NEW YORK – Maria e Luigi aspettano la loro prima bimba, Aura, che nascerà tra qualche settimana. In un colloquio con me e un collega cardiologo, abbiamo comunicato loro che Aura ha una cardiopatia congenita molto complessa e purtroppo inoperabile, anche in un centro eccellente come il nostro, la Columbia University di New York. Non solo il suo cuoricino si è sviluppato solo per metà, ma le vene che collegano i polmoni al cuore non si sono sviluppate.
Sono stupita di come Maria e Luigi siano incredibilmente tranquilli durante il colloquio. Ascoltano con attenzione la descrizione dell’ecografia fetale. Per far capire bene la severità della situazione il cardiologo disegna su un pezzo di carta la struttura del cuore vista all’ecografia e fa il paragone con la struttura “normale” del cuore di un neonato. Poi io offro una descrizione di come la loro bimba sarà al momento della nascita. Spiego che certamente sarà una bimba bellissima, all’inizio rosa confetto, ma col passare dei minuti e delle ore il suo color cambierà e diventerà pian piano blu perché il suo cuoricino non potrà aiutare ad ossigenare. Aggiungo anche – e mi si stringe il cuore – che prevediamo una vita molto breve. Maria e Luigi continuano ad essere sereni. Alla fine del colloquio chiediamo se hanno domande e loro dicono che hanno capito molto bene e ringraziano per le spiegazioni dettagliate. E poi aggiungono “Abbiamo capito benissimo la condizione cardiaca della nostra bimba. Noi crediamo in Dio e accettiamo Aura così come è, però stiamo pregando per un miracolo e ci aspettiamo che Dio farà questo miracolo e questa bimba nascerà con un cuore completamente normale”. Sia io che il cardiologo supportiamo questa speranza a viva voce, però abbiamo la morte nel cuore.
Arriva il gran giorno. Aura nasce proprio bene, è molto carina e color rosa confetto, piange a pieni polmoni, poi si calma facendo skin-to-skin con la sua mamma. Luigi mi guarda con orgoglio, è il miracolo! Io sorrido, abbraccio mamma e papà e dico, “Adesso sarà Aura a decidere, seguiamo lei!”. Aura va con la mamma e il papà nella cameretta del post-partum dove la celebrazione del miracolo continua. Alcune ore dopo vengo chiamata dall’infermiera, la famiglia vuole che io controlli Aura. Mi batte il cuore, so cosa sta succedendo. Per un momento avevo sperato l’insperabile anch’io… perché no? Dio può tutto.
Entro nella cameretta e vedo Aura che dorme tranquilla, però il suo colore è cambiato, non si muove più e respira appena, come si era previsto. La mamma la tiene in braccio e piange, Luigi mi dice “Dottoressa, come la vede? Cosa pensa del suo colore?”. Tra me e me penso, ecco il miracolo non c’è stato, la realtà è che Aura sta morendo perché ha questa malattia terribile e non operabile al cuore, che tristezza… vorrei tanto poter dire che è solo un momento di crisi e poi Aura si riprenderà, oppure che magari si può tentare di operare, ma non posso, non è realistico. Mi faccio coraggio e spiego nel modo più dolce possibile che Aura ci sta lasciando, il suo cuore è troppo malato e non ce la fa. Luigi mi dice, quasi mi leggesse nel pensiero, “Guardi dottoressa che il miracolo è successo, Aura è venuta al mondo, ha conosciuto i suoi genitori e ha vissuto la sua vita con noi in famiglia, però ora Dio l’ha voluta chiamare e noi accettiamo”.
Io non ho parole, li abbraccio in silenzio, commossa dal mistero di quella piccola vita che va al suo destino accompagnata dai suoi genitori. Imparo da Maria e Luigi che la realtà è più vera e più profonda della mera apparenza, che la vita è un miracolo sempre, nell’abbraccio di Colui che ci chiama alla vita e all’incontro con Lui.
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