In quei giorni della fine di febbraio 1820, Parigi sembrava un’unica, immensa luminaria: le feste e gli spettacoli d’un Carnevale quell’anno particolarmente animato, s’avviavano alla conclusione e il Théâtre de l’Opéra (l’Académie Royale de Musique, allora collocata nella superba sala di Rue de Richelieu), si stava preparando al gran ballo che avrebbe coronato l’imminente martedì grasso.
La domenica precedente era à l’affiche di quel teatro un’ importante e variegata soirée di ballets-pantomime formata da Philis ou la rose et le rossignol di Jean Baptiste Gilbert, da Le noces de Gamacho, di Louis Milon e da Le carnaval de Venise ancora di Milon. Presenze auguste vi sarebbero state il duca e la duchessa de Berry. Charles Ferdinand d’Artois, duca di Berry, era il figlio minore del futuro Carlo X e aveva per zii Luigi XVI e Luigi XVIII. Nato a Versailles nel 1778, era stato educato dal marchese Armand-Louis de Sérent nel castello di Beauregard, a poche miglia dalla reggia. Durante la Rivoluzione francese aveva abbandonato la Francia con il padre, allora conte d’Artois, e dal 1792 al 1797 aveva prestato servizio nella “Armée des émigrés”, guidata dal principe di Condé. Nel 1801 si era trasferito in Inghilterra, dove era rimasto per tredici anni.
Su di lui la monarchia della Restaurazione aveva molto puntato al ritorno dall’esilio, tanto da affidargli il comando in capo della “Armée Royale” durante i Cento Giorni di Napoleone. La poca attitudine all’autorità aveva poi ricollocato il duca nella posizione prestigiosa, e però meramente politica, di vessillifero dei nostalgici di un più intransigente ancien régime. Nel 1816, nella Cattedrale di Notre-Dame a Parigi, aveva sposato la principessa Maria Carolina di Borbone delle Due Sicilie figlia primogenita del re Francesco I. Dopo la nascita di alcune femmine, proprio in quei giorni di Carnevale Maria Carolina stava portando avanti una nuova gravidanza.
Passato il primo ballet-pantomime e approfittando dell’intervallo, de Berry era andato nella loge del duca d’Orléans per concordare una battuta di caccia per il giorno dopo. Al suo ritorno nel palco, Maria Carolina gli aveva detto di sentirsi stanca e di voler tornare nella loro residenza, al Palais de l’Élysée, ma senza fargli lasciare la rappresentazione. Il duca e i suoi aiutanti di campo si erano fatti dovere d’accompagnare alla carrozza la duchessa e la sua dama di compagnia, la contessa Béthusy. De Berry, baciando la mano alla moglie, l’aveva salutata: “Adieu, Caroline, nous-nous reverrons bientôt…” mentre il valet de pied ripiegava la scaletta della carrozza.
Proprio in quel momento Louis Pierre Louvel, un sellaio di maniacale fede bonapartista, era repentinamente uscito dall’ombra, aveva afferrato il duca per una spalla e gli aveva infitto un lungo punteruolo giusto all’altezza del cuore. Il duca aveva gridato forte: “Je suis assassiné!” e da solo aveva estratto l’arma dalla ferita, inondando di sangue sia gli aiutanti, sia Maria Carolina, che era scesa per soccorrerlo.
Lo scompiglio fu enorme: il marciapiede venne bloccato, la rappresentazione sospesa, i gendarmi si gettarono all’inseguimento di Louvel, de Berry venne convulsamente portato nella sala dell’amministrazione del teatro e si chiamò per lui il celebre medico Guillaume Dupuytren, che arrivò dall’altro capo di Parigi insieme ai suoi assistenti Dubois e Roux, che non poterono non constatare una profonda lesione cardiaca.
