Igor già da qualche anno faceva parte del gruppo dei pretoriani di Zelensky. Non veniva dal battaglione Azov, ma da un’unità di paracadutisti che erano stati istruiti in un Paese della Nato da parte di istruttori Nato. L’Ucraina non fa parte della Nato, e non si sa neanche se in futuro ne farà parte. Ma chi impedisce all’Ucraina di mandare a “lezione” i propri soldati da maestri di sicura esperienza e affidabilità?
Igor del resto aveva sempre avuto una certa simpatia per il suo capo, fin da quando costui faceva ancora l’attore in una fiction dove già sognava di essere presidente, servitore del popolo.
Igor si sentiva al servizio del servitore del popolo.
Sapeva bene che quegli aspetti della fiction che prefiguravano una vittoriosa lotta contro la corruzione erano un po’ poco credibili. Come si fa ad eliminare una tentazione che è congenita al potere, a qualunque livello?
Del resto anche Igor, da quando era diventato uno degli ufficiali della guardia del presidente, era riuscito a fare assumere un amico all’ufficio postale del suo paese e aveva ottenuto una discutibile pensione di invalidità per lo zio Vanja.
Ora come sappiamo, c’era la guerra e i soldati della guardia di Zelensky erano chiamati ad un compito molto importante: accogliere come si deve quella massa di ospiti, amici dell’Ucraina, che arrivavano a Kiev un giorno sì e l’altro pure.
Passi per i grandi capi di Stato e i rappresentanti più autorevoli della Nato e della Ue, che non venivano mai a mani vuote, ma poi c’erano anche quelle delle varie Ong, e anche loro di solito non venivano a mani vuote, ma tra questi poteva nascondersi qualche spia (o killer) del nemico.
Per questo la guardia presidenziale aveva un duplice compito: da una parte doveva fare una bella figura senza troppo esagerare con le divise di lusso, per non dare l’impressione di ricchezza. Dall’altra parte bisognava indagare con attenzione sulla vera natura dei visitatori. E questo non era molto semplice. Come quella volta che una famosa giornalista della Cnn aveva protestato per essere stata perquisita in un modo troppo rozzo da soldati che non avevano certo studiato a Westpoint.
Igor era anche un inguaribile sognatore. E quasi ogni notte gli ritornava un sogno. Il presidente Zelensky in piedi su un carro armato, con dietro Woody Allen che gli teneva sul capo una corona d’alloro, sussurrandogli all’orecchio: “Ricordati che non hai mai vinto l’Oscar”. Il carro, armato, trascinato da sei bellissimi cavalli bianchi (lo so che i carri armati non sono trascinati da cavalli, ma cosa volete, questi sono i sogni). Dietro il carro veniva Vladimir Putin, in catene, seguito a sua volta da due file di soldati russi e ucraini che a turno lo prendevano a calci in quel posto.
L’altra sera, però, per la prima volta Igor ebbe un nuovo sogno, un sogno da paracadutista.
Sognò che un Essere oscuro lo portava sulla cima della torre più alta del Cremlino e mostrandogli un territorio enorme che comprendeva oltre che la Russia, anche la Crimea, Donetsk e Luhansk, gli diceva: “Se fidandoti di me ti butterai giù, un giorno tutto questo sarà tuo!”. Igor, da buon paracadutista, entusiasta, stava per saltare, quando il suo colonnello lo svegliò bruscamente: “Che cosa fa, capitano Savchuk, dorme quando tra mezz’ora arriva la signora von der Leyen?”. Igor, vergognandosi profondamente, si scosse, ma quel fatto generò in lui uno stato di confusione che continuò anche nella notte.
Così quella notte sognò che sul carro armato c’era Putin e al posto dei cavalli bianchi, a tirarlo, c’erano Zelensky e la von der Leyen, mentre, dietro, in catene, c’era lui, tutto incerottato e scalciato dai suoi stessi soldati che gli urlavano: “Signor capitano, quante volte dobbiamo dirle che non si deve buttare dalla torre del Cremlino?”.
E Woody Allen? Apparve alla fine del sogno, con la corona d’alloro in mano. E ripeteva sconsolato una massima di un suo vecchio film: “L’umanità si trova oggi ad un bivio: una via conduce alla disperazione, l’altra alla estinzione totale. Speriamo di avere la saggezza di scegliere bene”.
Comunque Igor al risveglio pensò: “Bravi, certo, gli amici americani. Anche ironici. Ma questo non mi basta!”.
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