Castelbolognese, provincia di Ravenna. Tranquillo e pacato, Giampaolo Dal Pane racconta la storia della sua azienda con lo stesso spassionato distacco con cui si parlerebbe di qualcun altro, e non di un’impresa, quella sua e di suo fratello, che vende kiwi alla Nuova Zelanda. Dal Pane Vivai produce le piante e Summerfruit si occupa della commercializzazione delle piante e dei frutti. Tutto ruota intorno al marchio Summerkiwi, il bollino che sigilla la «trovata» dei fratelli Dal Pane: una varietà di kiwi a maturazione precoce. Che frutta al gruppo 5-6 milioni di euro di fatturato.



«La mia era una famiglia di mezzadri – racconta Dal Pane -. Nel 1973 mio padre comprò i primi nove ettari di terreno. Ma il kiwi è venuto dopo, nel 1979. Fino ad allora non sapevamo nemmeno cosa fosse l’actinidia (la pianta del kiwi, ndr). Mio fratello faceva una scuola agricola, la stessa che poi ho fatto anch’io. Lì si parlava di questo nuovo frutto, ma allora nessuno o quasi in Italia sapeva cosa fosse. Piantammo il primo ettaro nel ’79 e iniziammo ad avere i primi frutti nell’’82. La cooperativa di cui facevamo parte, la Paf (Produttori agricoli faentini), consigliava ai suoi soci di puntare su questa novità. Aveva ragione».



Dal Pane non solo produce kiwi ma diventa anche vivaista e nel giro di qualche anno è leader in Italia. in quel periodo il frutto è di una sola varietà, un kiwi verde di nome Hayward, che si raccoglie in tutte le zone d’Italia dopo il 20 di ottobre e che ancora oggi è più del 90 per cento del kiwi in commercio. Nel frattempo, tra alterne vicende, prende forma il progetto di fare assistenza sul prodotto e di commercializzarne le diverse qualità usando un marchio, Summerkiwi, e un’azienda apposita di distribuzione, Summerfruit.

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Poi il salto. Dal Pane ricorda ancora oggi la data e l’ora, perché quello fu davvero un giorno particolare. «Nel 1999 la scuola dove Maurizio e io avevamo studiato aveva fatto una ricerca per studiare nuove varietà di kiwi. Ce n’era una che maturava molto prima e aveva un sapore più buono e gradevole, meno acida e con più zucchero». È il debutto di un nuovo kiwi, il Summer. «Il 6 ottobre 1999, in uno scantinato, alle dieci di sera, un tecnico ci fece vedere questa pianta e questi nuovi kiwi, più piccoli. Due giorni dopo dovemmo decidere se comprarla o meno. Non era una scommessa da poco, perché una varietà nuova a quell’epoca non era mai stata pagata così tanto. Comportava un esborso importantissimo da farsi nel giro di un anno, pari al 20 per cento del nostro fatturato annuo. Con un dettaglio non da poco: chi poteva sapere se era davvero commercializzabile?»

 

Dal Pane brevetta la varietà e ne inizia lo sviluppo. Fino al 2000 Dal Pane è un’azienda solo italiana con 24 ettari di terreno piantati a pesche e kiwi. Ora ai vivai di Castelbolognese si aggiungono quelli di Zevio, in provincia di Verona, e di Latina. Non solo. Cominciano ad arrivare richieste da tutto il mondo, in particolare da Argentina e Cile. Prima però si guarda alla Francia. «Le prime nostre 50 piante le abbiamo mandate in Francia perché è un mercato che riconosce i prodotti di qualità alta molto più dell’Italia». Il Summer funziona: Dal Pane fa una partnership con la prima azienda del mercato francese, pianta 200 ettari di kiwi e dà vita a Summerkiwi France. Poi è la volta del Sudamerica. «Nel 2006 venni contattato da un cileno che voleva conoscere la nostra varietà. Per farla breve, abbiamo innovato completamente il sistema cileno di impiantare, riducendo di due anni il periodo che passa tra l’impianto e la produzione».

