soldati lo seguono e vanno all’assalto passandoselo, e avanzano per oltre duemila metri sotto il fuoco fino alle postazioni tenute dall’artiglieria turca che li guarda stupefatta.

Purtroppo, oggi gli stadi ci riservano scene ben diverse che nulla hanno di eroico negli scontri tra opposte tifoserie, che non contribuiscono certo a nobilitare il gioco del calcio.

(2 – fine)

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