Gentile direttore,
ho letto sul Sussidiario il commento di Gianni Foresti al film Oppenheimer. Ho apprezzato l’opera di Nolan, come milioni di spettatori nel mondo e l’ho trovato abbastanza accurato nella ricostruzione storica, almeno per quanto riguarda lo svolgimento della guerra mondiale e non farei commenti se non leggessi ricostruzioni delle fasi finali del conflitto col Giappone che non collimano coi fatti storici. Poi possiamo dire, come scrive Foresti, che “se vinci, la storia la scrivi come vuoi tu”. Pensiero legittimo, ma i fatti sono lì e sono testardi e sono riportati in testi fondamentali come La guerra del Pacifico di Bernard Millot e il magnifico L’eclisse del Sol Levante di John Toland che narra il conflitto con l’ottica nipponica.



Foresti fa una premessa importante che riprende alcune argomentazioni storiche di dubbio fondamento. “È oggettivo che lo sgancio delle due atomiche non avrebbe cambiato l’esito della guerra: il Giappone aveva già dato segni, anche politici, di resa, bastava continuare la negoziazione. Lo sgancio degli ordigni è stato un genocidio, non è una mia opinione, è la realtà. Si poteva benissimo evitare”.



La bomba atomica, come ognuno ben sa, era stata costruita dagli Usa a tempo di record per anticipare i nazisti e fu usata contro i giapponesi. Nel luglio del 1945 gran parte delle città giapponesi era quasi ridotto in cenere e va ricordato che durante la guerra morirono almeno 900mila civili. Premetto che le cifre che riporterò sono molto differenti tra le diverse fonti ma nel solo bombardamento di Tokyo del 9 e 10 marzo 1945 morirono 197mila persone. La ragione di tale incertezza sta nella morte orribile che tanti giapponesi trovarono a causa delle tempeste di fuoco provocate dai bombardamenti. Che il Giappone desse segnali di resa è pur vero, ma erano solo segnali: e infatti, a fronte dell’ultimatum di Potsdam del 27 luglio, la risposta giapponese fu così ambigua da risultare negativa. Alle 14 del 28 luglio il primo ministro Suzuki dichiarò: ”Nella mia opinione la proclamazione di Postdam non è altro che un rimaneggiamento della dichiarazione del Cairo. Dobbiamo mokusatsu la cosa”. Il termine sta ad indicare sia un “no comment” che un diniego e gli Stati Uniti lo interpretarono come diniego. Tutto ciò tenendo conto che il 27 luglio il Consiglio supremo aveva accettato sostanzialmente le condizioni di resa. Perché una frase così ambigua? Era il frutto di un compromesso fra le due fazioni del Consiglio con una minoranza militarista che intendeva combattere sino alla fine.



Va detto che, senza la bomba atomica, due sarebbero state le strategie percorribili da parte americana: prendere il Giappone per fame spargendo defolianti oppure procedere con le operazioni Olympic per la conquista della grande isola di Kyushu e Coronet per la conquista dell’isola di Honshu. Era stato calcolato che le due operazioni avrebbero comportato la perdita, tra morti e feriti, di mezzo milione di soldati alleati. Ma il dato più eclatante sarebbe stato l’olocausto di milioni e milioni di giapponesi. Quello sì, sarebbe stato un “genocidio”, termine che oggi viene impropriamente usato, in Ucraina, in Russia e in tutto il mondo, al posto del più corretto “crimine di guerra”.

Un’altra affermazione discutibile citata da Gianni Foresti è quella del compianto cardinale Biffi, il quale ipotizzava che Nagasaki fosse stata scelta come bersaglio in quanto città dove era più diffuso il cattolicesimo. Spiace dirlo ma il cardinal Biffi non conosceva l’argomento. Le città scelte come obiettivo furono quelle che, sino ad allora, erano state risparmiate dai bombardamenti, ossia Kyoto, Niigata e Hiroshima nell’isola di Honshu e Nagasaki e Kokura nell’isola di Kyushu che, essendo la più meridionale, era stata quella più raggiunta sia dai missionari gesuiti sia dai B-29 americani. Nel film vi è una battuta idiota proferita da un generale che scarta Kyoto perché c’era stato in viaggio di nozze. In realtà fu Truman a volere che le città obbiettivo avessero anche un’importanza militare per giustificare l’uso di un’arma così distruttiva, escludendo quindi Kyoto e Niigata.

A Hiroshima, secondo Toland, morirono 200mila persone sia il 6 agosto che nei giorni successivi. La sera dell’8 agosto un B-29 decollava verso Kyushu per sganciare la seconda bomba atomica: obbiettivo Kokura. Il mattino del 9 l’aereo era sulla città, ma il pilota si accorse che una grande nuvola la proteggeva e impediva il bombardamento a vista. Bersagliato dalla contraerea, il pilota fece un rapido calcolo sul carburante disponibile e puntò su Nagasaki. La popolazione si nascose nei rifugi e parte dell’onda di fuoco fu schermata dalla montagna che proteggeva la città. I morti furono 40mila, compresi i deceduti negli anni successivi. Il B-29, finito il carburante, fece un atterraggio di fortuna a Okinawa.

L’8 agosto l’Unione Sovietica aveva dichiarato guerra al Giappone, attaccando la Manciuria. Fu questo l’ultimo sigillo. L’imperatore Hirohito si assunse il compito di annunciare la resa la sera del 14 agosto e registrò il messaggio ma, quella notte, un migliaio di militari fanatici attaccò il palazzo imperiale per cercare, senza trovarli, i due dischi col messaggio. Negli scontri morirono più di cento soldati giapponesi.

Il 15 venne la resa e il 30 agosto MacArthur raggiungeva Tokyo ponendosi come un nuovo shogun, rispettoso della civiltà contraddittoria e splendida di un Paese così eccezionale che, nel giro di pochi anni, rinacque più splendido di prima.

Questi sono i fatti. Inferirne una polemica antiamericana è legittimo quanto discutibile. Andrej Sacharov, l’Oppenheimer russo, espresse gli stessi dubbi del suo collega americano e fu condannato per decenni agli arresti domiciliari. Oppenheimer, dopo molte traversie, fu decorato da John Fitzgerald Kennedy. A voi trovare le differenze.

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