Come si può celebrare come “Festa” il ricordo dei santi martiri innocenti? Questa non è una domanda di chi non ha fede, ma di chi, avendo la fede, sa di non poter rinunciare al suo uso ragionevole.

Innanzitutto credo di capire che un uso ragionevole della fede non può non partire dalla constatazione che non siamo in grado di spiegare tutto. Non siamo in grado di spiegare tutto nel campo affascinante della scienza. Più scopriamo e più comprendiamo che c’è ancora molto da scoprire.



Non siamo in grado di spiegare tutto in quel campo non meno stupefacente delle relazioni interpersonali. Perché ti sei innamorato proprio di quella donna e non di quell’altra che all’inizio ti piaceva di più? Perché il Signore ha chiamato te a seguirlo e non altri che in comunità si dimostravano certamente più pii di te? E così via.



Il fatto è che il dolore innocente, l’ingiustizia o l’apparente fatalità che lo provoca, ci rivelano una grande verità. Noi viviamo in un mondo imperfetto, dove una parte di questa imperfezione siamo noi a provocarla, o a permetterla, e un’altra parte ci obbliga a non sprecare il bene, poco o tanto, che ci è dato.

L’amore intenso che provarono quei bimbi, drammaticamente immenso, quando le loro madri cercarono di difenderli dalla crudeltà del tiranno Erode fu tutto il bene a cui essi furono destinati e che – qui viene il bello – non è destinato a concludersi con la loro orribile morte.



Per chi pensa che il “lieto fine” sia qualcosa che come nelle fiabe e in certi film non debba avere mai fine, la morte degli innocenti, a cominciare da quel “sant’uomo” morto in croce, non è accettabile.

Non è accettabile e non è accettata da chi, con la sua ragione, pretende di misurare e giudicare tutte le cose. Per essere ragionevoli fino in fondo non si può non ammettere che non siamo padroni del nostro destino.

Nei giorni scorsi leggendo il libro regalatomi da un amico, L’ultimo spettacolo. I funerali sovietici che hanno fatto la storia di Gian Piero Piretto, mi sono accorto ancora una volta di come le ideologie, non solo quella sovietica, rivelano la loro menzogna quando pretendono di essere il tutto per la vita degli uomini, proprio quando i grandi leaders “se ne vanno” esattamente come tutti i mortali.

In questi stessi giorni ho ricevuto da Kiev una commovente fotografia della piccola Katarina che fu ospite con la mamma e altri tre ragazzi per un anno e mezzo a casa mia, dopo che a Kharkiv un missile aveva distrutto la loro casa. Nella foto Katarina riceve il bacio congiunto dei suoi genitori dopo che hanno deciso di riunirsi in Ucraina per sfidare insieme le sorti della guerra. Subito dopo quella foto ne è arrivata un’altra col presepe in carta che ho comprato per loro al museo diocesano e che ho inviato insieme a un ottimo panettone.

Con tutto il rispetto per il panettone, Katarina ha voluto inviarmi anche le immagini del presepe già montato, perché a casa, qui a Milano, abbiamo condiviso in quei giorni terribili anche la fede.

— — — —

Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.

SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI