Finanziare la guerra è stato storicamente un problema complesso. Durante i periodi di conflitto, le tasse fluiscono lentamente, spesso influenzate dalle variazioni dei raccolti. Tuttavia, la guerra richiede risposte rapide e fondi immediati per armare, nutrire, alloggiare e soprattutto pagare i soldati in modo tempestivo. Questo aspetto era già evidente nel 241 a.C. quando i mercenari non pagati di Cartagine saccheggiarono la città stessa. Un episodio simile si verificò nel 1576, quando i mercenari non pagati di Filippo II di Spagna saccheggiarono Anversa, allora parte dell’Impero spagnolo.
Questa necessità di finanziamenti rapidi portò all’evoluzione del concetto di guerra “a credito”. I governi preferivano rimanere in debito con i banchieri piuttosto che con i soldati armati. Questa pratica divenne ancora più rilevante con la rivoluzione militare del Quattrocento, che vide un drastico aumento delle dimensioni degli eserciti. Per esempio, la Spagna passò da circa 20mila soldati nel 1470 a 200mila un secolo dopo. I costi aumentarono parallelamente, soprattutto con l’introduzione di nuovi armamenti come i cannoni, estremamente costosi sia nella produzione sia nell’uso.
Le fortificazioni e le difese urbane in tutta Europa furono rinnovate a costi elevati, come dimostra l’esempio della regina Elisabetta I che spese 130mila sterline, metà delle entrate annuali della corona, per modernizzare la fortezza di Berwick-upon-Tweed. La capacità di un impero di prendere soldi in prestito diventò un fattore cruciale nella guerra moderna, con gli imperi in bancarotta destinati al declino, come dimostrato dalla caduta dell’Unione Sovietica negli anni 80 del XX secolo.
Nel XVI secolo, la pratica dei re di prendere in prestito denaro per finanziare le guerre divenne comune. Carlo V di Spagna, che divenne re nel 1516 e in seguito Sacro Romano Imperatore nel 1519, fu un esempio chiave. Abbandonò i banchieri centroeuropei a favore dei genovesi, che finanziarono le sue guerre in cambio dell’argento americano. Questo portò a una relazione duratura tra il credito e la gestione globale del potere.
Le famiglie bancarie genovesi come Centurione, Pallavicino, Spinola e Grimaldi divennero influenti nella politica e nell’economia spagnola. Tuttavia, Carlo V non riuscì a comprendere pienamente che il potere militare da solo era limitato in un contesto capitalista. La sua campagna contro Metz nel 1552 costò enormemente, lasciando il figlio Filippo II con un pesante debito. Filippo dichiarò bancarotta nel 1557, ma ciò non arrestò l’accumulo di debiti.
Nel XVII secolo, la Spagna dedicò fino a due terzi del suo bilancio alle spese militari. Le entrate fiscali crebbero significativamente, ma non abbastanza da compensare l’aumento dei costi militari. Nel frattempo, la Repubblica olandese emerse come una superpotenza del XVII secolo, sfruttando la sua forte economia manifatturiera e commerciale per superare la Spagna, che entrò in una lunga fase di stagnazione. Non a caso Genova ebbe un ruolo di grande rilevanza nel sostenere l’impero spagnolo.
A metà del Quattrocento, l’Europa iniziò a riprendersi dal secolo e mezzo di malattie, guerre e carestie iniziato nel 1315. Nel 1453, l’Impero Romano d’Oriente cadde con la presa di Costantinopoli da parte dei turchi, mentre la Guerra dei Cent’anni tra Francia e Inghilterra si concluse. Importanti nascite avvennero in questo periodo: Colombo nel 1451 e i suoi futuri sostenitori Isabella e Ferdinando nel 1452. Johannes Gutenberg iniziò la diffusione delle sue Bibbie stampate, e la coltivazione dello zucchero prese piede a Madera.
