Il 4 febbraio 2023 un F-22 dell’aeronautica degli Stati Uniti ha abbattuto un pallone-spia cinese sopra l’Atlantico. Il 10 febbraio si registra un secondo abbattimento di un oggetto cilindrico che vola nei cieli dell’Alaska, l’11 febbraio è il Canada ad abbattere un terzo oggetto che vola sopra lo Yukon ed il 12 febbraio un quarto abbattimento di un oggetto volante avviene sopra Lake Huron, al confine col Canada nella regione del Grandi Laghi, dopo che la Federal Aviation Administration aveva chiuso lo spazio aereo sul vicino lago Michigan per non meglio precisati motivi di “difesa nazionale”.



L’utilizzo di palloni aerostatici per scopi bellici nei cieli degli Stati Uniti non è un fatto nuovo. Ci avevano infatti pensato anche i giapponesi durante la Seconda guerra mondiale, negli ultimi mesi del 1944. Un circostanziato articolo sull’argomento è apparso negli Stati Uniti nell’aprile del 2015 a firma di Darrell W. Coulter, un giornalista freelance di Vancouver.



Il Progetto Fugo

Il progetto aveva il nome in codice Fugo. Già nel 1940, prima dell’attacco a Pearl Harbour, i giapponesi avevano acquistato le mappe meteorologiche dell’United States Weather Bureau, monitorando gli effetti del Jet Stream. Si tratta di correnti d’aria che si muovano ad una quota di 10-12mila metri attorno al globo in direzione da est a ovest. La loro esistenza era stata documentata da Wasaburo Oishi, che nel 1920 faceva esperimenti con palloni meteorologici, che invariabilmente finivano a sorvolare l’Oceano Pacifico. Quelle correnti potevano essere utilizzate per spostare palloni aerostatici dal Giappone al Nord America.



All’inizio del 1944 i giapponesi avevano sviluppato palloni da bombardamento. Anche se relativamente semplici come concetto, questi palloni furono le prime armi intercontinentali di successo, molto prima che questo concetto diventasse noto ai tempi della Guerra fredda. La loro realizzazione richiese più di due anni di tentativi e lo sviluppo di soluzioni tecnologiche all’avanguardia. Oggi diremmo che il progetto era molto “green”. L’involucro del pallone, di circa 10 metri di diametro, era di carta, rivestita di una pasta vegetale chiamata komyyaku-nori, una sorta di gomma adesiva ricavata dalle radici di una piccola pianta erbacea dei sottoboschi, e resi impermeabili da una sostanza simile alla lacca ricavata dal succo fermentato di cachi verdi. Sul fondo del pallone era posizionata una valvola azionata dalla pressione atmosferica per bilanciare le variazioni di temperatura e pressione esterne. I palloni erano dotati di un elaborato meccanismo che rilasciava i sacchi di zavorra quando il pallone scendeva di quota, alleggerendo il peso abbastanza da consentirgli di risalire. Quattro barometri aneroidi comandavano il meccanismo di accensione delle micce che sostenevano la zavorra quando il pallone scendeva al di sotto di un’altitudine prestabilita. Il sistema era comandato da una batteria a piastre bagnate che controllava anche l’accensione automatica di un blocco di acido picrico per l’autodistruzione, al fine di evitare che i palloni fossero scoperti una volta terminato il loro compito.

Il carico bellico, agganciato sotto al pallone tramite un cavo lungo circa 15 metri, era costituito da quattro piccole bombe incendiarie del peso di poco più di cinque chili ciascuna e da una bomba antiuomo del peso di 15 chili che esplodeva all’impatto con il terreno, proiettando schegge nel raggio di 90 metri. Una volta esaurite tutte le zavorre di sabbia, le bombe incendiarie venivano rilasciate una ad una man mano che il pallone perdeva quota. Dopo lo sgancio dell’ultima incendiaria veniva rilasciata la bomba antiuomo. A quel punto il dispositivo di autodistruzione avrebbe fatto esplodere l’involucro del pallone cancellando ogni possibile evidenza della sua esistenza.

