La “città dei ragazzi” è un luogo dove la speranza è il cemento della ricostruzione.

Da Colle Sapone si vede il Monte Perino noto per la faglia che attraversa l’omonimo quartiere, popolato da circa diecimila persone ed ora pressoché deserto. Di fronte c’è la pineta di Roio, epicentro della scossa drammatica del sei aprile.

Il cuore pulsa tra le due tensostrutture e la palestra dell’Istituto industriale aquilano. La preside Colagrande ha messo a disposizione le strutture della scuola riconoscendo la rilevanza educativa dell’iniziativa. Qui la vita s’impara nel concreto, non teoricamente. Lo studio assistito, il canto, il racconto, la creta, l’osservazione del cielo, gli esperimenti scientifici, la palestra, i tornei di calcetto e di pallavolo, il corso di chitarra, il giocare con la lingua, il giocare e ballare insieme, gli aperitivi con le famiglie, la gita per tutta la giornata del sabato, la vita-vita. Guardare i fatti che stanno accadendo vuol dire riconoscere l’evidenza che il terremoto ha svegliato tutti dal torpore e dalla distrazione, dalla fuga sistematica dalla realtà. I genitori guardando l’accoglienza quotidiana che sperimentano i loro figli sono costretti a venire allo scoperto.

Ogni giorno riconoscono la soddisfazione dei loro figli per l’avvenimento educativo che vivono. Da qui il passaparola continuo tra le famiglie che ogni giorno arrivano al campo. Centinaia di persone ogni giorno affollano il campo. Ogni settimana ha il suo tema che muove il tempo e lo spazio. «La vita quotidiana è la più grande delle avventure…ma solo l’avventuriero la scopre». Questo iniziale tema sta caratterizzando tutte le altre settimane. Una città nella città che vive una vera festa.

Il cuore dei volontari, il cuore dei bambini e dei ragazzi, il cuore dei genitori pulsa per una corrispondenza incontrata. Nel campo è evidente la grande immagine di Icaro. «Il nostro cuore è questo desiderio, ma noi siamo limitati e tutto quello che facciamo è piccolo, è limitato, è incapace di soddisfare questo desiderio dell’infinito».

Nel campo è evidente una corrispondenza continua con una Presenza infinita, ampia e profonda quanto il nostro desiderio infinito. In questi giorni andando a pranzo abbiamo visto Lorenzo, studente del tecnologico dell’Aquila che parlava con i vigili. «Ti hanno fatto la multa?», gli abbiamo chiesto quando ci siamo incontrati nel pomeriggio. «No, stavo chiedendo il permesso di volantinare le iniziative della “città dei ragazzi nei bar dell’Aquila”», ci ha risposto immediatamente spiazzandoci e sorprendendoci ancora una volta. E infatti nel pomeriggio arriva all’aperitivo spagnolo con due sue amiche, Francesca e Mariachiara. «Che cosa sta vedendo Lorenzo in questi giorni che lo spinge a muoversi cosi?», ci siamo chiesti ripetutamente, ripensando a quello che è successo. La sequela di un avvenimento educativo che uno incontra è giocare il senso di se stessi. Il seguire diventa un lavoro, perché colui che segui ti mette davanti il significato di te, ti sveglia dal torpore, dalla tua distrazione, dalla fuga di te stesso. La città dei ragazzi rilancia il gusto dell’avventura educativa, il gusto del vivere dentro una circostanza drammatica che segna i volti di ogni protagonista nel campo. Siamo stati costretti a venire allo scoperto.

Sconvolge il fatto che ogni bambino, ogni ragazzo tutte le mattine è accolto da un boato. Non si tratta di “elaborare il lutto”. Il bello di quest’esperienza è che si possono incontrare volti e fatti che cambiano l’ordinario modo di vivere la realtà di tutti i giorni. Il ricominciare dalla bellezza è il ricominciare da un cammino che non censura nulla di quello che è successo. Dallo spaesamento, dall’essere “sfollati” ci ritroviamo ad affrontare le circostanze con la certezza sul presente. La certezza del futuro è basata su una cosa presente che riconosci con certezza. Questo è stato evidente nella festa organizzata in un campo a Sassa, una frazione dell’Aquila. I volontari della città dei ragazzi insieme ad alcuni universitari hanno cantato per tutta la notte con la popolazione. È stato commovente quando Claudio, un volontario bergamasco con la sua zampogna ha improvvisato, quasi ironicamente, la melodia “Tu scendi dalle stelle”. Cantando i volti hanno manifestato tutto il dramma di un popolo che ricomincia a vivere il rapporto con il Mistero incarnato. Alla fine della festa hanno espresso il desiderio di celebrare con i volontari e con quei canti la festa del Santo Patrono il 16 aprile: San Rocco.

La povertà del popolo abruzzese è l’uso della realtà secondo il destino che con sicurezza ci è proposto e ci attende.

(Angelo Lucio Rossi)