Il 1454 vide la fine della “Guerra dei Cent’anni italiana” con la Pace di Lodi, che coinvolse Venezia, Genova, Firenze e Milano. La Repubblica di Genova era la più debole tra queste potenze, più simile a una holding transnazionale che a un impero. Tuttavia, nel 1298 le sue entrate fiscali superarono quelle della Francia e la sua popolazione era maggiore di quella di Londra. Tra il 1413 e il 1453, Genova fu sconvolta da quattordici rivoluzioni, causate dal conflitto tra aristocrazia e alta borghesia, una lotta finanziaria che si protrasse fino al 1528, quando Andrea Doria riscrisse la Costituzione della repubblica consolidando il potere dell’aristocrazia.
I possedimenti genovesi all’estero erano amministrati dalla municipalità e i debiti della città crebbero a causa dell’espansione ottomana e della concorrenza veneziana. Nel 1407, la Casa delle compere e dei banchi di San Giorgio fu fondata da aristocratici creditori del comune. In un anno, questa banca negoziò con il comune il controllo del territorio per rientrare dei debiti, acquisendo territori come Lerici nel 1479, la Corsica nel 1482 e Sarzana nel 1484 come pagamento degli interessi e garanzia.
I mercanti genovesi cercarono modi per far saldare i debiti della città, inclusa l’organizzazione di una lotteria statale nel 1417. Inoltre, la città utilizzò il Sacro Graal, portato a Genova da Guglielmo Embriaco, come strumento finanziario. Nel 1319 fu dato in pegno al cardinale Niccolò Fieschi per pagare la banca. La città praticava anche la tratta degli schiavi, un’attività molto redditizia.
La Casa di San Giorgio, diventata l’unica fonte di credito della municipalità, talvolta agiva come banca centrale esclusiva di Genova. Le insurrezioni dei mercanti e dei proletari, tuttavia, allentarono periodicamente il controllo della Casa sul comune. La municipalità affrontò i creditori negoziando sconti sul rimborso delle obbligazioni, promuovendo un mercato secondario dei bond e ottenendo la legittimità di queste azioni da papa Callisto III nel 1456.
I genovesi furono abili nel fornire linee di credito a basso interesse fino al Settecento. Finanziarono le avventure coloniali della Spagna e ne trassero vantaggi. Seguendo le loro orme, altre istituzioni bancarie emersero ad Amsterdam, Londra e nelle Americhe. La storia di Genova è significativa per la comprensione del denaro e della natura del profitto e del finanziamento coloniale.
Nel Quattrocento, il traffico commerciale di Genova diminuì a causa della lunga depressione e delle sconfitte militari contro veneziani e turchi. Il retroterra angusto della città costrinse gli armatori a importare legname. Le sconfitte e la necessità geografica spinsero Genova verso la Spagna e il Portogallo, guadagnando nell’Atlantico ciò che aveva perso nel Mediterraneo orientale. I mercanti genovesi si stabilirono in città come Cordova, Siviglia e Cadice, diventando attivi in vari settori come la seta, lo zucchero, l’olio d’oliva, il frumento e le sostanze coloranti. I genovesi presto presero il controllo del commercio della lana, la principale esportazione della Castiglia.
Nonostante fossero abili commercianti, fu attraverso il finanziamento della guerra che i genovesi ebbero un impatto significativo a livello mondiale. I loro rapporti con le aristocrazie europee consentirono loro di accedere a fondi a basso interesse, diventando maestri nel campo del denaro a buon mercato. Questa competenza si manifestò soprattutto nel finanziamento delle avventure coloniali della Spagna, dai quali trassero grandi profitti.
La storia genovese è fondamentale per comprendere molti aspetti chiave del denaro e del colonialismo. In concreto la storia genovese mostra come Genova abbia avuto un ruolo nella violenza delle frontiere del Nuovo Mondo attraverso il suo coinvolgimento finanziario.
I finanzieri genovesi erano spinti dalla necessità di nuove opportunità di commercio e di nuovi mercati, a seguito del declino delle attività commerciali nel Mediterraneo orientale e delle restrizioni geografiche. La loro espansione verso l’Atlantico aprì nuove vie di commercio e finanziamento, che compensarono ampiamente le perdite subite nel Mediterraneo.
La storia di Genova, quindi, non solo è un esempio di come il capitale possa influenzare la politica e la guerra, ma anche di come le dinamiche finanziarie abbiano modellato l’evoluzione storica, il colonialismo e il commercio globale.
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