Fatto venire Monseigneur de Latil, vescovo di Amyclée e suo confessore, il duca dichiarò di perdonare il suo assassino e di riconoscere le due figlie avute in Inghilterra da miss Amy Brown Freeman. L’agonia fu lunga e atroce, protratta fino alla mattina del 14, ma confortata dall’arrivo di numerose personalità ed amici, tra cui il generale Belliard, il duca di Richelieu e René de Chateaubriand, che scriverà poi i Mémoires, lettres et pièces authentiques touchant la vie et la mort de S.A.R. duc de Berry.
All’alba, dopo molte esitazioni, venne avvertito Luigi XVIII, che si precipitò presso il nipote: “Sopravviverete di certo a questo crudele avvenimento” – gli disse il re – e ne riparleremo tra qualche giorno ormai con serenità”. E a coloro che tentavano d’allontanarlo dall’istante del trapasso, rispose con l’amarezza di chi aveva già molto visto durante la propria vita: “Non temo lo spettacolo della morte! Anzi ho ancora un ultimo dovere verso questo mio amato figlio…” e volle lui stesso chiudergli gli occhi.
Subito un decreto del prefetto di Parigi Jules Angès impose: “La bourse, les bals, les spectacles et tous les lieux publics sont fermés”. Un’ordinanza di polizia proibì la circolazione delle maschere nelle vie della capitale. E quelle poche che si videro furono in massima parte guardie e spie sotto mentite spoglie. I funerali solennissimi si svolgeranno il 22 febbraio a Saint-Denis e vi verrà eseguito il Requiem in do minore di Luigi Cherubini.
Il 7 giugno 1820 la ghigliottina porrà fine alla vita di Louis Pierre Louvel, dopo un non breve processo. René de Chateaubriand, nelle sue Mémoires d’outre-tombe, scriverà dell’assassino del duca di Berry: “Louis-Pierre Louvel era un giovane uomo dalla figura sporca e subdola, come se ne vedono a migliaia per le strade di Parigi. Aveva il grugno, sembrava scontroso e solitario. Probabilmente Louvel non faceva parte di alcuna società, era parte di una setta, non di un complotto, apparteneva a una di quelle congiure di idee, delle quali i membri si possono talvolta riunire, ma che agiscono spesso uno ad uno, secondo il loro impulso individuale. Il suo cervello nutriva un solo pensiero, come un cuore si abbevera di una sola passione. Il suo atto era conseguenza dei suoi principi: aveva voluto uccidere la razza intera [dei Borbone] in un sol colpo”.
Pochi mesi dopo, la duchessa de Berry darà alla luce un figlio maschio: il 29 settembre 1820, nascerà infatti Henri Charles Férdinand d’Artois duca di Bordeaux, soprannominato il “figlio del miracolo”. A quell’epoca Maria Carolina aveva già lasciato il Palais de l’Élysée e si era trasferita alle Tuileries, nel Pavillon de Marsan, un delizioso palazzetto costruito nel Seicento e celebre per aver incluso nel tempo sia l’appartamento di Marie-Louise de Rohan, detta madame de Marsan, sia quello di Adelaïde de Bourbon, sorella di Luigi XV. Maria Carolina lo vorrà subito rimodernare e arredare secondo un gusto nuovo ed elegante, adatto al carattere originale di questa giovane discendente dei Borbone di Napoli: e ne sono tuttora esempio il grande letto a gondola con baldacchino, ora esposto nel museo del Castello di Compiègne o il prezioso coffret à bijoux, oggi al Louvre. Aveva la de Berry uno stile e un temperamento disinvolti e piacevoli.
Passato il periodo di lutto, ella aveva cominciato ad aprire i saloni del Pavillon, invitandovi i pittori, i musicisti e i letterati più à la page. Dopo la rivoluzione di luglio seguirà in esilio il suocero Carlo X. Si risposerà in segreto con un siciliano, il duca Ettore Lucchesi Palli. I suoi tentativi rivoluzionari intesi a porre sul trono di Francia il figlio Henri, con il nome di Enrico V, non furono fruttuosi e dovette allora ritirarsi nel romantico Castello di Brunnsee, in Austria, dove visse fino alla morte nel 1870: testimone di un’epoca ormai lontana e dai più dimenticata.
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