Padre Andrej era sempre stato un buon prete, ortodosso. Aveva maturato la sua vocazione fin da giovanissimo. Come nella tradizione ortodossa la sua prima verifica ha riguardato lo stato di vita. Aiutato dal suo starotva è arrivato alla conclusione che non era chiamato a diventare monaco, noi cattolici diremmo celibe, ma al matrimonio. Questo non tanto perché gli piacessero le ragazze. Queste non sono disprezzate neanche dai sani preti cattolici di rito latino, che scelgono di poterne fare a meno per un Amore più grande. Certo, lo so anch’io che poi non tutti rimangono fedeli, ma, si sa, questo succede, purtroppo, anche agli sposati.
Padre Andrej dopo gli studi decise così di sposarsi con Irina, una brava ragazza, che da tempo non vedeva l’ora di farsi sposare da lui e aveva aspettato con trepidazione la sua scelta sullo stato di vita. E Andrej è sempre stato un uomo fedele, non solo ad Irina, ma anche alla Chiesa russa ortodossa, quella che fa riferimento al Patriarcato di Mosca.
Così, da quando è scoppiata la guerra, quasi tutti i suoi fedeli non frequentano più la sua chiesa. Molti semplicemente “non ci sono più” in diversi sensi. Chi ci sarebbe, durante il servizio liturgico non sopporterebbe che al canone si ricordi il Patriarca Kirill. Da quando costui si è dimenticato di essere padre anche dei suoi fedeli ucraini, proprio non possono sopportarlo. Anzi da quando il capo di una Chiesa che si dice Russo-ortodossa sembra aver incoraggiato la violenza dei russi contro gli ortodossi ucraini, si sentono un po’ come i figli diseredati senza colpa.
Il fatto è che le Chiese ortodosse non hanno una concezione di sé come universali, cioè come cattoliche, ma nazionali. In più il Patriarca di Mosca considera proprio territorio canonico anche quello dei fedeli che si trovano in Bielorussia, Ucraina, Kazakistan eccetera. Per quanto riguarda i fedeli della Bielorussia, Kazakistan e via dicendo, almeno per ora, non sembrano previste nuove invasioni dei “fratelli russi”, ma in Ucraina, da tempo, di invasioni ce n’è già una e con i risultati che sappiamo.
Padre Andrej ha sentito anche alcuni suoi confratelli che vivono da tempo in Italia. Lì sono arrivati molti ucraini, soprattutto ucraine, e anche lì non vogliono entrare in quelle chiese che la diocesi di Milano ha dato da tempo al Patriarcato di Mosca, se si continua a ricordare il Patriarca Kirill.
Padre Andrej non ha mai avuto nessuna simpatia per Putin. All’inizio ne aveva avuta per Kirill, e per questo ha dato il suo nome al suo primo figlio, ma ora, che fare? I confratelli in Italia, sembra, hanno deciso per lo più di non citare Kirill nel canone, ma di limitarsi a ricordare genericamente “i Patriarchi”.
Padre Andrej, sempre più solo nella sua chiesa, per ora non ancora distrutta, medita: “Certo Kirill è indifendibile. Però per me è comunque come un padre. Un padre snaturato come lo sono stati molti Papi, soprattutto nel periodo del Rinascimento… Ho deciso. Costi quel che costi. Non mi importa se il sindaco della città, che è sempre stato finora mio amico, mi accuserà pubblicamente di essere un filo-russo. Dirò così: preghiamo per il Patriarca Kirill e per la sua conversione. In fondo da che mondo è mondo una conversione non ha mai fatto male a nessuno”.
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