Nel settore francese la situazione, a mezzogiorno del 12 maggio, era critica perché i tedeschi tenevano bene il campo e non cedevano di un metro. La situazione venne sbloccata a Castelforte dagli uomini del generale Monsabert. Da sempre i francesi rimproveravano i carristi americani di non avere abbastanza fegato per assisterli nelle loro avanzate. Ancora una volta l’eroismo del soldato francese fu l’arma decisiva: con il loro impeto travolsero i tedeschi e furono supportati dall’avanzata dell’88esima americana che aveva preso Santa Maria Infante. Sulla costa anche l’85esima, aiutata dall’artiglieria navale, aveva ripreso a guadagnare posizioni. Il 13 maggio l’artiglieria francese stroncò un contrattacco tedesco e i marocchini conquistavano Monte Maio. I francesi portarono sulla vetta una enorme bandiera francese di sei metri per quattordici affinché fosse visibile all’intorno per dieci miglia. Si trattava di un successo decisivo.
La Linea Gustav era stata sfondata anche in questo punto e, da questo momento, iniziò l’inarrestabile marcia dei goumiers marocchini per i Monti Aurunci. Il 16 maggio, alle dieci e mezza di sera, i polacchi tornarono all’attacco, impiegando tutti gli uomini a disposizione di Anders, compresi gli scritturali e gli addetti alla logistica. Le perdite polacche furono altissime anche in questa occasione, ma l’eroismo non venne mai meno. Un comandante di battaglione, il tenente colonnello Kaminski, venne colpito in pieno petto da una raffica di mitraglia. Il maggiore Haraburda corse verso di lui ma una pallottola perforò l’elmetto dell’ufficiale, uccidendolo quasi immediatamente. Haraburda si inginocchiò morente verso Kaminski che gli mormorò, con l’ultimo fiato rimasto: “Haraburda, questo è per la Polonia”, e poi ancora: “Per la Polonia”. Infine con l’ultimo respiro, guardando il cielo nero, sospirò ancora: “Questo è per la Polonia”.
L’attacco della V divisione, questa volta, aveva avuto successo e la cresta del Fantasma era stata conquistata, così come Colle Sant’Angelo. Il possesso delle alture fu mantenuto nonostante i contrattacchi e i bombardamenti tedeschi. I difensori di Colle Sant’Angelo, rimasti a corto di munizioni, si difesero lanciando sassi e intonando l’inno nazionale. Alle 10,30 del 18 maggio, un plotone del reggimento appiedato di lancieri “Podolski” si fece strada fino all’abbazia, trovandovi solo dei feriti. Mentre veniva issato lo stendardo del reggimento, il trombettiere Czech intonò l’Hajnal, uno squillo che cessa improvvisamente. Secondo la tradizione, era il segnale lanciato da una sentinella sulle mura di Cracovia, poco prima che una freccia mongola gli trafiggesse la gola. E ora lo stesso segnale, simbolo di una tradizione mai smarrita in tragedie secolari, risuonava sulle macerie della culla della cristianità occidentale, diventata il bastione imprendibile del Reich: un bastione conquistato dai polacchi, pegno di una libertà e di una indipendenza che quegli stessi soldati non avrebbero mai visto nella loro vita, ma che veniva donata alle generazioni successive.
La caduta di Montecassino segnò lo sfaldamento della Linea Gustav, così come l’avanzata del Corpo di spedizione francese nel basso Lazio fu senza dubbio determinante per il crollo delle difese tedesche e per la successiva presa di Roma, ma il prezzo pagato dalle popolazioni italiane fu pesantissimo.
A Esperia, il 17 maggio e nei giorni successivi furono violentate almeno 700 donne e bambine. Vana fu la difesa di alcuni militi della Guardia Nazionale Repubblicana che morirono per difendere la popolazione. Gli ufficiali francesi, in gran parte, lasciarono fare. In alcuni casi reagirono prontamente come quell’ufficiale che, a Castro, fulminò con una revolverata un marocchino che aveva rapito una bambina. Centinaia, forse migliaia di civili furono salvati solo dall’aiuto loro prestato dai soldati americani che fiancheggiavano l’avanzata francese. Complessivamente si può dire che la maggior parte dei furti e delle violenze venne commessa dai marocchini dei raggruppamenti irregolari, mentre algerini e tunisini, forse perché inquadrati nelle divisioni regolari, commisero meno crimini. Da segnalare, comunque, la partecipazione anche di soldati europei a questa mattanza. Quanto agli alti comandi francesi, la giustizia militare intervenne poco e tardi, comminando quindici fucilazioni e pene detentive per 44 soldati.
Mentre i tedeschi si riorganizzavano su una seconda linea difensiva (Linea Cesar), alle 6 del mattino del 23 maggio le forze alleate della testa di ponte di Anzio partivano all’attacco (operazione Buffalo) incontrando ovunque strenua resistenza. Giovedì 25 maggio il generale Clark impresse una svolta fondamentale alla Campagna d’Italia. L’operazione Buffalo prevedeva che il VI corpo avanzasse verso nord, bloccando la statale 6 Casilina e tagliando la ritirata al XIV corpo d’armata germanico. Quella mattina Truscott si recò alla sede operativa del comando dove trovò il brigadiere generale Donald Brann che lo informò di nuovi ordini provenienti dal generale Clark. Il blocco della statale 6 sarebbe stato eseguito solo dalla III divisione e dalla First Special Service Force, mentre le altre divisioni avrebbero dovuto ruotare verso sinistra puntando direttamente su Roma. L’obiettivo della campagna era cambiato: non più la distruzione delle forze tedesche, ma la conquista della capitale, difesa dai paracadutisti germanici piazzati lungo la Linea Cesar. Truscott chiese chiarimenti ma Clark non si fece trovare.
Nei decenni successivi la scelta di Clark fu violentemente stigmatizzata in quanto avrebbe permesso ai tedeschi di sfuggire alla trappola in cui si trovavano. In realtà, la questione era assai più complessa. Innanzitutto i tedeschi avevano a disposizione diverse strade utili per ritirarsi e non la sola Casilina. Inoltre l’VIII armata stava incontrando crescenti difficoltà nel perforare la Linea Cesar ed era tutt’altro che sicuro che sarebbe riuscita a dar vita a un inseguimento abbastanza incalzante. Va aggiunto che le divisioni dell’VIII armata e del Corpo Canadese avevano imboccato la Casilina provocando ingorghi spaventosi: colpa dell’imprevidenza degli alti comandi britannici che non avevano predisposto la necessaria regolamentazione del traffico. D’altra parte la conquista di Roma non era soltanto il premio per la vanità di Clark. Il fatto che un esercito americano entrasse nella Città Eterna avrebbe avuto un significato altissimo sia a livello di propaganda sia a livello politico. Fino ad allora l’esercito americano era stato subordinato al più esperto esercito britannico, ma un successo simile avrebbe proiettato gli Stati Uniti al rango di superpotenza mondiale. Lo stesso Marshall aveva ordinato a Clark di conquistare Roma prima dello sbarco in Normandia.
(2 – continua)
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