Gli effetti dell’operazione

L’obiettivo principale dei giapponesi era scatenare grandi incendi nelle foreste della costa nordoccidentale degli Stati Uniti, distogliendo in questo modo energie e risorse economiche dallo sforzo bellico. La situazione meteorologica sul Nord America nel periodo tra l’inverno e la primavera non era ideale per favorire l’incendio delle foreste, ma i giapponesi contavano comunque di creare il panico tra la popolazione civile una volta che l’esistenza dei palloni fosse diventata di dominio comune.

Si stima che l’esercito giapponese abbia lanciato oltre 6mila palloni esplosivi dall’isola di Honshu tra novembre 1944 e aprile 1945. Trasportati dal Jet Stream erano in grado di attraversare il Pacifico in meno di una settimana e di rilasciare il loro carico di ordigni ed incendiari sul territorio americano. Il primo dei 6mila palloni venne lanciato il 3 novembre 1944. Nonostante le cautele dei giapponesi e la presenza del meccanismo di autodistruzione, diversi palloni furono scoperti tra i mesi di novembre 1943 e gennaio 1944. Il primo fu rinvenuto al largo della costa di San Pedro, in California, da una motovedetta della Marina. Il primo bombardamento documentato da un quotidiano locale fu registrato nel Wyoming. Si credeva che la bomba fosse stata sganciata da un aereo. Nel Montana fu scoperto un altro pallone con una bomba inesplosa e altri avvistamenti furono segnalati in Oregon. Inizialmente si pensò che i palloni potessero essere stati lanciati da sottomarini.

Le autorità reagirono chiedendo alla stampa di non pubblicare alcuna notizia sugli attacchi per prevenire lo scatenarsi della psicosi nella popolazione degli Stati Uniti occidentali e del Canada. La cooperazione tra le autorità militari e civili fu totale. Non fu più pubblicato alcun articolo sui ritrovamenti e i materiali recuperati furono inviati all’Università di Pasadena o al Naval Research Laboratory. Nel corso della guerra furono registrate oltre 300 segnalazioni. Sebbene la maggior parte dei palloni sia scesa nel nordovest del Pacifico (45 in Oregon, 28 nello stato di Washington, 57 nella Columbia Britannica e 37 in Alaska) molti altri sono stati spinti a distanze ben maggiori dalle correnti dei venti. Un pallone è caduto in una fattoria in Kansas e due sono stati scoperti nell’estremo sud e nell’est del Texas.

Nel febbraio 1945, le trasmissioni della propaganda giapponese diffusero notizie di enormi incendi e perdite di vite umane a causa degli attacchi con palloni aerostatici. Si trattava ovviamente di storie inventate, considerata la totale assenza di rapporti sui risultati dell’operazione. I giapponesi, infatti, seppero che alcuni palloni avevano compiuto con successo il viaggio attraverso il Pacifico solo alla fine della guerra. In realtà i risultati furono deludenti: non esiste infatti alcuna documentazione di incendi provocati dalla caduta dei palloni nelle foreste. Il panico che i giapponesi speravano di scatenare tra la popolazione civile non si è mai realizzato, anche grazie alla stretta collaborazione degli organi di stampa americani.

Le vittime civili a causa delle esplosioni provocate dai palloni furono solo sei, rigorosamente tenute sotto silenzio fino alla fine della guerra.  Per questo motivo, non avendo notizie a causa del silenzio stampa americano, l’operazione Fugo fu definitivamente cancellata alla fine di aprile 1945. Gli ufficiali giapponesi al termine del conflitto dichiararono all’Associated Press che giudicarono l’arma e l’intero esperimento inutili perché, ascoltando regolarmente le trasmissioni radiofoniche americane, non avevano mai sentito parlare dei palloni.

Anche se si stima che poco meno di mille dei palloni lanciati siano giunti a destinazione, sono stati documentati 359 casi di ritrovamento di parte di essi, quali frammenti delle bombe o dell’involucro del pallone stesso. Questi ritrovamenti rappresentano meno del 6 per cento dei 6mila palloni effettivamente lanciati. Nonostante la maggioranza di essi si sia probabilmente persa nel Pacifico, non si esclude la possibilità che ci siano ancora oggi bombe inesplose nelle aree rurali del nordovest degli Usa e del Canada.

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