La strage di Brandizzo si sarebbe potuta evitare. È un quadro che emerge sempre più chiaro dai video e dagli audio che sono stati pubblicati di quella notte. Le cinque vittime, infatti, stavano lavorando sulle rotaie senza che fosse stata data l’autorizzazione. Non immaginavano, tuttavia, di stare rischiando la vita. “Era capitato prima che ci dicessero che iniziare a fare qualcosa, ma ci guardavano. Non andavano via, non capitava mai che rimanessimo senza nessuno vicino”, ha raccontato a Pomeriggio 5 il cugino di Kevin Laganà, che lavorava per la stessa azienda ma con una squadra diversa.



Il ragazzo proprio pochi istanti prima del dramma si era scambiato alcuni messaggi con il ventiduenne. “Era in diretta sui social e mentre lui parlava, io rispondevo. Poi ha staccato per andare a lavorare e un quarto d’ora dopo è morto. Se ci fossi stato io, non sarebbe successo. Io non lo avrei mai fatto entrare. Era sempre con me. In quei giorni però ero in ferie”, ha affermato. È per questo motivo che ha le idee chiare sulle responsabilità da attribuire: “Il ferroviere non doveva allontanarsi senza che ci fosse l’interruzione. Devono pagare per quello che hanno fatto. I ragazzi erano convinti che ci fosse l’interruzione, sennò non avrebbero messo il materiale dentro. È impossibile sentire l’arrivo del treno mentre lavori, senti solo la vibrazione sulle rotaie”.



Strage Brandizzo, “operai lasciati soli”: parla lo zio di Kevin

Anche lo zio di Kevin non riesce a darsi pace per quanto accaduto al ventiduenne e in generale per la strage di Brandizzo. “Il rumore della frenata del treno nel video mi strazia dentro. Sono ancora shockato. Io spero che non si sia accorto di nulla, che non abbia sofferto”, ha ammesso a Pomeriggio 5. La sua famiglia chiede ora giustizia: “In Italia si lavora così, per tutti è normale. Mio nipote non c’è più per colpa di alcune persone che devono pagare. Mio fratello ancora non ci crede. Io ho paura di come potrà reagire. Adesso ha tanta gente vicino, ma quando rimarrà solo sarà dura”.



Il ricordo, in tal senso, va proprio a quella drammatica notte. “Mio fratello mi ha chiamato alle 2.00 di notte, dopo avere ricevuto la notizia. Non si sapeva ancora la gravità di quanto accaduto. Kevin aveva telefonato 10 minuti prima, si chiamavano spesso. Gli aveva detto che lo amava. Lo ha cresciuto lui, ha fatto da padre e madre. Non si può morire così, ci dovrebbero essere delle tutele. I responsabili hanno cinque persone sulla coscienza”, ha concluso.