Il primo maggio 1933 in Union Square a New York, durante la tradizionale manifestazione per il lavoro organizzata dal partito comunista e dai sindacati, un esiguo gruppo di attivisti e attiviste iniziò a diffondere, al costo di un centesimo di dollaro, una rivista dal titolo Catholic Worker. L’articolo di fondo, che poi costituisce il primo di quelli che sarebbero diventati gli Easy Essays di Peter Maurin, si intitolava “Far esplodere la dinamite”:
“Scrivendo a riguardo della Chiesa Cattolica uno scrittore radicale dice: ‘Roma dovrà fare di più che giocare in attesa; dovrà usare un po’ della dinamite contenuta nel suo messaggio’. Far esplodere la dinamite di un messaggio è l’unico modo per rendere un messaggio dinamico. Se oggi la Chiesa Cattolica non è la forza sociale dinamica dominante è perché gli intellettuali cattolici non sono riusciti a far esplodere la dinamite della Chiesa. Questi hanno preso la dinamite della Chiesa, l’hanno avvolta in una bella fraseologia, l’hanno posta dentro un contenitore ermetico e si sono seduti sul coperchio. È giunta l’ora di far saltare il coperchio così che la Chiesa cattolica possa di nuovo diventare la forza sociale dinamica dominante”.
Questo messaggio e questa fiducia nella capacità rivoluzionaria del messaggio cristiano, di essere fattore incidente nella situazione sociale, è certamente uno dei segni distintivi del movimento del Catholic Worker, nato 90 anni fa negli Stati Uniti ad opera di due straordinarie figure del laicato cattolico: Peter Maurin (1877-1949), francese di origine, propagandista delle idee del personalismo, e Dorothy Day (1897-1980), giornalista convertita in età adulta alla fede cattolica, dopo una giovinezza dedicata a promuovere le idee sociali “radicali”, prossime a quelle di comunisti e anarchici e dei difensori dei diritti degli emarginati. Bisogna pensare anche al contesto di quegli anni, quando larga parte del popolo subiva i gravissimi disagi imposti dalla depressione.
Maurin e Day tanto erano radicali sui temi dei diritti dei lavoratori e degli emarginati, quanto lo erano nell’assunzione del Vangelo come parametro di vita, ponendo come primo obiettivo la pratica delle opere di misericordia. L’incontro tra le loro personalità, avvenuto, almeno per Dorothy Day, per sua esplicita ammissione, in modo provvidenziale nel dicembre del 1932, diede inizio effettivamente a quella che amavano chiamare “una nuova società nel guscio di quella vecchia”.
Ma quali erano i principi e gli obiettivi concreti per operare questo cambiamento della società in una migliore, dove fosse più facile per tutti essere più buoni? Ecco una sintesi dei punti elaborati da Maurin, cui spetta la definizione della parte programmatica del Catholic Worker, sostenuta dalla capacità organizzativa e giornalistica di Dorothy Day:
1. il personalismo gentile del cattolicesimo tradizionale;
2. il dovere personale a venire incontro ai bisogni del prossimo;
3. la pratica quotidiana delle opere di misericordia;
4. le Case di ospitalità per il soccorso immediato dei bisognosi;
5. la creazione di comunità agricole dove ognuno lavori secondo la propria capacità e ottenga secondo i suoi bisogni;
6. la creazione di una nuova società nel guscio di quella vecchia, con la filosofia del nuovo.
Tre concetti stavano poi alla base della posizione umana e sociale degli aderenti al Catholic Worker, espressi dalle “3 C”: culto, cultura e coltivazione. Culto perché senza l’appartenenza alla Chiesa e il recepimento del suo messaggio, la persona risulterebbe privata sia della capacità di operare scelte radicali come quella della povertà e della condivisione, sia di superare nella fede momenti di difficoltà e di insuccesso; cultura perché il lavoratore deve conoscere le problematiche della realtà in cui vive e le proposte di soluzione elaborate dal magistero della Chiesa cattolica nelle sue encicliche sociali, per cui è necessaria un’attività di formazione continua; coltivazione perché per sfuggire all’alienazione imposta dal modello di lavoro capitalista e comunista, va operato un ritorno alla terra e al lavoro manuale, dove l’uomo sia protagonista e responsabile del sostentamento proprio e della propria famiglia e non mero esecutore di ordini dall’alto.
