Il 5 ottobre 1989 Václav Havel compiva 53 anni. L’atmosfera nella Cecoslovacchia comunista, pur nella speranza del cambiamento sull’onda delle politiche di Glasnost e Perestrojika lanciate da Gorbaciov in Urss, non lasciava intendere che in poche settimane il regime sarebbe arrivato al capolinea. La Polonia era già riuscita a chiudere il lungo e buio capitolo comunista della propria storia con il rientro di Solidarnosc nella legalità e la schiacciante vittoria elettorale dei rappresentanti del sindacato di Walesa alle elezioni del giugno 1989; l’Ungheria aveva deciso di eliminare la propria porzione di Cortina di Ferro in agosto, generando un flusso di profughi che, soprattutto dalla Repubblica Democratica Tedesca, iniziarono a passare verso ovest in cerca di libertà e di un futuro migliore.



In Cecoslovacchia la Rivoluzione di Velluto sarebbe arrivata solo a novembre, ma un fatto molto curioso e divertente avvenne il 7 ottobre di quel 1989 pieno di speranza e aspettative: un annuncio molto particolare comparve sul Rudé Právo (“la Legge Rossa”, organo ufficiale del partito comunista ceco, mentre per il ramo slovacco esisteva una molto meno originale Pravda). Queste le parole dell’annuncio: “Il giorno 5.10.1989 ha festeggiato il proprio compleanno Ferdinand Vaněk di Malý Hrádek. Per il grande lavoro che ha svolto e ancora svolge lo ringraziano, augurandogli ogni bene e successo lavorativo i suoi collaboratori e amici”.



Cosa c’è di divertente? Ferdinand Vaněk è un personaggio fittizio, creato da Havel per L’Udienza, un atto unico scritto nel 1975. Un personaggio che ha con l’autore diversi punti di contatto (dissidente, costretto a lavorare in un birrificio, la città fittizia richiama il nome di quella reale di Havel, Hradeček). E la foto allegata all’annuncio era inequivocabilmente del grande drammaturgo e dissidente ceco.

Autore dell’annuncio era l’allora ventottenne Petr Rýgr, non certo un dissidente di primo piano. Forse anche per questo la temutissima StB, la polizia segreta cecoslovacca, non intervenne in tempo e mise Rýgr sotto indagine solo a cose ormai fatte. Il prezzo più alto fu pagato dalla giovane che approvò e mandò in stampa l’annuncio: perse il lavoro. La speranza di Rýgr era semplicemente di riuscire a fare un dispetto ai comunisti, e ci riuscì in pieno. Il suo annuncio entrò di diritto nella leggenda, insieme ai racconti di come il Rudé Právo andò letteralmente esaurito. Anche se altre leggende raccontano che la StB, non potendo fermare in tempo la pubblicazione, fece sequestrare tutte le copie che riuscì a intercettare nei vari chioschi del paese, per evitare la diffusione di una figuraccia di tali dimensioni. Un piccolo dettaglio significativo: grazie al passaparola, fu tramite questo annuncio che molti cechi videro per la prima volta in foto quello che poche settimane dopo sarebbe diventato il primo presidente della nuova era del loro paese.



Pare che Havel stesso ridesse molto dell’annuncio, trovandolo in linea con quella stessa ironia che lui stesso adoperava nelle proprie opere teatrali. Quella stessa sera la notizia fece il giro del mondo, diffusa dalle frequenze di Radio Free Europe.

Nei giorni scorsi la televisione nazionale ceca ha voluto ricordare questo particolare evento, nel cammino che avvicina il paese e la vicina Slovacchia alle celebrazioni per il trentennale della Rivoluzione di Velluto. E anche il quotidiano Právo (nulla di rosso ormai) ne ha simpaticamente proposto una riedizione per ringraziare Havel, in occasione di quello che sarebbe stato il suo ottantatreesimo compleanno, per quanto ha fatto e rappresentato per il paese. Forse sperando che l’attuale Repubblica Ceca possa presto trovare leader di statura morale maggiore di quelli attuali (il presidente della Repubblica Zeman ha collezionato una discreta serie di figuracce a livello internazionale, mentre il premier Babiš, di origini slovacche, è accusato di conflitto di interessi in relazione a dei fondi della Ue ricevuti da una delle sue aziende).

Una speranza che condividiamo, sottolineandola con queste parole del grande Havel: “Nonostante tutta la pochezza politica con cui ho a che fare quotidianamente, è ancora mia profonda convinzione che l’essenza ultima della politica non sia fango; […] ammetto che [la politica] è un’area dell’attività umana in cui la tentazione di salire di livello attraverso azioni scorrette possa essere più forte che in altri ambiti, e che quindi l’integrità individuale sia sottoposta a tentazioni maggiori. Ma non è vero che un politico non possa fare a meno di intrighi e menzogne. Si tratta di una grande idiozia, spesso sostenuta da quanti vogliono scoraggiare la gente dall’interessarsi agli affari pubblici”.