La dedizione e la determinazione che sostengono gli uomini dell’Usaf negli ulteriori due anni di ricerche permettono loro di recuperare i resti di quasi tutti i membri dell’equipaggio. Addosso ai corpi di due di loro sono rinvenuti alcuni brani di diario scritti durante la marcia verso nord. Con le informazioni in essi contenute, unite alle evidenze trovate sul campo, si riesce a rimettere insieme i pezzi della storia.



Ciò che resta ancora un mistero è come l’aereo fosse arrivato oltre 600 chilometri a sud della propria base. Gli investigatori scoprono che, nonostante le previsioni del tempo avessero dato venti contrari per il volo di rientro, molti degli equipaggi rientrati dalla missione parlarono in seguito di un forte vento in poppa che li aveva sospinti durante il ritorno alla base. Volando con soli tre dei quattro motori, l’equipaggio del “Lady Be Good” potrebbe avere avuto l’impressione di fare scarsi progressi nel volo di ritorno proprio a causa del previsto vento contrario.



Nel momento in cui l’equipaggio pensa di essere vicino alla costa, si trova in realtà già molto addentro nel deserto. Quando il pilota usa il radiogoniometro per individuare il segnale del controllo di terra, l’aereo si trova esattamente sulla linea del vettore, ma non è in avvicinamento da nord: ha già oltrepassato la base e si trova molti chilometri più a sud, e se ne sta allontanando sempre di più. Nel momento in cui finisce il carburante, convinto che l’aereo sia ancora in volo sopra il Mediterraneo, Hatton ordina all’equipaggio di lanciarsi. I membri dell’equipaggio abbandonano l’aereo, ed appesi ai loro paracadute scendono verso quello che sotto di loro sembrava essere il mare. Quando toccano terra si rendono conto che, invece che nel mare, si trovavano sulla sabbia del deserto.



All’alba otto di loro si ritrovano, ma non c’è alcun segno del nono membro dell’equipaggio. Il suo paracadute non si era aperto del tutto, e il suo corpo verrà ritrovato poco lontano, ucciso dall’impatto con il terreno. L’equipaggio pensa che il relitto dell’aereo sia andato probabilmente distrutto, e che quindi non sia utile mettersi alla sua ricerca. Non sanno dove sono, ma si rendono conto che devono aver sorvolato ed oltrepassato la base, e che quindi sono più a sud. Si trovano molto a sud e, a causa della carenza di informazioni sulle loro carte, sono ignari della presenza di due oasi alla distanza di alcuni giorni di cammino. Decidono quindi di incamminarsi verso nord, sperando di raggiungere la costa.

Nei primi giorni i superstiti cercano tracce di veicoli nella sabbia. Le trovano, ma non sanno che sono state lasciate da un convoglio transitato nella zona alcuni anni prima, e conservate nel duro deserto libico. Seguendo quello che avevano imparato al corso di sopravvivenza, usano pezzi dei paracadute e pietre impilate per disegnare frecce sulla sabbia del deserto, sperando che le unità di ricerca e soccorso aereo potessero individuarle. Sedici anni dopo sono proprio questi segnali a guidare gli uomini dell’Usaf alla risoluzione del mistero.

Nei giorni seguenti l’equipaggio del “Lady Be Good” cammina per una distanza incredibile, più lontano di quanto fosse ritenuto umanamente possibile. Muoiono ad uno ad uno, a causa della mancanza di acqua e delle temperature del deserto: di giorno un caldo così intenso da provocare la totale disidratazione persino dei cadaveri delle lucertole morte, di notte temperature che scendono quasi allo zero. La luce intensa del sole può accecare un uomo in pochi giorni.

Dopo alcune giornate di cammino, i sopravvissuti sono incapaci di proseguire. Srotolano gli ultimi pezzi dei paracadute, e li utilizzano come riparo dal sole, attendendo la fine. Uno di loro, il sergente Vernon L. Moore, decide di proseguire nel disperato tentativo di raggiungere il mare e trovare aiuto.

Il personale dell’Usaf organizza una gigantesca operazione di ricerca, ed alla fine trova tutti i corpi, dando loro sepoltura. Eccetto quello di Moore: il suo corpo non sarà mai più ritrovato, perso nel deserto.

Quelle che seguono sono le testimonianze raccolte nei due diari trovati sui resti di due caduti.

Diario del Tech. Sgt. Harold S. Ripslinger, motorista

Sabato, 4 aprile. Missione su Napoli, Italia. T.O. 3:10 e sgancio bombe alle 10:00. Perso la rotta durante il ritorno. Lanciati alle 2:10 A.M. sul deserto.

Domenica, 5 aprile. In mattinata ci siamo ritrovati tutti, eccetto Woravka. Aspettato un po’, e poi cominciato a camminare. Mangiato 1/2 sandwich, un pezzo di torta, e una tazza di acqua nelle ultime 36 ore.