 

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Il sistema ha successo. Viene calibrato sulle esigenze del cliente, in una struttura a rete che crea valore per tutti. Del resto non poteva essere diversamente per un’azienda piccola, che non può porsi l’obiettivo di allargare semplicemente il mercato di vendita, ma deve centrare tutto sulla valorizzazione e l’originalità del prodotto. L’intero progetto è costruito sulla nuova varietà: «Dal Pane Vivai fa il lavoro di sviluppo della varietà, Summerfruit detiene il marchio e sviluppa la parte commerciale. Diciamo al produttore: tu commercializzi il prodotto attraverso i nostri canali e noi o i nostri sul posto ti diamo l’assistenza che ti serve. Così trasferiamo il nostro know how tecnico alle aziende che fanno le convenzioni con noi».

 

«Io punto molto, anzi praticamente tutto – spiega Dal Pane – sul rapporto con le persone con le quali lavoro. Mi piace costruire rapporti di fiducia in giro per il mondo e fare le cose con gli altri mi dà le soddisfazioni più grandi. Non dico mai di avere la soluzione in tasca, al contrario sono io stesso a mettere in evidenza le criticità. Per esempio dico subito che il Summer ha bisogno di più acqua e in certe parti del Sudamerica questo può essere un problema costoso. Se disidrato 100g di Summer rimangono 20g di materia, ma se disidrato 100g di Hayward ne rimangono solo 14 o 15. Sembra nulla, ma quei 5g in più sono quelli che fanno la differenza e il sapore del Summer. Lei consideri – va avanti Del Pane con un pizzico di orgoglio – che i neozelandesi per aumentare di un punto la sostanza secca nell’Hayward, passando da 15 a 16g, hanno speso in una ricerca 4 milioni di dollari. Mentre io ho in tasca un kiwi che fa 20 g di sostanza secca…»

C’è l’altro lato della medaglia: il Summer è più piccolo e per questo sul mercato fa più fatica. «In Cile – il terzo produttore mondiale, dopo Italia e Nuova Zelanda – però l’ho spiegato. Ho messo intorno ad un tavolo le prime sette aziende produttrici, giganti da 200, 250 milioni di dollari di fatturato. E mi sono venuti dietro. Per forza le dico che mi gioco tutto nel rapporto con gli altri».

 

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Lo sbarco in Nuova Zelanda è inevitabile. Nel 1992, in seguito ad una crisi molto forte, lo stato intervenne per aiutare i produttori di kiwi. Il risultato fu che essi potevano commercializzare solo attraverso una società che si chiama Zespri. Un monopolio unico a livello mondiale, perché fuori da Nuova Zelanda e Australia i kiwi escono solo col marchio Zespri mentre la Ciquita, per intenderci, non ha il monopolio delle banane dell’Ecuador. «Due anni fa abbiamo fatto un accordo con un’azienda neozelandese che è l’unica in Nuova Zelanda a non essere in mano a Zespri. Certo questi sono dei fenomeni, in tutti i sensi. L’altro giorno in fiera a Berlino è venuto da me uno dei capi di Zespri e mi ha detto che ‘io sono parte del loro problema’. Cerco di costruire buoni rapporti con tutti, ma – come vede – non sempre ci riesco (ride)».

 

Presto, dice Dal Pane, mangeremo kiwi rosa e kiwi rossi. Lui stesso sta lavorando a nuove varietà, che ha già assaggiato ma che non sono ancora sul mercato. E la crisi? C’è anche per l’agricoltura, anche se viene sempre dopo quella delle borse. «A livello di fatturato non siamo stati ancora penalizzati, ma penso che il 2010 sarà difficile, perché con la disoccupazione crescente diminuirà la capacità di acquisto e la frutta viene per ultima. Io credo – dice ancora Dal Pane – che quello che abbiamo fatto vada nella direzione giusta: creare una serie di rapporti che possono aiutare tutti e dai quali tutti possono trarre un beneficio. Diventare amici genera una dinamica diversa negli affari, più rispettosa di quello che siamo come persone. Ma se ne giovano anche gli affari. Certo questa crisi sta dando a tutti una grande lezione di realismo, perché quando le cose non vanno bene uno si pone delle domande. E intorno a me la gente mi sembra più attenta a percepire il positivo nelle cose, che con la crisi non è sparito; si trova solo più nascosto».

 

Il nostro dialogo si avvia alla conclusione. Dal Pane mi accenna ad un kiwi giallo di produzione e brevetto cinese, il Jintao. Anche la Cina ha un suo kiwi? Figurarsi, bastava pensarci un attimo. Non poteva essere diversamente. «Sì, siamo dentro un consorzio che fa questo kiwi giallo» conclude Dal Pane. Ma questo è una altro capitolo.

 

(Federico Ferraù)