Tre mesi fra dramma e speranza all’Aquila. Novanta giorni di Via Crucis e le stazioni continuano con altre scosse di terremoto. Le circostanze non sono mai neutre per la vita di un popolo. Le circostanze inchiodano il nostro io sulle domande fondamentali dell’esistenza.
Giorni indimenticabili descritti così da Giustino Parisse, il giornalista de Il Centro che più di tutti ha rappresentato il dramma del nostro popolo attraverso la perdita di due figli: «Non hai più nulla, nemmeno la forza di gridare. Eppure sei vivo. Ti guardi intorno e vedi solo l’orrore. Devi ricominciare, ma non sai da dove. Stilare un bilancio è complicato. I bilanci hanno le entrate e le uscite. Difficile farlo se ci sono solo le uscite, se hai perso persone care, beni materiali, il tuo mondo. A questo nessuna ricostruzione potrà servire. Quando sento parlare di terremoto noto che spesso ci si dimentica delle vite che non ci sono più. Tutto diventa una sorta di spettacolo e lo spettacolo come sempre deve continuare…».
Sembra che la speranza venga meno. Sembra che l’incertezza prevalga. Come una nebbia sul rapporto con la realtà presente e futura. Un peso di incertezza. Il compimento del destino diventa incerto nella prova. Quando consegni la vita dei tuoi figli la prova è il vertice dell’offerta. C’è bisogno di una presenza dentro la prova. C’è bisogno di sperimentare una bellezza carnale dentro la prova. Per capire che non sono le prove a definire la vita devi incontrare una esperienza umana che abbraccia tutto il tuo essere senza censurare niente. Questa esperienza di commozione fa ricominciare a domandare tutto.
Raccontava ancora Parisse: «Il sei aprile è come se qualcuno avesse deciso di farti rinascere dopo averti spogliato di tutto ciò che nella vita precedente avevi cercato di costruire. Ci si sente come un bambino: si aprono gli occhi al mondo, si vedono persone che si muovono, gente indaffarata e non si capisce perché questo accade. Eppure accade e quindi se ci sei non puoi tirati indietro». Questa è l’esperienza del ricominciamento dentro la realtà. Nessun terremoto, nessuna perdita riescono a censurare gli occhi spalancati verso tutta la realtà. La prova e il dolore sono un segno anch’essi. Siamo fatti per la bellezza. La bellezza è legata alla coscienza che essa abbia un senso, un destino buono. La bellezza è per introdurti di nuovo a guardare tutta la realtà.
Dalla bellezza un centinaio di volontari desiderano ripartire da lunedì 13 luglio nelle tensostrutture di Colle Sapone fino alla fine di agosto. Il Progetto aquilano promosso da Diesse (Associazione professionale di insegnanti) approvato dal Ministero della Pubblica Istruzione strutturerà spazi che permettano occasioni di incontro tra i bambini, i ragazzi, le famiglie e la popolazione del territorio.
Dal lunedì al sabato dalle ore 9:00 alle 13:00 e dalle 16:00 alle 19:00 una città nella città. A richiesta i ragazzi verranno accompagnati con i pulmini. Il laboratorio più importante sarà quello dell’incontro quotidiano tra persone che desiderano camminare insieme. Un’esperienza di accoglienza e di educazione di bambini, ragazzi, studenti universitari, insegnanti, dirigenti scolastici e famiglie che incrementeranno l’io incontrando lo sport, la musica, il teatro, la danza e il colore, l’incontro con le discipline. Si favoriranno tutti quei percorsi tesi a ridestare un interesse, una ripresa, un cammino interrotto.
Una città nella città collocata nelle tensostrutture vicino alle scuole aquilane. Un cantiere aperto ad attività didattiche, spettacoli, incontri con artisti fino all’esplorazione delle stelle. L’origine di questa avventura è uno sguardo d’amore, una ricchezza di vita, una passione per l’umano che si comunica a chiunque si incontri, a chiunque la continua a mendicare. Ricominciare dalla bellezza all’Aquila prenderà la forma di una compagnia come certezza affettiva, cioè come un luogo, come “casa” in cui c’è una speranza per la vita di tutto il popolo.