Ormai ha deciso. È ora di tornare a casa, o almeno più vicino a casa. E soprattutto che la famiglia si riunisca di nuovo. Per Natasha la decisione non è stata facile, ma andava presa. Non che qui stesse male, anzi. Tutti qui le volevamo bene, molto bene, oltre che a lei alla piccola Katarina. E volevamo bene anche alla cugina Sasha, quella carinissima modella che lascerà molti rimpianti nei ragazzi di Porta Venezia.



Il fatto è, per chi crede che la vita non consista nello stare il più tranquilli possibile e nel godere di quei piaceri che è possibile cogliere ogni giorno, il richiamo degli affetti più cari e più veri non può che diventare irresistibile. Lo so che altri ucraini stanno già pianificando di rimanere in Italia, non solo perché là c’è ancora la guerra, ma anche perché là troverebbero solo distruzioni e desolazione.



Natasha sa che lei, non si sa per quanto tempo, dovrà vivere in un buco che il marito ha trovato a Kiev. Kharkiv è troppo vicina al confine russo e chissà tra quanto tempo potrà essere ricostruita quella casa che i missili hanno ridotto in polvere.

Ma Natasha a Kiev troverà quel marito che più volte le mandava messaggini d’amore, come al tempo del fidanzamento. Troverà i suoi anziani genitori e quel lavoro alla facoltà di Medicina che non ha mai completamente lasciato, continuando a fare da Milano lezione in inglese per i suoi studenti stranieri.

Che differenza c’è fare queste lezioni da Milano o da Kiev? Mah, provate a chiederlo a Natasha. Ora bisogna incominciare a preparare i bagagli. Quando Natasha è arrivata con Katarina, Sasha e due ragazzi amici di famiglia, che ora sono in Germania, avevano ben poca roba nel trolley. Quel poco che erano riuscite a salvare dall’incendio della casa. Ora occorre spedire diversi bagagli perché l’amicizia degli amici non ha loro fatto mancare nulla. Anzi ora c’è il problema che Katarina non vuole lasciare neanche uno dei regali ricevuti, a cominciare da Misha, quel gigantesco orso di peluche che è diventato il suo lettino.



I gelati del don (nel senso del prete, per questo è scritto in minuscolo) non li potrà certo mettere in valigia, ma i cioccolatini e quegli strani giocattoli sì. I ricordi delle gite, degli incontri, della spesa fatta con Costanza (maiuscolo perché è un nome) resteranno, facilitati dalle centinaia di fotografie scattate dovunque.

Ma era chiaro che volevano tornare a casa. Era chiaro e si vedeva dalla decisione di non impegnarsi più di tanto nello studio della lingua italiana, in quella di seguire la scuola online in collegamento con l’Ucraina, persino per le lezioni di italiano. Era evidente per tutti quegli amici ucraini ospitati, curati, rifocillati dalla signora dottoressa, spesso attiva come cuoca e consulente matrimoniale.

Sapete, mi mancheranno un po’ anche quelle specie di pigiama party organizzati da Katarina con le sue amichette che trasformavano le pareti di casa mia in quelle toccate da qualche piccolo terremoto.

Ma era giusto, prima o poi dovevano, volevano tornare a casa o almeno più vicino a casa. Le salutiamo con la promessa di vederci un giorno, a casa loro. Comunque se là la situazione diventasse ancora peggiore, un punto di fuga qui ci sarebbe ancora. Certo, poi, sul pigiama party del sabato sera si potrebbe ridiscutere un po’.

— — — —

Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.

SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI