Quando, nel 1951, Pavol Maria Hnilica varcò clandestinamente il confine tra la Cecoslovacchia comunista e Austria, difficilmente avrebbe potuto immaginare quanto ricca di eventi sarebbe stata la sua vita negli anni successivi. Deciso principalmente a vivere pienamente la propria vocazione sacerdotale, Hnilica sarebbe diventato uno dei vescovi consacrati clandestinamente più influenti nella vita della Chiesa cattolica tra gli anni 50 e gli anni 90. La sua dedizione, il suo carisma e il suo spirito di iniziativa lo avrebbero reso avversario formidabile dell’ateismo ideologico, soprattutto nel suo lavoro durante il Concilio Vaticano II. Come conseguenza, si ritrovò ad essere consigliere importante di Paolo VI prima e di Giovanni Paolo II poi.
Nato il 30 marzo 1921 a Uňatín, un piccolo villaggio nella Slovacchia centro-meridionale, si unì ventenne ai gesuiti della città di Ružomberok, ma non riuscì a completare gli studi teologici a causa della salita al potere dei comunisti. Fu deportato in occasione dell’operazione di liquidazione degli ordini religiosi passata alla storia come “Notte della Barbarie” (Barbarská Noc, o Akcia K come fu ufficialmente battezzata dal regime, avviata nella notte tra il 13 e il 14 aprile 1950). Il 29 settembre 1950 Hnilica viene ordinato sacerdote e il 2 gennaio dell’anno successivo, su decisione del provinciale dei gesuiti, è già consacrato vescovo. Negli scantinati dell’ospedale di Rožnava, il 29enne Pavol Maria ascolta il vescovo Robert Pobožný mentre gli assegna una diocesi “che va da Pechino a Berlino, passando per Mosca”, una dichiarazione decisamente profetica.
Prima di riuscire a fuggire all’estero nel dicembre 1951, Hnilica avrebbe consacrato come proprio successore sul territorio slovacco il 27enne Ján Chryzostom Korec, che sarebbe a sua volta diventato una figura centrale della Chiesa del Silenzio cecoslovacca. Ma se la stella di Korec brillò per il grande lavoro svolto all’interno dei confini, quella di Hnilica era destinata a brillare per la sua infaticabile lotta al comunismo e all’ateismo condotta dal Vaticano.
La polizia segreta cecoslovacca arrivò ad impiegare fino a venti agenti per tenere sotto controllo i contatti di padre Pavol in patria (soprattutto la famiglia). Hnilica nel frattempo aveva concluso gli studi teologici a Innsbruck e fu incaricato di stilare una relazione sulla situazione religiosa in Cecoslovacchia. La prima stesura di questa relazione sarebbe poi stata aggiornata diverse volte, ma suscitò un così grande interesse che gli venne chiesto di trasferirsi a Roma.
Negli anni successivi avrebbe fatto amicizia con Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari, e con padre Werenfried van Straaten, che aveva creato la Fondazione Aiuto alla Chiesa che Soffre. Successivamente avrebbe incontrato anche Madre Teresa di Calcutta, la cui amicizia si sarebbe rivelata fondamentale per portare a compimento una missione tanto audace quanto incredibile, di cui parleremo a breve. La “Santa dei poveri” avrebbe parlato di Hnilica come di un uomo santo, che fu tra l’altro uno dei primi a sostenerne la visione e il lavoro per aiutare gli ultimi.
All’inizio del Concilio Vaticano II, padre Pavol non è ancora ufficialmente conosciuto come vescovo. È in questa occasione che Hnilica incontra i vescovi del suo paese (tra cui lo stesso Pobožný, che lo aveva ordinato e consacrato), che gli comunicano di considerarlo la voce di tutti i vescovi costretti al silenzio dal regime in Cecoslovacchia.
