Lo scorso 21 maggio a Kampala, dopo aver partecipato a una tavola rotonda sull’educazione di qualità nei paesi in via di sviluppo, ho inaugurato la scuola secondaria intitolata a Don Luigi Giussani.
Rose Busingye ha spiegato che “l’idea di costruire una nuova scuola nasce dal fatto che nessuno educa i ragazzi a riconoscere il loro valore e la loro dignità. Nelle scuole questo non succede. Soprattutto in Africa i ragazzi sono trattati male, spesso picchiati, ed escono che sono peggio degli altri. Quello che invece è importante è un rapporto che riconosce il valore dell’altro, dove l’altro non deve diventare lo schiavo delle tue idee, dove l’educatore ti deve accompagnare al tuo destino”.
Quello di Rose è un ritratto della sfida con cui si confronta la nostra società. L’opera che è appena nata è il frutto del lavoro di persone che devono costituire un esempio per chi gestisce una scuola o addirittura un intero sistema scolastico. Per educare oggi non dobbiamo dare per scontato il soggetto, cioè il giovane o l’adulto di fronte a noi.
Inoltre non dobbiamo considerare ovvio il fatto che questo giovane o adulto possiede nel profondo il desiderio di imparare. Anche se non è cosciente del desiderio, è dentro di lui. Un insegnante può iniziare a risvegliare quel desiderio dello studente solo se non dà per scontato lo studente stesso. Allo stesso modo nessuna istituzione, né la Chiesa né il governo, possono dare per scontato l´interesse delle persone.
I giovani stanno pagando a causa dello scetticismo di adulti che pensano come Malraux che “non c’è nessun ideale per cui valga la pena sacrificarsi, perché tutti sono bugiardi e nessuno conosce la verità”. Senza una verità convincente e credibile da proporre, gli adulti non risveglieranno l’interesse dei giovani, perché sapranno che gli adulti non credono in quello che dicono.
Gli studenti hanno bisogno di essere introdotti alla totalità della realtà e di mostrare la sua rilevanza per la loro vita. L’educazione non è altro che rispondere alla domanda di senso che nasce da un incontro con la realtà. Se abbandoniamo questo a favore della neutralità stiamo fondamentalmente abbandonando l’educazione. Abbandoniamo ciò che é necessario per essere pienamente umani.
Sarebbe irrazionale dare a un bambino un giocattolo e non dirgli come funziona. Abbiamo ricevuto il più bel dono che l’uomo possa ricevere, la vita, ma non abbiamo le istruzioni di come funziona la vita. Un insegnante può dare questa ipotesi di significato in modo ragionevole solo come autorità. E l’autorità è chi ti aiuta a crescere.
La grande sfida che abbiamo di fronte a noi è se siamo in grado di offrire qualcosa che sia abbastanza attraente da risvegliare la ragione e la libertà della persona. Offrire questo non è un’imposizione. È semplicemente il più grande servizio che possiamo dare ai nostri giovani. È la stessa cosa di quello che un padre desidera per i propri figli. Solo in questo modo possono ringraziarci per avergli donato la vita, perché sarebbe ingiusto introdurli in questo mondo senza offrirgli un’ipotesi di significato.
Che cos’è la verità? Nessuno ha questa risposta. Ma possiamo incontrarci e riconoscere la verità e siamo tenuti a servirla. La verità è un uomo che offre se stesso, che ci viene incontro, che ha un giudizio sulla realtà. È quell’uomo il cui cuore è destato dallo spirito e capace di sfidare il mondo oltre il suo male. E andando oltre il suo male c’è la responsabilità di costruire il bene per tutti.