Di pari passo con la diffusione del giornale, accolto da subito in modo molto favorevole dalle comunità locali degli Stati Uniti, furono create le prime case di accoglienza per le persone prive di abitazione con distribuzione gratuita di pasti quotidiani e anche le prime fattorie e comunità agricole. Parimenti furono previsti momenti periodici di discussione ed anche di formazione religiosa. Maurin proponeva la formazione di “missionari sociali”, con il compito non di aiutare la gente ad adattarsi all’ambiente esistente, bensì di insegnare ad essa la difficile arte di creare ordine dal caos.
Accanto a queste attività educative e caritative, sempre sulla scia dei consigli evangelici, il Catholic Worker si fece da subito promotore di una posizione pacifista molto avanzata, che tuttora contraddistingue i suoi membri. Guerra civile spagnola, seconda guerra mondiale, guerra di Corea, guerra fredda videro il Catholic Worker esporsi in una condanna esplicita di ogni entrata in guerra, fino al punto di esercitare l’obiezione di coscienza e il rifiuto della coscrizione militare. La stessa Dorothy Day fini varie volte in carcere per aver disubbidito negli anni 50 alle esercitazioni obbligatorie contro il pericolo di attacchi atomici.
Un altro segno distintivo è rappresentato dalla ricercata autonomia dallo Stato e dalle sovvenzioni statali nelle questioni sociali, viste come un velato ricatto alla propria libertà di azione, che doveva essere svolta anche con sacrificio personale ed economico degli aderenti.
Non possiamo qui dilungarci oltre se non suggerire, per chi desidera approfondire l’argomento, alcuni riferimenti. Il primo è costituito dall’ultima recente e documentata biografia di Dorothy Day Siamo una rivoluzione (Jaca Book, 2021) opera della giornalista dell’Osservatore Romano Giulia Galeotti, dove il “siamo” mette in risalto come l’opera del Catholic Worker non coinvolga solo la Day.
Come secondo riferimento si rimanda al sito www.dorothydayguild.org che segue la pratica di beatificazione in corso di Dorothy Day. La pratica ha già superato la fase di esame diocesano a New York ed è stata trasmessa a Roma in Vaticano per i successivi esami di rito che dovranno anche verificare la sussistenza di eventuali miracoli attribuiti a lei, attualmente riconosciuta come “serva di Dio”.
Non a caso Papa Francesco, nella sua visita del 2015 al Congresso americano a Washington citò proprio Dorothy Day tra le personalità eminenti che stanno alla base dello spirito americano, insieme al frate trappista Thomas Merton, ad Abraham Lincoln e a Martin Luther King.
Concludendo questi brevi cenni di una storia, quella del Catholic Worker, che continua la sua presenza e testimonianza cristiana anche oggi negli Stati Uniti e in altri continenti, Europa compresa, riportiamo la preghiera composta per la beatificazione di Dorothy Day:
Dio nostro Padre,
la tua serva Dorothy Day testimoniò la fede cattolica
attraverso la sua vita di preghiera, povertà volontaria, opere di misericordia,
testimone della giustizia e della pace del Vangelo di Gesù.
Possa la sua vita ispirare il Tuo popolo
A volgersi a Cristo come suo Salvatore,
a vedere il Suo volto nei poveri del mondo,
e a sollevare la propria voce per la giustizia del regno di Dio.
Prego perché la sua santità venga riconosciuta dalla Tua Chiesa
E che Tu esaudisca la seguente grazia che umilmente io chiedo
attraverso la di lei intercessione (qui menzionare la grazia richiesta):
lo chiedo per Cristo nostro Signore.
Amen.
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