In tutta Asunción è difficile trovare qualcuno che non conosca la parrocchia San Rafael.
Recentemente il parroco, padre Aldo Trento, è stato insignito delle «chiavi della città» con una cerimonia che ha stupito persino la CNN. Ma la fama della parrocchia non si limita alla capitale del Paraguay. A quattrocento chilometri c’è Ciudad del Este, città contrabbandiera e selvaggia per antonomasia. Capita spesso che i giudici del tribunale locale si rifacciano alla legge che concede ai condannati di espiare la pena versando denaro alle iniziative di carità e le opere parrocchiali sono tra le più gettonate.
San Rafael è un posto che vuole assomigliare a una «riduzione», reducción, le comunità degli indios guaraní create nel 1600 dai missionari gesuiti. Il Paraguay è la terra delle reducciones, luogo di vita comunitaria eretto per l’evangelizzazione, la libertà e la difesa degli indios, che vennero però spazzate via a metà del 1700 con la ferocia di un potere invidioso e inumano. Una civiltà sepolta troppo presto e che ai più resta purtroppo sconosciuta.
Padre Aldo viene da Belluno e appartiene alla Fraternità Sacerdotale dei Missionari di San Carlo Borromeo, una delle esperienze più originali nate dal movimento di Comunione e Liberazione. Fu proprio don Giussani a parlare ad Aldo delle reducciones nel momento in cui gli propose di partire nel 1989 per il Paraguay. Questo è un paese pieno di tanti mondi diversi. I pochi ricchissimi e i tanti poveri, gli indios e gli spagnoli, le donne, moltissime senza marito, e gli uomini che una sociologia a buon mercato dipinge come sfaccendati buoni a nulla. Ma soprattutto la città e la campagna. E cioè Asunción, fondata nel Cinquecento dagli spagnoli sulle rive del rio Paraguay, e un paio di altri centri degni di nota, accanto a tutto il resto del paese. Come le altre realtà urbane dell’America Latina anche Asunción si trova a cavallo tra Terzo Mondo e Duemila, ma è più modesta e provinciale delle cugine del Cono Sur.
La vita di San Rafael offre un contrasto spettacolare con i ritmi e le immagini del resto del paese. La gente che popola gli spazi parrocchiali, i volontari, la quantità e varietà di opere di carità, cultura e missione. La scuola, il coro polifonico, la pizzeria, il Centro di aiuto alla vita, la distribuzione di cibo e vestiti e poi il «gioiello» della clinica per malati terminali, lo scrigno che racchiude il cuore di padre Aldo e padre Paolino, che l’hanno voluta sfidando tutto e tutti: la «Casa della Divina Provvidenza» dedicata a San Riccardo Pampuri.
È già stata l’ultima casa per centinaia e centinaia di malati, raccolti dalle strade e dagli altri ospedali che non volevano più tenerli. Un addio alla vita dato tra lenzuola candide e infermiere amorevoli, soccorsi e medicati come in nessun altro luogo, circondati di amore e tenerezza. La clinica, nata nel 2004, col passare degli anni si è allargata più volte. Da allora sono quasi 600 i malati di AIDS (18%), cancro (63%) o altre patologie ospitati dalla clinica, 500 dei quali accompagnati alla morte. Ridare dignità umana a questi poveri abbandonati è una delle sfide principali della clinica.
Ma la San Riccardo non è l’unica opera nata in seno alla parrocchia San Rafael. Da essa si dipana una lunga catena di opere caritatevoli realizzate grazie al contributo privato e personalissimo della gente. La casa di accoglienza Padre Pio raccoglie malati di AIDS emarginati e abbandonati che non hanno un luogo dove vivere. Il policonsultorio Juan Pablo II nato nel 2002, che, con la carità di alcuni amici medici, offre assistenza sanitaria gratuita (14.872 le persone assistite dall’ambulatorio tra il 2003 e l’aprile 2008). Ma la lista di iniziative è difficile da esaurire. 
Ultima arrivata è la Casita de Belén, creata per accogliere i bambini a rischio, innanzitutto gli orfani di mamme e papà morti nella Casa della Divina Provvidenza. Fondata l’8 febbraio 2008, la casa ospita 20 bambini tra i 3 e gli 11 anni. Qui hanno trovato nuovi genitori, persone che si occupano della loro salute, dell’alimentazione e del loro sviluppo integrale.
Padre Aldo li saluta tutte le mattine prima di andare a scuola, il cuore giovane della parrocchia, frequentata da duecento bambini di famiglie povere, aiutati dal sostegno a distanza dell’AVSI.
 



(Tratto dal libro Lo sviluppo ha un volto. Riflessioni su un’esperienza a cura di Roberto Fontolan, con l’introduzione di Alberto Piatti – Edizioni Guerini e Associati)

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