Nel 1964 l’Osservatore Romano ufficializza lo status di vescovo di Pavol Maria Hnilica, che figura quindi ufficialmente come padre conciliare nelle sessioni conclusive del Vaticano II. Le prese di posizione sempre decise contro ateismo e comunismo non fanno altro che rafforzare l’avversione del regime cecoslovacco nei suoi confronti e a Hnilica non sarà mai più permesso di mettere piede in patria: nemmeno in occasione della morte della madre nel 1985 (che per fortuna aveva potuto però rivedere a Roma due anni prima).
Se con il pontificato di Paolo VI padre Pavol poteva contare su un appoggio importante per la propria battaglia contro il comunismo e per il sostegno ai cristiani perseguitati nei vari paesi al di là della Cortina di ferro, l’elezione a successore di Pietro del cardinale Karol Wojtyła, Giovanni Paolo II, avrebbe portato il tutto a compimento; grazie anche al rapporto di grande amicizia tra il nuovo papa e padre Hnilica, convinto che il risultato del conclave significasse la fine ormai imminente del comunismo in Europa. Sarebbe stato proprio il vescovo slovacco a realizzare una delle richieste della Vergine Maria nelle apparizioni di Fatima, ovvero la consacrazione della Russia al suo Cuore Immacolato. I racconti sulle discussioni tra il papa e Hnilica, sulla formula da utilizzare, sul modo in cui coinvolgere tutti gli altri vescovi, sono prima di tutto una testimonianza della grande amicizia tra i due prelati. Giovanni Paolo II scrisse quindi una preghiera di consacrazione del mondo intero al Cuore Immacolato di Maria; il vescovo Hnilica da parte sua intraprese un viaggio che, grazie al coinvolgimento di Madre Teresa in India, lo portò a Mosca nel 1984 insieme al suo collaboratore padre Leo Maasburg.
Il racconto del viaggio nella capitale sovietica meriterebbe fama letteraria o cinematografica: i due prelati riuscirono a far passare alla dogana diversi oggetti religiosi tra cui delle ostie e del vino consacrato senza praticamente destare sospetti. Nella mattinata di sabato 24 marzo, Hnilica e Maasburg entrano da turisti al Cremlino. Con la Pravda sotto braccio, padre Pavol raggiunge la Cattedrale della Dormizione, che il regime aveva ridotto a museo. Qui, aprendo le pagine della Pravda, legge sottovoce la preghiera di consacrazione scritta dal Papa che aveva nascosto tra le pagine del quotidiano sovietico – la stessa preghiera che tutti i vescovi avrebbero letto più o meno in contemporanea nelle altri parti del mondo. Non solo: Hnilica, celebrando un’intera santa messa al suo interno, restituisce alla Cattedrale il suo status originale di luogo di culto. Per tre volte, nel corso della celebrazione, padre Pavol legge la preghiera di consacrazione. All’uscita dal Cremlino sia Hnilica che padre Maasburg sono consapevoli di avere compiuto qualcosa di straordinario. Al ritorno in Vaticano un impaziente Giovanni Paolo II avrebbe poi chiesto a Hnilica di raccontare i dettagli del viaggio a Mosca. “Pavol, la Madonna ti ha proprio tenuto per mano”, avrebbe detto il papa al termine del racconto. “Santità, la Madonna non mi ha tenuto per mano: mi ha proprio preso in braccio!” avrebbe risposto Hnilica.
Con la caduta del regime, Pavol Hnilica sarebbe tornato nella sua Slovacchia, dove avrebbe anche contribuito a organizzare il primo storico viaggio papale nel 1990. Sarebbe poi deceduto l’8 ottobre 2006, all’età di 85 anni.
Lo scorso 30 marzo la Slovacchia lo ha ricordato con la messa celebrata nel centenario della nascita dall’arcivescovo di Trnava nella propria cattedrale: la speranza espressa dal card. Orosch è che padre Pavol possa essere beatificato a breve. La figura di questo indomito combattente al servizio della Chiesa contro l’impero della menzogna del comunismo andrebbe studiata approfonditamente non solo in Slovacchia, ma in tutta Europa e nel mondo libero.
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