Martedì, 6 aprile. Mi sono alzato presto per camminare e riposare. Ora il sole è tramontato e sto ancora camminando. Un cucchiaio di acqua oggi. Il resto dei ragazzi sta bene.

Mercoledì, 7 aprile. Sveglia presto. Camminato fino all’esaurimento delle forze. Un pomeriggio terribilmente caldo. Fermato fino alle 6 P.M. e camminato la notte. Solo un cucchiaio d’acqua.

Giovedì, 8 aprile. Stanchissimo. Possiamo a malapena camminare. Il nostro quarto giorno fuori. Alcune gocce d’acqua per ognuno. Non possiamo sopravvivere molto senza aiuti. Preghiamo.

Venerdì, 9 aprile. Quinto giorno fuori. Pensiamo sia finita. Stiamo aspettando di morire. A mezzogiorno era soffocante. Mattina e notte okay.

Sabato, 10 aprile. Camminato tutto il giorno e tutta la notte. Ho suggerito che Guy, Moore ad io tentiamo da soli. Sole a picco. Stiamo sognando di essere fuori dalle dune e di trovare acqua.

Diario del 2nd Lt. Robert F. Toner, copilota

Sabato. Napoli. 28 aerei. Un casino. Ci siamo persi nel ritorno. Benzina finita, lanciati sul deserto alle 2:00 del mattino. Nessuno ferito. Non trovo John. Gli altri tutti presenti.

Lunedì 5. Iniziato a camminare N-O. Nessun segno di John. Poche razioni. 1/2 borraccia di acqua, 1 tazza al giorno. Sole caldissimo. Brezza da N-O. Notte molto fredda, niente sonno. Riposato e camminato.

Martedì. Sosta alle 11:30. Sole caldissimo, niente vento. Passato un pomeriggio infernale. Nessun aereo etc. Riposo fino alle 5:00. Camminato e soste tutta la notte. 15 minuti cammino, 5 minuti fermi.

Mercoledì. Stessa storia, tutti stanno diventando deboli. Non abbiamo più molta resistenza. Preghiere tutto il tempo. Ancora pomeriggio caldissimo, infernale. Non possiamo dormire. Stiamo distesi a terra.

Venerdì. Dune di sabbia. Siamo in pessime condizioni. Buon vento ma continue tempeste di sabbia. Siamo tutti molto deboli. Penso che Sam e Moore siano alla fine. Non ci vede più. Gli occhi di tutti gli altri sono conciati male. Continuiamo a camminare verso N-W.

Sabato. Shelley, Rip, Moore si sono separati da noi e sono andati in cerca di aiuto. Gli altri di noi sono debolissimi. Gli occhi fanno male. Nessun movimento. Tutti desiderano morire. Abbiamo pochissima acqua. Di notte ci sono circa 35 gradi. Bene. Nessun riparo. Vento da Nord. Rimasto solo un paracadute.

Sabato, 10 Aprile, 1943. Continuiamo a pregare. Nessun segno di vita. Una coppia di uccelli. Vento da N. Sono debolissimo ora, non posso camminare, dolori dappertutto. Tutti desiderano solo morire. Notti freddissime. Non riusciamo a dormire.

Domenica 11. Aspettiamo ancora aiuto, continuiamo a pregare, gli occhi fanno male, perso tutto il peso. Potremmo forse farcela se avessimo acqua. Ne è rimasta soltanto per bagnare la lingua. Non abbiamo più alcuna speranza. Siamo sempre nello stesso posto.

Lunedì 12. Ancora nessun aiuto. [— illeggibile —] notte fredda.

Parte terza: perseguitati dalla sfortuna

La sfortunata storia del “Lady Be Good”, o di quello che ne era rimasto, è proseguita negli anni seguenti. Buona parte dei pezzi dell’aereo, i motori, le eliche, le ruote, le radio era in tali buoni condizioni da poter essere riciclata su altri aerei. Tutti i velivoli che montarono in seguito parti della Unlucky Lady ebbero una fine misteriosa.

La radio è installata su un SC-47, un aereo da ricerca e trasporto. Un mese dopo, mentre è in volo sul Mediterraneo, l’aereo è costretto ad un atterraggio di emergenza durante un’improvvisa tempesta di sabbia, uccidendone il pilota, capitano Guy M. Allphin.

Un altro aereo, un L-19 Otter dell’Esercito, usato all’aeroporto Benina di Bengasi, in Libia, è uno dei primi aerei che vola fino al luogo dell’impatto del “Lady Be Good”. Uno dei piloti prende con sé un bracciolo del “Lady Be Good” e lo installa sul suo aereo. Sette mesi dopo l’aereo è sorpreso da una tempesta di sabbia sul Mediterraneo e scompare. Delle dieci persone a bordo non è stata più trovata alcuna traccia. Alcune settimane dopo alcuni relitti del velivolo sono rinvenuti sparsi sulla spiaggia. Tra questi c’è il bracciolo del “Lady Be Good”.

(2 – fine)

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